È sempre spiacevole quando scoppiano polemiche e l’opinione pubblica si polarizza su posizioni contrapposte. Il caso Jova Beach Party non fa eccezione: un semplice richiamo ad applicare correttamente le normative comunitarie – in particolare le norme per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche – ha generato polemiche e la divisione in due schieramenti opposti. Già nel 2019 l’ambientalismo italiano venne accusato da Jovanotti di essere “più inquinato di una fogna di Nuova Delhi” con conseguenti polemiche a non finire. Meraviglia che, memori di quanto accaduto allora, non si sia modificato il format del Jova Beach Tour 2022.
Pur riconoscendo a Jovanotti la volontà di voler operare per la difesa dell’ambiente non si può fare a meno di notare che sarebbe bastata una riflessione sulla situazione di grave alterazione del clima, le cui conseguenze vengono giornalmente ricordate dalle temperature e dalla siccità che attanagliano il Paese, per scegliere luoghi più idonei per divertirsi tutti insieme, senza causare danni agli ecosistemi costieri. Pensare che migliaia di persone possano irrompere in un tratto di spiaggia, dove l’ecosistema dunale cerca di resistere tra mille difficoltà alla pressione antropica, al cambiamento climatico e all’erosione dei litorali, senza causare danni di media/lunga durata, è segno di una superficiale comprensione dei meccanismi di rigenerazione naturale di questi ambienti. Significa non aver presente quanto importante sia per la sopravvivenza umana ogni parco o riserva naturale.
E le responsabilità, a dire la verità, non sono tutte di Jovanotti. Alcune amministrazioni locali si sono distinte per aver preso iniziative di dubbia opportunità. Nel caso di Ravenna in periodo di nidificazione è stato abbattuto un filare di 65 tamerici che esisteva da decenni con un’autorizzazione per il solo spostamento e ricollocamento, non certo per l’abbattimento. Inoltre, è stato autorizzato un concerto a pochi metri da una riserva naturale e dal Parco del Delta del Po. Scelte che una maggiore consapevolezza ambientale avrebbe dovuto sconsigliare in primis agli amministratori.
Un po’ in tutta la penisola gli attivisti ambientali si oppongono a questo tipo di eventi contestando anche le azioni di mitigazione proposte. Per ripristinare l’habitat e le piante pioniere di una duna, far crescere un nuovo albero e assicurare la sopravvivenza di specie in via di estinzione che vi nidificano come il fratino, servono anni e tanta cura e non bastano poche azioni sporadiche. Italia Nostra è convinta che il modo migliore per tutelare la biodiversità sia quello di non danneggiarla e non aver bisogno, quindi, di compensazioni che purtroppo sembrano greenwashing.
Ecco perché è pericoloso far passare il messaggio che l’ambiente sia un’entità da usare e gettare: “Oggi possiamo distruggere questa duna perché domani ve la rifaremo meglio di prima”. Non è così. Alterare una duna oggi, seppure visibilmente ripulita dai rifiuti di un concerto, è una perdita pericolosa di biodiversità domani.
Italia Nostra non è in contrapposizione con Jovanotti e, anzi, è più che disponibile a suggerire altri luoghi dove fare i concerti, più idonei e con servizi migliori, per promuovere anche una maggiore consapevolezza della necessità del riuso di siti e di aree costiere marginali che potrebbero beneficiare di un intervento condiviso tra le comunità locali e l’artista.