Negli ultimi giorni gli attacchi contro le Forze siriane democratiche curdo-arabe da parte dell’Isis si sono intensificati nell’area di Deir el-Zor, in parallelo all’ingresso in Siria di contingenti turchi dai valichi di confine di Bab as-Salama e Al-Rai, denunciato da persone del luogo. Per questo in tutta l’Amministrazione democratica autonoma del nord-est siriano è stata dichiarata la mobilitazione generale per resistere a questo accerchiamento, e a seguito del vertice Nato di Madrid dove Finlandia e Svezia hanno messo nero su bianco il supporto ad Erdogan negli attacchi all’autogoverno promosso dalla sinistra curda.

Gli attivisti di Rise Up For Rojava citano dalla Siria, tra gli indicatori di un possibile semaforo verde della Nato a una nuova guerra della Turchia contro il Rojava, l’abbraccio diplomatico di Draghi ad Erdogan il 5 luglio. In questo contesto, in cui donne e uomini di stato che vorrebbero presentarsi come portabandiera della civiltà fanno a gara nell’appoggiare la repressione interna e le guerre esterne di un despota come Erdogan, si producono in Italia convergenze tra commentatori adusi a considerarsi agli antipodi.

Ad aprire le danze della rivalutazione pubblica di Erdogan era stato Alessandro Orsini, che il mese scorso lo aveva presentato, incredibilmente, come baluardo della lotta all’Isis; affermazione che farebbe ridere, se non costituisse un insulto per le migliaia di suoi oppositori caduti per resistere al jihad da lui propugnato e/o armato in Siria. Ora si aggiunge un opinionista di tutt’altra apparente collocazione: Federico Rampini, che apostrofando addirittura una ragazza italiana che i jihadisti e i soldati di Erdogan li ha combattuti davvero con le donne curde Ypj – Maria Edgarda Marcucci – ha affermato alcuni giorni fa che cedere al governo turco armi e dissidenti rifugiatisi in Europa è scelta “dolorosa ma accettabile”.

Il dolore cui fa riferimento Rampini non è però il suo. Posso solo immaginare la difficoltà umana di Maria Edgarda di fronte a una tale mancanza di tatto e di rispetto nei confronti di milioni di esseri umani in carne ed ossa, molti dei quali lei ha conosciuto dopo aver raggiunto Afrin in Siria, nel 2018, con altri italiani, tra cui il compianto Lorenzo Orsetti. Erano impegnati a difendere la città dall’esercito di Erdogan che, alla testa di ventimila jihadisti, aveva avuto il via libera a sferrare l’attacco da Vladimir Putin (che in quella zona aveva truppe). Eddi perse sul campo di battaglia più di un’amica, tra cui la britannica Anna Campbell di cui il governo turco non ha ancora voluto, dopo oltre quattro anni, restituire i resti al padre. Non tutti con i dittatori, anche quando vorrebbero, riescono a trattare.

Nonostante tutto questo, Rampini è arrivato surrettiziamente ad associare Eddi all’appellativo – rigorosamente allusivo – di “filo-putiniani”, ossia noi che denunciamo l’indecenza della Nato di fronte alla questione curda e all’opposizione progressista turca. Gli atlantisti, di fronte all’evidenza del cinismo di un’Alleanza militare le cui capacità di esportare la democrazia si possono apprezzare in Afghanistan, non possono demordere, ogni giorno, dal tentare di rivendicare un indebito monopolio politico e morale nell’opposizione alla dirigenza russa – contro la quale di concreto, nella maggior parte dei casi, nulla hanno fatto (salvo mancare di rispetto in pubblico a persone di fronte a cui dovrebbero inchinarsi, poiché contro le manovre internazionali di Putin hanno agito in prima persona).

A mio avviso chiunque ritenga accettabili le vendite di armi e di oppositori a un regime che tiene in carcere migliaia di insegnanti e funzionari pubblici, provoca centinaia di migliaia di profughi e uccide migliaia di persone mostra di avere una considerazione della democrazia e della libertà che è in effetti paragonabile a quella di Putin. Lo sforzo bipartisan Orsini-Rampini in queste settimane per la comprensione delle ragioni di Erdogan o di chi lo arma, allora, potrebbe essere il prodotto di mentalità che si vorrebbero lontanissime tra loro, ma sono in realtà speculari: quella che per mettere in discussione le narrazioni del proprio governo pensa sia utile bersi e propinare quelle degli altri (Orsini) e quella che, per adorare il feticcio della democrazia a targhe alterne sbandierata dal proprio governo (Rampini), pensa sia utile supportare i crimini più efferati, se si limitano a produrre dolore negli altri.

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