Se solo penso che una crisi politica fa, finivo sui giornali di destra, su istigazione di alcuni destrorsi come Teresa Bellanova e Ivan Scalfarotto, additato come terrorista. Oggi, per indurmi a leggere una riga di giornale dedicata a quella che mi pare sia in corso, dovrebbero davvero mettermi un giubbotto esplosivo e minacciarmi di farlo saltare. Non ho quindi né la minima idea, né il minimo interesse per la sua evoluzione. Si è creata una rottura sentimentale con la politica, analoga e parallela alla rottura con quello che fu il gruppo editoriale di famiglia. Per cui piango, e molto, l’Eugenio che conobbi, non quello morto oggi.
Dunque Draghibis, Draghiuno senza i 5 stelle, camere sciolte, con inedito voto settembrino? E allora? Qualcosa succederà, con molte probabilità tenendo molto poco conto delle opinioni degli elettori. Del resto il livello raggiunto in congiunzione con il governo dei migliori è tale, il differenziale tra il narrato e il vissuto così ampio, che ben poco dell’accadibile può realmente interessare.
Possibile, non probabile, che l’inizio della nuova legislatura tra tre o dieci mesi sia nel segno della Giorgia Meloni. In fondo resta solo lei. Uno scarso decennio ha bruciato il vecchio puttaniere, il giovane rinascimentale, il comico visionario, il sobrio professore, il parabolico piacentino, il ruttante padano, il fratello del commissario, lo squid con i dentoni, una miriade di ectoplasmi a mancina. Sopravvive ma, essendo già stato ucciso una volta, in modo haitiano, quello che dobbiamo sempre morire pure noi, o per Maastricht o per il Donbass, quello che guida il partito zombie sempre sconfitto, quasi sempre al governo e mannaggia se ci lasciavate solo un altro paio di settimane c’avevamo una agenda che levati. Quindi la disperata lavatrice italica, quella vera dei rapporti Istat e Inps, proverà a buttare nella centrifuga pure lei per vedere se se ne strizza un qualche grammo di utilità. Sarà sgradevole esteticamente e intellettualmente.
Ma in questi trenta anni abbiamo imparato a soddisfarci dei lampi di imbecillità dei cretini. Posto che davvero l’esito del voto, quale che sia, sia davvero trasformato in governo o, almeno, in politica. Un popolo sotto tutela, una volta il debito, un’altra lo spread, poi una emergenza pandemica, poi la fine dell’emergenza ma non della pandemia, poi di una guerra non dichiarata, tra poco di una crisi energetica, viene consultato una domenica e poi pregato di lasciar fare ai professionisti che guidano e sorvegliano dal colle. Professionisti che non tollererebbero colpi di testa come quelli dei Tory, o degli elettori francesi, quindi non tollerano l’ avvocato del popolo, e men che meno la damnatio memoriae di frau Europa, colei che ha insegnato a tutti che prendere a calci il barattolo assicura un posto nella storia. Finché non si presenta la Storia.