Nella Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale, dal 14 luglio, non si parlerà più di tecnologia “sperimentale” ma, grazie all’ingresso dell’articolo 34-bis, l’espressione e quindi il concetto “guida autonoma” avrà dignità di tecnologia (finalmente) validata a tutti gli effetti.

“Queste nuove misure di sicurezza contribuiranno a proteggere meglio i passeggeri, i pedoni e i ciclisti in tutta l’UE, evitando da qui al 2038, secondo le stime, più di 25 000 decessi e almeno 140 000 feriti gravi” riporta il comunicato stampa della Commissione europea, definendo tali norme uno strumento per accrescere la fiducia dei cittadini, stimolare l’innovazione e migliorare la competitività dell’industria automobilistica.

Questo significa che già i sistemi di assistenza alla guida di livello 3 – ovvero quelli che, in condizioni di velocità e strada specifici, permettono di tenere le mani lontano dal volante ma restando vigili e pronti a riprenderne il controllo – e 4 saranno permessi sui veicoli circolanti all’interno del territorio UE. Non basterà l’aggiunta dell’articolo 34-bis, però, a rendere automaticamente valida la normativa in tutti gli stati europei: ogni membro, infatti, dovrà recepirla con le proprie leggi, adeguare inevitabilmente la questione assicurativa e, quindi, quella più grande delle responsabilità legali in caso di sinistri.

Sta di fatto però che per quanto riguarda le intenzioni del governo italiano in merito – come ricorda anche il Sole 24 Ore –, nell’ultimo decreto Infrastrutture non c’è neppure l’ombra di accenni all’adeguamento del codice della strada relativamente all’ingresso della tecnologia di guida autonoma sulle strade italiane.

Ma forse anche questo non basterà: introdurre la guida autonoma sulle strade, infatti, significherà soprattutto accelerare gli investimenti di trasformazione digitale sulla rete infrastrutturale e portarla nella direzione delle cosiddette “smart roads”.

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