Classe ’93, star dei social sin dai primi mesi della pandemia, ordinato sarcedote nel 2018 e oggi coadiutore dell’oratorio san Filippo Neri della parrocchia san Michele Arcangelo di Busto Arsizio (Va). Si chiama Don Alberto Ravagnani, ha scritto un libro (La tua vita e la mia – Rizzoli, 2021) e rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera. La ‘chiamata’ a 17 anni, la frequentazione dell’oratorio come animatore, il liceo classico e poi l’approccio con la preghiera: “La sera mi chiudevo in camera: accendevo la lampada, tiravo fuori una piccola croce della Prima comunione dimenticata nel cassetto, un temperino di Art Attack e una matita, e iniziavo a leggere. Non sapevo niente di Gesù e le sue parole di uomo, senza formalismi, mi hanno affascinato. Pregavo di nascosto, anche da mio fratello Pietro, più piccolo“. Ma com’è diventato una star dei social? “Prima della quarantena ero un ‘normale’ prete d’oratorio, poi ho pensato che avrei dovuto inventarmi qualcosa per restare vicino ai ragazzi. Così ho girato un video su YouTube (‘A cosa serve pregare’), diventato in poco tempo virale. Mi sono buttato, spinto da una collega di religione, senza velleità, e per tutta la settimana ho girato un filmato al giorno, impratichendomi con il montaggio. Ho raggiunto migliaia di persone e capito che i social sono uno strumento utile per fare quello di cui mi occupo tutti i giorni: parlare di Dio. Non significa mondanizzarsi cambiare il linguaggio che usiamo per raggiungere i giovani”. Don Alberto aveva anche stretto “un’amicizia social” con Fedez ma qualcosa è andato storto: “Lui improvvisamente mi ha bloccato, senza spiegazioni e senza avvisarmi. Mi ha accusato di averlo “tartassato” di messaggi, cosa non vera: non gli ho mai scritto. Mi sono interrogato sul senso del gesto: come personaggi pubblici, l’impossibilità di poter interagire è una forma di censura. Ha deciso di tenere chiusa la porta per evitare di continuare ad avere confronti con me”.