“Sul voto finale NON parteciperemo al voto“. La conferma di quelle che, fino a questa mattina, erano solo indiscrezioni è arrivata via sms nel primo pomeriggio ai deputati M5s. E così è stato: la Camera ha dato il via libera al decreto Aiuti con 266 voti a favore e 47 contrari. Ma senza i voti dei 5 stelle che sono usciti dall’Aula, nonostante giovedì scorso avessero dato il via libera alla fiducia posta dal governo sullo stesso testo. I motivi li ha spiegati in Aula proprio il capogruppo Davide Crippa: “Sul Superbonus ci aspettavamo di più”, ha detto. Ed è “inspiegabile” la decisione di “inserire l’inceneritore di Roma“. “Un testo” che è stato “blindato” e quindi, secondo il Movimento, non abbastanza discusso con le forze di maggioranza. Tra i grillini un solo deputato si è espresso a favore: Francesco Berti. La decisione di Giuseppe Conte e dei suoi crea un ulteriore strappo dentro la maggioranza. E ora l’attesa è per quello che potrà succedere giovedì al Senato, dove arriverà il testo e dove non è previsto il voto separato per la fiducia e per il provvedimento (a differenza di Montecitorio). Intanto Silvio Berlusconi è stato il primo a parlare e ha chiesto a Draghi “una verifica” per capire “quali forze intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani”. Una richiesta alla quale si è associato il Carroccio: “Bene la richiesta di chiarimento sull’attività del governo”, hanno fatto sapere fonti della Lega, “a cui aggiungiamo la necessità di stoppare le leggi su droga libera e cittadinanza facile“. Il leader M5s, intercettato dalle telecamere, si è limitato a dire che “la decisione era annunciata”: “E’ una questione di coerenza e di linearità”, ha detto. Intanto però, in serata,il premier Draghi è salito al Colle per riferire a Mattarella.
I numeri del voto – Scorrendo i tabulati, emerge che complessivamente non hanno partecipato alla votazione 227 deputati, oltre agli 88 assenti giustificati perché in missione. Su 104 deputati del M5s (non si calcola il presidente della Camera Roberto Fico) sono 85 quelli che non hanno partecipato al voto, seguendo l’indicazione del partito (altri 18 erano in missione). Sempre secondo i tabulati, si contano 41 assenti non giustificati nella Lega (altri 15 in missione), 28 in Forza Italia (altri 9 in missione), 16 nel Pd (altri 13 in missione) e 11 in Italia viva (altri 6 in missione). Solo il deputato 5 stelle Berti ha scelto di votare con la maggioranza: “Ho votato a favore del decreto Aiuti perché due crisi di governo in una legislatura sono già troppe”, ha scritto su Twitter. “I chiarimenti nella maggioranza sono utili, ma devono avere una data di inizio e di fine. Ne va dell’affidabilità delle forze politiche e dei singoli che la compongono”.
Superbonus e inceneritore, perché i 5 stelle non votano il decreto – La diserzione dei 5 stelle è stata ufficializzata in Aula dal capogruppo M5s Davide Crippa durante le dichiarazioni di voto: “Il nostro sostegno al governo è stato esplicitato con la fiducia”, ha sottolineato, ribandendo che “oggi per questioni puntuali, pur rilevando l’utilità di parte delle misure ma non valutando bene i metodi annuncio il mio gruppo non partecipa alla votazione finale”. In particolare, il M5s contesta lacune su due punti considerati centrali. Innanzitutto, ha detto, “ci aspettavano decisamente di più sul Superbonus, all’interno di questo decreto volevamo una voce più uniforme e pesante”. Poi, “non abbiamo trovato una spiegazione razionale nella forzatura perpetrata in Consiglio dei ministri e in Parlamento quando si è voluto inserire la questione dell’inceneritore di Roma. Abbiamo provato a modificare quel provvedimento”, ha detto, sottolineando che “la strada dell’incenerimento non può essere la prima soluzione per una problematica così complessa. Non risolve la vera emergenza degli italiani, che è l’impennata del prezzo dell’energia”.
Dal dem Marcucci a Ipf: le reazioni – Oltre a Berlusconi, non sono mancate le reazioni tra le forze di maggioranza. “La scelta politica del M5s è grave”, ha dichiarato il senatore dem Andrea Marcucci. “Indebolire o mettere a rischio il governo in queste settimane è da scellerati. Considerazione che vale per Conte ma anche per Salvini e per chiunque altro metta in discussione l’esecutivo Draghi”. Per Forza Italia, oltre al leader Berlusconi, ha parlato anche il coordinatore Antonio Tajani: “La scelta del M5s oggi di non votare il decreto aiuti che stanzia 20 miliardi per famiglie e imprese in un momento di grande difficoltà è da irresponsabili”, ha dichiarato. “Noi vogliamo sapere chi, tra le forze di maggioranza, ha deciso di cambiare idea, o se ha cambiato idea”. La condanna è arrivata anche dagli ex M5s che hanno seguito Luigi Di Maio nella scissione: “Assurdo voltare le spalle agli italiani”, hanno dichiarato i capigruppo di Ipf Di Stasio e Di Nicola, “non votando un provvedimento importante come il dl Aiuti che stanzia decine di miliardi contro il caro bollette e il caro energia. Così si porta il Paese a sbattere”. Per il renziano Ettore Rosato “inizia il Papeete di Conte. Almeno nel 2019 non avevamo Covid, guerra in Ucraina e inflazione all’8%”, ha scritto su Twitter.
La prossima sfida: il Senato – Ma la sfida del Movimento al governo è appena iniziata. Centrale la giornata di giovedì prossimo al Senato dove il voto, sempre sul Dl Aiuti, non può essere disgiunto: bisognerà dire sì o no alla fiducia e, dunque, al decreto che ha dentro la dibattuta norma, contestata dal M5s, che apre la strada al termovalorizzatore a Roma. L’idea che prevaleva già la scorsa settimana tra i senatori M5s. ma anche nei vertici pentastellati, come confermato ieri in un’intervista dal capodelegazione del Movimento al governo Stefano Patuanelli, era quella di non partecipare al voto in Aula, così da non impattare sulla tenuta del governo, ma lanciando al contempo un segnale forte a Palazzo Chigi. Sulla questione, in realtà, al momento tace il leader Giuseppe Conte, che non ha sciolto la riserva sulla linea da tenere, anche se la strada dell’Aventino parlamentare sembra al momento quella più percorribile. Lo è quanto meno per i senatori 5 Stelle, pronti al pressing sul loro leader per tenere la linea dura, costi quel che costi. Secondo indiscrezioni ci sarebbero comunque già una decina di senatori M5s pronti a non votare la fiducia. Al Senato un’eventuale assenza dei 5 Stelle sarebbe ancor più fragorosa, con conseguenze potenzialmente dirompenti.
Le richieste del Movimento e la risposta attesa di Draghi – La tensione tra Draghi e il Movimento 5 stelle è molto alta da settimane. La settimana scorsa, durante un incontro che avrebbe dovuto essere risolutivo, Giuseppe Conte ha consegnato al premier una lettera con i 9 punti sui quali il M5s si aspetta una svolta entro fine luglio. All’interno si parla di salario minimo, reddito di cittadinanza e ritorno al decreto dignità (qui il testo completo). Proprio in questi giorni, stando alle ultime indiscrezioni, dovrebbe arrivare un segnale dal presidente del Consiglio. Martedì ad esempio, Draghi vedrà i sindacati per parlare di lavoro e al centro si ci sarannno alcuni dei tempi più delicati per i 5 stelle, dal taglio del cuneo fiscale al salario minimo.