Gli occhi sono puntati su quei frame. I ricordi sono nitidi. La voce è sicura.
Aula 116 del Tribunale di Napoli. Sono le 9 e 43 di venerdì 1° luglio. Maria Adriana, 21 anni, testimonia al processo contro i presunti assassini di suo padre Maurizio Cerrato, 61 anni, vigilante agli scavi di Pompei, ammazzato con una coltellata sferrata al cuore. Accadde quella maledetta sera del 19 aprile del 2021, in via IV Novembre a Torre Annunziata, comune alle porte di Napoli. Sul banco degli imputati ci sono i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella, Antonio Cirillo, reo confesso dell’omicidio, e suo padre Francesco, unico agli arresti domiciliari ma libero di recarsi in Tribunale – fino a qualche tempo fa accompagnato dalla moglie Rosa Riso, poi recentemente arrestata – e sedersi sulla stessa panca dove c’è Tania Sorrentino, vedova di Maurizio Cerrato. Accade anche questo.
Maurizio era intervenuto in difesa della figlia, dopo che le avevano squarciato uno pneumatico e l’avevano aggredita. La sua colpa? Aver spostato la sedia che occupava uno spazio ‘riservato’ alla sosta dell’auto della famiglia Scaramella. Un gesto che significa ribellione. Un affronto, insomma. A Torre Annunziata-Fortapàsc anche il parcheggio è sotto il controllo criminale. Lo sanno tutti anche chi doveva e deve sradicare dal suolo pubblico sedie, piante, stendini, paletti, catene e ostacoli vari sistemati impunemente per consentire ai mammasantissimi di ostentare il proprio potere.
Maria Adriana risponde rivolgendosi al giudice Concetta Cristiano, presidente della seconda sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Napoli. Le preziose sequenze sono state ‘recuperate’ dallo smartphone di uno dei titolari di un parcheggio che minacciati, o meglio per quieto vivere, avevano cancellato preventivamente – dopo i fatti – i filmati dal circuito di videosorveglianza. E nonostante in quel parcheggio ci fossero tante persone al momento dell’aggressione, nessuno ha risposto alle domande degli inquirenti.
E in un altro processo, questa volta presso il Tribunale di Torre Annunziata, le stesse persone – accusate di favoreggiamento – dovranno spiegare perché non ricordavano nulla. Maria Adriana descrive le scene, le associa alle azioni, aggiunge i dettagli. Fa i nomi e i cognomi. Giorgio Scaramella, quello che ha scatenato la rappresaglia, è seduto accanto al suo avvocato e tallonato dalla polizia penitenziaria. Era in gabbia con l’altro imputato, il fratello Domenico, i legali hanno chiesto che gli fosse facilitata la visione dei frame per la sua cecità all’occhio sinistro.
Un ‘infortunio’ la cui verità è svelata in una nuova ordinanza di custodia cautelare firmata, pochi giorni fa, dal Gip Giuseppe Sepe su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Tra i 12 destinatari, legati ai clan denominati ‘Quarto Sistema’ e ‘Gallo Cavalieri’ di Torre Annunziata, infatti, oltre allo stesso Giorgio Scaramella c’è anche la sorella Rosa, Antonio Cirillo e la madre di quest’ultimo che, in una circostanza, preoccupata proprio per il figlio, non esita ad andare ad un summit tenendo nascosto un fucile a canne mozze. Sono accusati a vario di titolo di detenzione e porto di armi da fuoco, detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e tentato omicidio aggravati dal metodo mafioso.
Dall’inchiesta emerge che Giorgio Scaramella, in un video diffuso sui social, aveva offeso un esponente del cosiddetto ‘Quarto sistema’. Uno screzio da punire. La mattina del 26 agosto del 2020, parte la rappresaglia presso il chiosco dei fiori di Rosa Scaramella al cimitero di Torre Annunziata. I killer, entrambi a volto scoperto, esplodono alcuni colpi d’arma da fuoco indirizzati a Giorgio Scaramella. Quest’ultimo scappa e trova riparo nel bagno del negozietto. Raggiunto da uno dei due verrà colpito con violenza con il calcio della pistola, aggressione che determina la perdita dell’occhio sinistro. Trascorre un mese, Scaramella è arrabbiato, vuole vendicarsi. Il suo intento è fare una strage: colpire i suoi nemici quando si riuniscono in un bar di un loro congiunto. Sterminarli tutti, comprese donne e bambini.
Si procura un mitragliatore AK 47 che non sa manutenere, spalleggiato da suoi fedelissimi cerca informazioni attraverso un tutorial su Youtube. È in difficoltà. A un certo punto gli va in soccorso Antonio Cirillo, che viene incaricato di andare a comprare lo Svitol per lubrificare l’arma. Gli investigatori eviteranno l’eccidio grazie alle intercettazione ambientali. Scaramella finisce sotto pressione, in modo rocambolesco si disfa del kalashnikov poi recuperato dalla polizia. Sfuma la vendetta. È un retroscena significativo. Mostra la violenza, la cifra criminale, la crudeltà di Giorgio Scaramella e della sua famiglia, la stessa che dopo otto mesi sarà artefice dell’omicidio di Maurizio Cerrato.
La battaglia di Maria Adriana e della famiglia Cerrato è una battaglia di giustizia e verità, ma soprattutto d’amore e fierezza per coltivare l’esempio di un giusto: Maurizio Cerrato, un marito, un padre.