Politica

Superbonus 110%, perché per me M5s dovrebbe smettere di difenderlo e mirare al salario minimo

Se dovessimo analizzare la strategia politica del Movimento Cinque Stelle guardando alle vicende napoleoniche, potremmo dire che il reddito di cittadinanza ha rappresentato la brillante vittoria di Austerlitz, mentre il bonus edilizio del 100% può portare al disastro di Waterloo. Con il reddito di cittadinanza i pentastellati hanno dato voce alle legittime preoccupazioni economiche di milioni di persone dimenticate dalla politica, ottenendone in compenso un brillante successo elettorale. Ora si stanno intestardendo sulla difesa ad oltranza del super bonus edilizio, che oltre ad interessare un numero molto più ridotto di contribuenti, a mio avviso è poco giustificabile da tutti i punti di vista. Una mossa forse non fatale, ma decisamente controproducente.

Le critiche al super bonus edilizio sono state formulate da molti. Ecco un sintetico catalogo, peraltro non esaustivo.

Ragioni fiscali. Non è vero, come sostiene il deputato Fraccaro che lo sconto fiscale si autofinanzia secondo le nuove regole fiscali del pensiero economico conservatore. In caso contrario, non si capirebbero le forti preoccupazioni del ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Forse si arriva ad un modesto 50%. Il resto è a carico delle casse pubbliche con valori crescenti nel tempo e giganteschi.

Ragioni economiche. Non corrisponde al vero che il super bonus abbia stimolato l’edilizia, piuttosto l’ha fatta impazzire. Il settore edilizio era stato rimesso in moto dal primo bonus edilizio, quello del 36% del 1998. Poi il secondo bonus, quello del 2012 che ha portato la detrazione fiscale al 50% e raddoppiato i limiti di spesa, ha ulteriormente dato impulso al settore. Quest’ultimo intervento invece ha completamente alterato le naturali logiche di mercato. Parlando con gli operatori del settore è sempre la stessa musica: non si trovano imprese, i prezzi dei materiali sono aumentati anche dell’80%, gli altri costi sono lievitati, i costi per chi ha bisogno di ristrutturare l’abitazione al di fuori delle condizioni del bonus sono diventati proibitivi. Possiamo tranquillamente dire che il super bonus ha drogato con risorse eccezionali un mercato già sostenuto.

Ragioni culturali. Con questo bonus passa ancora l’idea che sia l’edilizia il motore dell’economia. È pur vero che l’edilizia muove il 10% del Pil, ma in un contesto di decrescita demografica pensare ancora che sia il mattone a generare la crescita economica, come negli anni Sessanta, è veramente anacronistico.

Ragioni di ingiustificato profitto. Pochi hanno notato come questo intervento sia una manna dal cielo per le banche che si garantiscono un elevato profitto senza correre alcun rischio. Poiché i crediti ceduti al settore bancario sono valorizzato all’80%, le banche si ritagliano un super profitto del 20% a spese dello Stato. Nessuno poteva pensare che esistessero attività prive di rischio con un rendimento così elevato, ma la politica le ha create.

Ragioni di equità fiscale. Nelle dichiarazioni fiscali, i contribuenti possono portare in deduzione le spese fino al valore delle tasse da versare. Non è così per questo bonus. Il contribuente, con la cessione del credito, può avere un contributo notevolissimo senza avere capienza fiscale, in barba a tutti i milioni di contribuenti che non hanno reddito sufficiente per abbattere le tasse.

Ragioni finanziarie. La cessione del credito sta creando un mercato finanziario legato alle costruzioni che rappresenta un ulteriore spinta verso la finanziarizzazione speculativa dell’economia.

Ragioni amministrative. Questo generoso bonus è stato pensato in maniera molto superficiale e applicato in maniera troppo sbrigativa. Da qui l’abuso da parte di molte imprese nate all’improvviso solamente per portare a casa il bonus, come le vicende giornalistiche ci hanno ampiamente documentato.

Il catalogo potrebbe continuare, ma non è il caso di andare oltre. Se si ritiene che il super bonus sia stato un passo falso, più una ingenuità politica che un atto consapevole di politica economica, che cosa si può fare per riparare ai danni presenti, ma soprattutto a quelli futuri? La via più semplice è quella di un suo naturale ridimensionamento. Questo bonus assurdo va riportato al valore massimo degli altri bonus energetici, cioè al 65%, magari consentendo di portare la detrazione in 5 anni, invece che 10. Da eliminare completamente, invece, è la cessione del credito che crea un mercato edilizio parallelo drogato dalla finanza, non utile al settore edilizio, ed è palesemente contraria ad un minimo principio di giustizia fiscale tra contribuenti.

Difendere ad oltranza un provvedimento irrazionale e che non esiste altrove, probabilmente non è una buona mossa politica. Al contrario, i pentastellati potrebbero ritrovare smalto nella battaglia iniziata da tempo per il salario di cittadinanza. Dalla relazione ministeriale sappiamo che un innalzamento del salario a 9 euro lordi, interessa una platea di 2,6 milioni di cittadini, che per ora sono orfani di una rappresentanza politica. Il centrodestra non può dare loro una risposta perché legato alle oligarchie industriali, soprattutto del ricco Nord. Anche il Pd è in difficolta, dovendo rispondere agli interessi corporativi dei sindacati. Rimane uno spazio politico enorme, di successo elettorale ma anche di progresso economico e sociale. Siamo di fronte ad un caso che l’economista americano Dani Rodrick ha definito di populismo buono.