di Stefano Briganti

Una combinazione di notizie recenti potrebbe far sperare che un accordo di tregua della guerra russo-ucraina si stia avvicinando. Non parlo di pace perché sono convinto che quanto riportato nell’ art. 8 dello “Strategic Concept 2022” della Nato circa la Russia, l’ulteriore allargamento della Nato nel Nord Europa, la dichiarazione di Biden che gli Usa forniranno armi a Kiev “for years” e la profonda frattura nelle relazioni Ue-Russia ci faranno vivere per decenni in un clima di guerra fredda non proprio pacifico.

Mettiamo in fila gli eventi che possono convincere gli “Alleati” a spingere Zelensky ad un tavolo negoziale.

Quello più recente è che l’ “Alleanza” e l’Ucraina hanno iniziato a parlare di ricostruzione, ma più di tutto di soldi per la ricostruzione: almeno 750 miliardi di dollari. Ad ognuno Kiev assegna una ben bilanciata fetta multimiliardaria e quando si parla di soldi per gli Stati, le cose possono cambiare rapidamente. E’ ovvio che nessuna ricostruzione può avvenire con una guerra in corso e perciò prima le si dà un taglio e prima si mangia la torta. Gli aspetti del tipo “chi mette i soldi, come verranno allocati ai Paesi che ‘adotteranno’ pezzi di Ucraina, etc.” sono meri “dettagli” per gli “Alleati” che li metteranno a posto velocemente.

Un altro evento riguarda l’economia degli “Alleati” piegata dagli effetti collaterali delle sanzioni alla Russia. Negli Usa inflazione e costo benzina affondano il gradimento popolare per Biden a novanta giorni dalle “Mid Terms”. Il surplus commerciale della Germania si è azzerato e Scholz avvisa i tedeschi che “…avremo davanti anni molto difficili” riferendosi ai prezzi di energia e inflazione. L’incubo della chiusura della fornitura del gas russo come contro-sanzioni, dato ormai quasi per certo, attanaglia i governi Ue. Credere che Mosca non l’avrebbe fatto per non “tagliarsi” la principale fonte di entrate è stato evidentemente un errore, perché gas, petrolio e carbone russo adesso vanno a est anziché ad ovest.

Tre giorni fa Bloomberg pubblica un’analisi di JP Morgan e Citigroup che aggiornano le previsioni di decrescita del Pil russo 2022 portandolo a -3,5% dal -9,6% di aprile. Il tanto desiderato “default” russo, appena raggiunto, è uscito dai radar dei media. Il Washington Post e il Nyt mettono in discussione le analisi troppo ottimistiche del Pentagono sulla vittoria di Kiev. La “macchina da guerra” russa continua a marciare nonostante le sanzioni alla Russia e le costose armi “alleate” a Zelensky.

Insomma inizia a emergere il fatto che le sanzioni fanno molto male agli “Alleati” e meno del previsto alla Russia, almeno nel breve-medio termine. Va anche da sé che al tavolo dei negoziati le sanzioni (e la loro cancellazione) saranno uno dei piatti forti e non potranno che ridursi. Difficile infatti pensare che la Russia accetterà che rimangano in piedi le 6500 sanzioni scatenate dagli “Alleati” e non si accontenterà solo di partecipare alle Olimpiadi, dei concorsi per cani e gatti russi, di tornare a volare liberamente sui paesi “alleati” o di riaprire McDonald’s a Mosca. Questo significa che gli effetti a lungo termine delle sanzioni potrebbero non esserci mai a meno di non portare la trattativa ad un sanguinoso “lungo termine”.

Infine la situazione sul campo di battaglia. Il Donetsk ora è occupato dai russi che si muovono per terminare “l’operazione Donbass” conquistando ciò che rimane agli ucraini nel Luhansk. Gli stessi Usa sono scettici sul fatto che l’Ucraina possa riconquistare il terreno perduto, sebbene continuino a inviargli armi. Il battaglione Azov con i suoi soldati “nazisti che però leggono Kant” è ora da qualche parte in Russia. Inutile dire che l’Ucraina per un po’ non entrerà nella Nato (se mai volesse ancora entrarci). Ora non ci resta che attendere, e sperare, che le spinte (in soldoni) di tutti questi eventi facciano il loro lavoro e che gli “Alleati” portino Kiev a trattare e a concludere con Mosca una lunga tregua.

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