Il serbo ha dominato e vinto il torneo più importante al mondo ma si ritrova numero 7 in classifica. Il motivo è il pasticcio Wimbledon, con l'esclusione dei russi e la conseguente decisione di non accreditare i punti per la classifica mondiale. Azione e reazione hanno prodotto un abominio sportivo
Si può vincere il torneo più importante al mondo e perdere posizioni in classifica? È il paradosso di Wimbledon 2022 e di Novak Djokovic: dominatore indiscusso sull’erba londinese, considerato all’unanimità migliore giocatore del pianeta, eppure da qualche settimana non più n. 1 del ranking, scivolato addirittura al 7º posto col rischio concreto di uscire dalla Top Ten. Per colpa delle regole cervellotiche del circuito mondiale.
Da qualche mese, il tennis sembra essere entrato in un tunnel di contraddizioni da cui non riesce ad uscire. Più di qualsiasi altra disciplina, forse, è stato travolto dagli eventi che hanno sconvolto il mondo e che hanno lasciato pesanti strascichi anche sotto rete. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina: il tennis ha provato ad affrontare di petto la situazione, sconfinando però su un terreno non suo, infatti ha combinato solo disastri. E la nuova classifica Atp senza né capo né coda è il suo specchio più fedele.
Da qualche settimana, Djokovic già non era più n.1 al mondo, superato da Danil Medvedev. A Wimbledon il russo non c’era, perché escluso dagli organizzatori. Ma il serbo, che pure ha vinto il suo quarto titolo consecutivo, non ha preso punti (come del resto tutti gli altri partecipanti) per la punizione inflitta dall’Atp all’All England Club. Risultato: all’indomani del trionfo, Djokovic scivola al punto più basso in graduatoria degli ultimi 5 anni (fu decimo nell’agosto 2018), dal momento che ha visto scadere i punti totalizzati l’anno scorso con la vittoria, ma non ha avuto accreditati quelli della nuova. E si ritrova così alle spalle non solo di Medvedev, Nadal e Alcaraz, protagonisti di mesi straordinari, ma anche di altri colleghi come Zverev, Tsitsipas e Ruud che in una classifica normale mai potrebbero precederlo.
È la dimostrazione che azione e reazione hanno prodotto un abominio sportivo. Che la toppa di togliere punti a Wimbledon per non penalizzare gli atleti russi che non potevano parteciparvi è stata se possibile addirittura peggiore al buco della loro esclusione. Anche Wimbledon è stata a sua modo punita, con la beffa di veder trionfare nel tabellone femminile la russa Elena Rybakina, che a differenza delle sue connazionali bandite ha però potuto giocare (e vincere) solo perché dal 2018 rappresenta il Kazakistan per pure ragioni economiche. La politica non c’entra nulla e infatti in conferenza stampa a specifica domanda sulla guerra e il regime di Putin la tennista ha preferito non rispondere, sollevando il solito polverone di polemiche che non dovrebbero riguardare lo sport.
All’orizzonte, poi, c’è l’ennesimo cortocircuito, stavolta dovuto al Covid. Per le politiche di ingresso varate dal governo americano e da altri organizzatori, c’è la concreta possibilità che la grande vittoria di Wimbledon (solo il secondo titolo di questo strano 2022, dopo il successo a Roma) possa anche essere l’ultima quest’anno per Novak Djokovic. Il serbo come noto non è vaccinato e per questo ad oggi non sarebbe ammesso agli Us Open, ultimo Slam dell’anno in calendario a inizio settembre, e probabilmente nemmeno ai prossimi Australian Open a inizio 2023, dove l’ultima volta fu fermato e espulso per aver mentito sulla sua situazione sanitaria. Quindi potrebbe realisticamente tornare a giocare uno Slam fra quasi un anno, a Parigi nel maggio 2023, dove arriverà fuori dalla Top Ten e magari addirittura dalle teste di serie. Una classifica che si forma sempre più fuori dal campo e sempre meno sotto rete.