Tra le accuse contestate a quasi metà degli agenti c'è quella di tortura, fattispecie introdotta pochi anni fa e contestata per la prima volta a così tanti funzionari pubblici; c'è anche l'omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine, addebitato a 12 imputati. Uno degli imputati, su richiesta della Procura, accolta dal gup, è stato prosciolto
A otto mesi dalla richiesta di rinvio a giudizio sono stati tutti rinviati a processo i 105 imputati, tra poliziotti penitenziari, funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e dell’azienda sanitaria locale, accusati a vario titolo di responsabilità in ordine alle violenze ai danni dei detenuti avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) il 6 aprile 2020. La decisione è stata emessa dal giudice per l’udienza preliminare di Santa Maria Capua Vetere, Pasquale D’Angelo, che ha rinviato tutti al dibattimento che inizierà il 7 novembre prossimo davanti alla Corte d’assise. Il 25 ottobre si terrà il processo con rito abbreviato per due imputati che ne hanno richiesta, tra cui il commissario capo della polizia penitenziaria Anna Rita Costanzo, ritenuta dalla procura tra gli organizzatori delle violenze.
Tra le accuse contestate a quasi metà degli agenti c’è quella di tortura, fattispecie introdotta pochi anni fa e contestata per la prima volta a così tanti funzionari pubblici; c’è anche l’omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine, addebitato a 12 imputati. Uno degli imputati, su richiesta della Procura, accolta dal gup, è stato prosciolto: si tratta dell’agente Luigi Macari.
Andranno al dibattimento di novembre, davanti alla giuria popolare, l’ex provveditore regionale del Dap Antonio Fullone e gli ufficiali della penitenziaria Pasquale Colucci, Gaetano Manganelli, Tiziana Perillo e Nunzia Di Donato. Accanto a loro decine di agenti, con due medici del carcere, che il 6 aprile 2020 erano in servizio all’istituto di reclusione casertano, mentre restano non ancora identificati gli oltre 100 poliziotti provenienti soprattutto dal carcere di Secondigliano che durante le violenze, cui parteciparono attivamente, erano muniti di caschi e mascherina protettiva per cui non riconoscibili dai detenuti. Per ora si sono costituite al processo oltre cento parti civili, tra cui una novantina di reclusi vittime dei pestaggi, il garante nazionale e quello regionale dei detenuti, alcune associazioni (Antigone, Carcere possibile, Agadonlus, Abusi in divisa), ed enti come l’Asl di Caserta e il ministero della Giustizia, che compariranno anche nelle vesti di responsabile civile per le condotte dei propri dipendenti.