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Totti e Ilary erano qualcosa di più della classica coppia calciatore e showgirl

Ho conosciuto Francesco Totti nel novembre del 2005, mentre accompagnavo mio marito Gianfranco ad una trasmissione Mediaset condotta da Gerry Scotti e Michelle Hunziker alla quale dovevano partecipare, insieme ad altri ospiti fra cui le “Letterine” – le bellissime ragazze scelte come vallette per un altro programma di Scotti molto in voga in quegli anni. Anche Ilary Blasi era stata una “Letterina”, ma quello era il periodo in cui si era presa una pausa dalla tv perché aspettava un bambino, Cristian, oggi sedicenne, che sarebbe nato dopo qualche giorno.

Francesco e Ilary erano freschi di nozze, un matrimonio che si era celebrato nel giugno dello stesso anno in pompa magna e in diretta tv su Sky come avviene per le nozze dei rampolli di una famiglia reale, con la cerimonia celebrata nella Chiesa di Santa Maria in Ara Coeli e officiata dall’allora sindaco Walter Veltroni, lei radiosa in abito firmato Armani e lui in tight con cilindro dello stesso stilista, con il ricevimento – manco a dirlo – in una cornice fiabesca con tanto di castello “prestato” dalla principessa Sofia Borghese e soprattutto con un’immensa folla di tifosi e non solo accorsi per assistere alla favola moderna che coronava il sogno d’amore di due ragazzi di borgata che ce l’avevano fatta.

Perché Francesco e Ilary erano qualcosa di più della coppia formata dal calciatore e dalla showgirl, erano vip che non se la tiravano e facevano apparire naturale e credibile la convinzione di essere sullo stesso piano dei loro numerosissimi fan. Dopo Al Bano e Romina, ben prima di Fedez e Chiara Ferragni, a loro si poteva perdonare tutto, anche il fatto di essere diventati ricchi grazie al successo e alla fama e di girare con la Ferrari (che Ilary aveva rigato aprendo goffamente la portiera durante uno dei loro primi appuntamenti), perché incarnavano la freschezza e la gioia di vivere di un rapporto fatto di ironia, complicità, rispetto reciproco.

Lui ha sempre detto che di figli ne avrebbe voluti almeno cinque e pare abbia persino tentato di convincere lei a lasciare la carriera nel mondo della tv; di bambini ne sono arrivati altri due ma lei ha messo in chiaro fin dall’inizio che sarebbe rimasta a casa a fare il bucato solo come testimonial di qualche marchio di detersivo. Tutti avremmo scommesso che questa squadra vincente non si sarebbe sfaldata per nessun motivo, nella buona e anche nella cattiva sorte provocata dai dissapori tra il Pupone e Luciano Spalletti – l’allenatore che Ilary non esitò a definire pubblicamente “piccolo uomo” – e nel momento cruciale in cui il Capitano disputò l’ultima partita e dovette dire addio per sempre alla sua amata Roma, con il commovente giro per il campo davanti ai tifosi che inondavano di lacrime lo stadio Olimpico, abbracciato ai suoi figli e stretto a lei, a Ilary, all’”unica” che non gli avrebbe mai voltato le spalle.

Da ieri invece non si parla d’altro, la crisi ventilata e ipotizzata qualche mese fa si è concretizzata in due comunicati stampa separati di Francesco e di Ilary, che hanno ufficializzato la loro volontà di separarsi tra l’incredulità e il dispiacere (sincero) della gente, amplificato a dismisura dai social network – che non esistevano all’epoca del divorzio tra Carrisi e la Power. Entrambi comunicano pubblicamente che, seppur con rammarico, dopo 17 anni di matrimonio la separazione non è più evitabile, ma rimarranno sempre in buoni rapporti per il bene dei loro figli. Gli stessi che hanno voluto tutelare evitando di confermare le voci che da qualche tempo si rincorrevano sui siti di gossip, quei meravigliosi ragazzi frutto di un grande amore che vorrebbero tenere al riparo da speculazioni e voci su nuovi flirt o frequentazioni già cristallizzate da paparazzi incessantemente a caccia di scoop ed esclusive su rotocalchi e settimanali.

Trattandosi di due personaggi pubblici sarà difficile che ciò possa avvenire, ma se pensiamo che Francesco e Ilary dopotutto sono un uomo e una donna proprio come tutti noi, verrebbe da dire, insieme a Riccardo Cocciante, che quando finisce un amore, così come è finito il loro, come finiscono i nostri, cerchi a tutti i costi una ragione, eppure non c’è mai una ragione perché un amore debba finire.