La riforma del processo penale di Marta Cartabia può mettere a rischio “l’effettività del sistema giudiziario” e sarà necessario “uno stretto monitoraggio per assicurare che i processi per corruzione non si interrompano automaticamente in grado d’appello”. Mentre quella dell’ordinamento giudiziario “rischia di comportare indebite influenze sull’indipendenza dei giudici“. Sono le durissime considerazioni che la Commissione europea ha inserito nel capitolo dedicato all’Italia della Relazione sullo Stato di diritto 2022, il documento annuale che analizza – tra le altre cose – gli sviluppi dei sistemi giudiziari degli Stati membri, formulando da quest’anno anche raccomandazioni specifiche. Bruxelles boccia gli aspetti più contestati delle due riforme firmate dalla Guardasigilli del governo Draghi, su cui in Italia avevano lanciato l’allarme – inascoltati – sia il Movimento 5 stelle che l’Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura. La riforma del processo penale, ricorda peraltro la Relazione, è una di quelle “adottate in base agli impegni presi dall’Italia nell’ambito del Piano di ripresa e resilienza, mirata a migliorare la qualità e l’efficienza del sistema giudiziario”. Che invece rischia di far perdere punti al nostro Paese sul piano dell’efficacia della repressione dei reati e del rispetto della separazione dei poteri. Vediamo perché.
La nuova legge, approvata a settembre 2021, introduce il contestato meccanismo dell’improcedibilità che fa estinguere i processi penali dopo due anni in grado d’Appello e un anno in Cassazione (con eccezioni per reati particolarmente gravi e un periodo transitorio di quattro anni in cui i termini sono allungati). Secondo la Relazione, “le nuove norme richiedono uno stretto monitoraggio per assicurare che l’effettività del sistema giudiziario sia mantenuta. La riforma – ricorda Bruxelles – include previsioni, applicabili ai reati commessi dopo il 1° gennaio 2020, che introducono limiti temporali massimi per concludere i processi in Corte d’Appello e Corte di Cassazione, altrimenti il caso verrà archiviato”. E “i processi per corruzione sono tra quelli che in appello si estingueranno automaticamente dopo due anni, a meno che il giudice non richieda un’estensione. L’entrata in vigore della riforma richiederà quindi una stretta sorveglianza in relazione alla lotta alla corruzione, in particolare nel grado d’appello”, si avverte nelle raccomandazioni finali. Le nuove misure, infatti, “rischiano di avere un impatto negativo sui processi penali, soprattutto quelli in corso, che potrebbero essere interrotti in modo automatico”. Per questo, “anche se sono state introdotte delle eccezioni e delle misure transitorie, l’effettività del sistema giudiziario richiede uno stretto monitoraggio a livello nazionale per assicurare un giusto bilanciamento tra le nuove norme e il diritto alla difesa, i diritti delle vittime e l’interesse del pubblico a un sistema penale efficiente”.
La Commissione ha parole dure anche sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario, diventata legge a giugno dopo una gestazione durata quasi un anno. “Il Csm e gli altri soggetti interessati – ricorda il documento – hanno espresso preoccupazioni sul fatto che alcune norme possano comportare un’indebita influenza sui giudici. (…) In particolare, la legge introduce una valutazione professionale dei magistrati che, tra le altre cose, terrà in considerazione il raggiungimento dei risultati attesi dai dirigenti dei Tribunali, nonché la possibilità di iniziare l’azione disciplinare in caso di mancato adeguamento alle indicazioni dei dirigenti sul modo in cui raggiungerli. (…) Inoltre, la valutazione professionale terrà in conto la conferma delle sentenze nei gradi successivi. (…) Queste previsioni mirano ad aumentare l’efficienza, ma sono state criticate dal Csm e dall’Anm per la tendenza alla gerarchizzazione degli uffici giudiziari e un potenziale uso dei procedimenti disciplinari come strumento per tenere sotto controllo i magistrati”. Preoccupazioni che la Commissione condivide: “Il combinato disposto delle nuove norme potrebbe portare a dipendenze che rischiano di comportare indebite influenze sull’indipendenza dei giudici”, avverte. Ricordando che “in base agli standard europei, la ricerca di una maggiore efficienza non dovrebbe compromettere l’indipendenza del potere giudiziario“.
Nell’abstract la relazione ricorda anche che nel nostro Paese “diverse proposte di legge volte a rafforzare la prevenzione della corruzione sono ancora sospese”, citando la legge sulle lobby ferma al Senato dopo l’approvazione alla Camera, il progetto di legge sul conflitto di interessi e il mancato recepimento della direttiva europea sul whistleblowing. “Ancora una volta Bruxelles ha ammonito l’Italia che tarda ad approvare due leggi fondamentali nel promuovere l’integrità pubblica e nel rafforzare gli anticorpi della democrazia nel nostro Paese. La legge sul conflitto di interessi è purtroppo ferma da molti mesi alla Camera e solo la volontà di tutti i gruppi parlamentari può farla ripartire. Quella sul lobbying, approvata dalla Camera lo scorso gennaio, è ora al vaglio del Senato, tra continui rinvii e il rischio che venga partorito un provvedimento largamente insufficiente. Per una volta, ascoltiamo l’Europa: approviamo subito la legge sul lobbying e riprendiamo l’iter sul conflitto di interessi”, afferma Federico Anghelé, presidente della ong The Good Lobby.