I ritardi non sono una novità. Anche quest’anno il decreto Missioni, dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri dello scorso 15 giugno, ha appena iniziato il suo iter nelle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, a sei mesi di distanza dall’avvio delle missioni stesse. “Il Parlamento è costretto a ratificare senza potersi pronunciare, di fatto la legge quadro sulle missioni internazionali non viene rispettata. Un vulnus democratico”, è la denuncia di Erasmo Palazzotto, deputato dem e già presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni.
Se il decreto prevede in generale un incremento della spesa (“un impegno economico totale pari a euro 1.681.207.055, di cui euro 51.623.377 per le nuove missioni ed euro 1.629.583.678 per le proroghe”, si legge), con la novità di un maggiore dispiegamento di soldati italiani a difesa dei paesi confinanti con l’Ucraina (Bulgaria, Romania, Slovacchia e Ungheria, 1.150 unità con il compito di rafforzare i contingenti Nato già presenti nell’Est Europa), un capitolo a parte è quello relativo alla Libia, già terreno di scontro negli anni passati all’interno delle forze di maggioranza.
Dopo anni di appelli inascoltati per stoppare i rapporti con la cosiddetta ‘Guardia costiera libica‘ (in realtà gestita e infiltrata da milizie e trafficanti), nella cornice contestata del Memorandum con Tripoli siglato dal governo Gentiloni – con Marco Minniti al Viminale – nel 2017, ora si registra nel prossimo decreto una prima retromarcia, seppur parziale. Sarà fermato l’addestramento della stessa Guardia costiera di Tripoli, ma l’Italia continuerà comunque a fornire assistenza tecnica, supporto logistico, così come pezzi di ricambio per le motovedette donate dall’Italia alla Libia e con le quali vengono intercettati e fermati i migranti, poi riportati nei centri di detenzione, veri e propri lager, tra abusi e violazioni dei diritti umani più volte accertate da Onu e organismi internazionali.
Una linea, quella scelta dal governo sulla Libia, considerata però insufficiente da chi, nel fronte di centrosinistra, da anni vota contro la risoluzione di maggioranza, chiedendo di mettere una volta per tutte fine alla missione nel Paese nordafricano. “Lo stop all’addestramento della ‘Guardia costiera’ libica non basta, il Pd sia coerente con quanto annunciato lo scorso anno e voti contro”, spiegano al Fattoquotidiano.it sia Palazzotto, che l’ex presidente dem, Matteo Orfini, già protagonisti negli scorsi anni della battaglia parlamentare e pronti a radunare un fronte trasversale (tra esponenti dem, Articolo Uno, Sinistra italiana, Misto, +Europa e non solo) per opporsi alla mediazione individuata da Chigi con i ministri di Difesa ed Esteri. Quella che punta invece, come si legge nel decreto, a “supportare le autorità libiche preposte al controllo dei confini marittimi, per renderle progressivamente autonome nella gestione tecnica e operativa dei mezzi di cui sono dotate”.
“Non si capisce perché, dopo aver riconosciuto come esista un problema con la Guardia costiera libica, protagonista di violazioni accertate sui diritti umani dei migranti, e aver così stoppato l’addestramento, si decida di continuare a fornire un supporto operativo, che sarà decisivo nelle operazioni di respingimento”, attacca Palazzotto, convinto che così “si fa finta di cambiare per non cambiare nulla”. E pure Orfini continua: “Già lo scorso anno avevo votato contro, al contrario del Pd, che però aveva detto come fosse ‘l’ultima volta’ che avrebbe votato a favore (con tanto di emendamento voluto da Enrico Letta che chiedeva all’esecutivo di trasferire la formazione dei libici all’Unione europea, ndr). Oggi sembra più un’operazione di immagine, non si cambia nella sostanza il rapporto con la Guardia costiera libica, non si può votare a favore”, rivendica. Come lui anche Nicola Fratoianni, deputato e segretario di Sinistra italiana: “La Libia non è un porto sicuro, tutta l’operazione va cancellata, non basta fermare l’addestramento”.
Anche quest’anno, come già gli scorsi, verrà richiesto il voto separato, in modo da potersi esprimere in modo differente sulla scheda che riguarda la missione in Libia. Se nel 2021, tra Camera e Senato, furono soltanto una cinquantina i parlamentari che si opposero al rifinanziamento della missione di addestramento e supporto della Guardia costiera libica, adesso l’auspicio è quantomeno di aumentare i numeri del fronte. E, magari, spingere tutto il Pd a non votare una missione che intanto, al di là dell’addestramento saltato, prevede una spesa incrementata da 10,5 milioni fino a 11.848.004 euro: “Mi auguro che il Pd sia conseguente con gli impegni presi. Noi presenteremo una risoluzione alternativa e voteremo comunque contro”. Ma non solo, l’obiettivo a lungo termine è pure quello di “stralciare gli accordi di cooperazione tra l’Italia e la Libia previsti con il Memorandum”, che scadranno nel febbraio 2023, con rinnovo automatico per altri tre anni se le autorità italiane non li annulleranno entro il 2 novembre 2022. “Più volte la ministra Luciana Lamorgese e i governi hanno promesso modifiche, ma non sono mai arrivate. Ma senza la missione di supporto, il cuore di quel Memorandum non esiste, per questo chiediamo ora di smantellare e cancellare tutta la missione. È tempo di voltare pagina e chiudere quella stagione”.