Gorillas è una startup unicorno tedesca specializzata in quick commerce (promette consegne a domicilio in meno di dieci minuti): è passato un anno dal suo approdo in Italia e già chiude i battenti, lasciando a piedi 540 dipendenti tra rider e impiegati. L’azienda, presente in diversi paesi, nell’ottobre 2021 ha fatto una ricapitalizzazione di oltre un miliardo di dollari: fra gli investitori c’è la holding tedesca Delivery Hero, che vanta la partecipazione in molte imprese del settore, tra i quali Foodpanda, Zomao e Glovo (pochi giorni fa ha completato l’acquisizione di quest’ultima, passando dal 43% al 94% del capitale).

La notizia è arrivata come una doccia fredda per i lavoratori di Gorillas, nonostante qualche mese fa ci fossero state le prime avvisaglie, quando la società aveva dichiarato che avrebbe investito su alcuni mercati nazionali (Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Paesi Bassi) e disinvestito in altri (Spagna, Italia, Danimarca, Belgio). Una notizia difficile da credere, se si considera che la multinazionale aveva appena siglato un accordo sindacale con la categoria dei Trasporti Fit, Cisl e Uilt per la stabilizzazione del 50% dei lavoratori sotto l’ombrello del contratto collettivo dei Trasporti, con un salario di ingresso più basso rispetto al Ccnl del Terziario precedentemente applicato.

Questi ultimi mesi sono stati caratterizzati dai mancati rinnovi della stragrande maggioranza dei contratti a termine (una quota significativa di lavoratori era assunta con contratto a tempo determinato di sei mesi, con part-time di 20 o 30 ore settimanali), sostituiti da fattorini pagati meno e con contratti a brevissimo termine. Adesso anche i pochi lavoratori stabilizzati si trovano coinvolti in un licenziamento collettivo, avviato da Gorillas lunedì 4 luglio.

Ma quali sono le vere ragioni che si celano dietro l’ultima mossa della compagnia tedesca specializzata nel grocery? A detta del gruppo e degli investitori, sarebbe cambiato il contesto nel quale la multinazionale operava: dopo l’exploit del biennio 2020 e 2021 dovuto alla pandemia, questo segmento strategico ha registrato un sensibile calo delle consegne e quindi degli affari, che ha portato gli stakeholders a concentrare i loro sforzi sui mercati in cui Gorillas è più competitiva, sacrificandone altri meno performanti rispetto a proiezioni e aspettative. Fin qui tutto normale? Non proprio, perché dietro alla chiusura repentina ci sarebbe proprio il gruppo Delivery Hero, che controlla gran parte del mercato globale del delivery: dopo aver risentito del contraccolpo, la holding ha infatti deciso di chiudere alcune sedi di Gorillas perché quest’ultima non si trovasse a competere con altri player partecipati dalla stessa Delivery Hero (in particolare con Glovo, laddove già presente e più radicata, ad esempio in Spagna e in Italia).

Delivery Hero ha deciso non solo di togliere di mezzo un concorrente competitivo per Glovo, ma anche di privilegiare il modello di business predatorio e aggressivo portato avanti dall’azienda spagnola (che sacrifica maggiormente i lavoratori e i loro diritti), a favore della supposta tenuta finanziaria d’impresa (in realtà sempre più fragile agli occhi degli stessi analisti, soprattutto dopo il flop registrato da Deliveroo quando è stata quotata in borsa) e della sostenibilità dei suoi bilanci. Il vaso di Pandora però è già stato scoperchiato e dietro la presunta scommessa di facili guadagni pare ormai chiaro che le marginalità del settore siano risicate e stagionali – al netto del fatto che gran parte del rischio d’impresa viene scaricato sui lavoratori, pagati sempre meno in un falso regime di autonomia che nega loro diritti e tutele: gran parte del profitto delle piattaforme come Glovo si basa essenzialmente sul becero sfruttamento dei fattorini che consegnano per paghe da fame di uno o due euro a cottimo.

Glovo è firmataria, attraverso l’associazione datoriale Assodelivery ed esattamente come Deliveroo e Uber, del contratto pirata di settore, siglato nell’ottobre 2020 con Ugl e già sconfessato da una Circolare del Ministero del Lavoro e da diverse sentenze di Tribunale: attraverso l’applicazione indebita di quell’accordo, la compagnia nega le tutele della subordinazione ai rider (già certificate da diverse leggi e dalla Corte di Cassazione), che dovrebbero essere garantite invece a tutti i corrieri del delivery.

Questo che cosa comporta? Una competizione sleale nel mercato delle consegne a domicilio. L’eccessiva speculazione finanziaria che alimenta questo settore favorisce infatti aziende corsare, di fatto inadempienti rispetto alla legge 81 e 128 del nostro ordinamento, rischiando di minare sul nascere i timidi tentativi di normalizzazione avviati da aziende come JustEatTakeAway e Getir, che hanno iniziato ad assumere i fattorini, riconoscendo loro i diritti della subordinazione (ferie, malattia, Tfr e paga oraria).

Nella feroce lotta per la colonizzazione del mercato, Glovo si ritrova nuovamente protagonista di un anomalo affaire finanziario, esattamente come avvenuto nel 2018 con il ritiro dall’Italia di Foodora (sempre controllata da Delivery Hero). Oggi Delivery Hero elimina dall’Italia la promettente Gorillas, dove i lavoratori avevano qualche tutela in più, per una realtà imprenditoriale tossica come Glovo, senza che né Gorillas, né Delivery Hero, né Glovo stessa rispondano delle loro responsabilità sociali, assorbendo i lavoratori licenziati.

La bolla del delivery sta scoppiando. Dopo che gli scommettitori entusiasti della prima ora avevano finanziato questa industria immaginando profitti incredibili, oggi è evidente che questo tipo di servizio è in seria difficoltà, fra provvedimenti normativi (tra cui una direttiva europea in arrivo), inchieste giudiziarie, proteste di piazza e numerose vertenze legali. Più le piattaforme digitali della gig economy si sforzano di convincere l’opinione pubblica che l’innovazione tecnologica offre nuove prospettive di guadagno (attraverso nuove forme di organizzazione del lavoro salariato) e opportunità di inclusione sociale, più dimostrano esattamente il contrario: dietro al nuovismo del racconto startupparo, figlio della mitizzata epopea della Silicon Valley, si nascondono le trite dinamiche di accumulazione e speculazione del capitale.

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