“Siamo pazienti non delinquenti. Se lo Stato non riesce a garantirci la cannabis terapeutica ce la coltiviamo noi”. Simone Stara è il presidente dell’aps “Seminiamo Principi” che in provincia di Torino ha allestito una serra per coltivare cannabis. “Ci siamo messi in gioco rischiando di andare a processo ma la nostra non è una disobbedienza, è lo Stato che viola la Costituzione non garantendoci le cure” racconta Stara mentre attraverso un’applicazione sul tablet regola l’irrigazione delle piantine. L’impianto è gestito da persone con disabilità ed è nato con l’idea di garantire le cure per qualche mese a undici pazienti affetti da gravi patologie come la tetraplegia o la fibromialgia.
Tra loro c’è Paolo Leone che da due mesi aspetta che la sua farmacia gli fornisca la cura prescritta dal medico: “Per noi è una necessità fondamentale perché il dolore che proviamo è insopportabile”. Le persone che dovrebbero seguire terapie a base di cannabis si scontrano quotidianamente con numerose difficoltà. “Innanzitutto non è facile trovare un medico che la prescrive – racconta la dottoressa Lucia Garramone – e poi ci sono difficoltà burocratiche per cui i medici di medicina generale ricevono con grave ritardo le credenziali per inserirsi nella piattaforma nazionale per prescrivere la cannabis”.
È quello che è accaduto a Stara che da ottobre aspetta che si sblocchi la situazione per poter avere la prescrizione. Ma il problema più grande continua ad essere quello della fornitura insufficiente. “Che cosa dovremmo fare – si chiede Stara – mandare i nostri genitori dal pusher al pacchetto alimentando le mafie?”. E così è nata l’idea della serra e dell’autoproduzione in attesa che il Parlamento faccia il suo . “Non c’è più tempo, devono fare in fretta – conclude Leone – ogni giorno che la politica tarda a legalizzare la cannabis è un giorno in più per sofferenza per noi”.