di Michele Sanfilippo

È vero: la politica è compromesso. In particolar modo quando, come in Italia, ci sono una legge elettorale fortemente proporzionale ed un governo di unità nazionale, all’interno del quale ci sono rappresentanti di quasi tutto l’arco parlamentare.

È anche vero, però, che ci sono limiti, superati i quali il compromesso significa l’abbandono di ogni principio e diventa un puro esercizio di potere.

Per il Movimento 5 Stelle i principi identitari sono sempre stati: la lotta alla corruzione, la giustizia, l’ambiente e l’equità sociale. Lo stare al governo con partiti che promuovono i referendum sulla giustizia e partoriscono una legge come la Cartabia, chiedono a gran voce il nucleare o i termovalorizzatori e non passa giorno senza che gettino fango sul reddito di cittadinanza, è diventato un suicidio politico. E infatti da quando è nato il governo di unità nazionale il logoramento è stato continuo e costante.

Ma gli errori sono stati tutti del Movimento 5 Stelle. In primis, fino a poche settimane fa, dopo la sentenza del tribunale di Napoli del 15 giugno, è mancato un leader ufficiale in grado di dettare una linea forte e credibile. Ma del resto l’eterogeneità degli orientamenti all’interno del Movimento è clamorosa. Basti pensare a quanto siano diversi Paragone da una parte, che poi fonda Italexit, e Fico dall’altra.

In secondo luogo, come partito di maggioranza della coalizione, il Movimento avrebbe dovuto pretendere, fin dal primo giorno, che fossero stabiliti e pubblicati degli obiettivi di governo in linea con i propri. Da qui i molti errori in merito alle scelte politiche avallate, specialmente sulla giustizia e sulle politiche ambientali, che ogni qualvolta erano in contraddizione con i principi del Movimento, venivano prontamente stigmatizzate da una stampa, che non ha mai perso occasione di dimostrare che in fondo in politica sono tutti uguali e non si può far altro che avallare il meno peggio. Come se non ci possa essere spazio per un cambiamento profondo.

Qui non si tratta della sopravvivenza del Movimento 5 Stelle ma di presidiare e salvaguardare quei principi che nessun altro partito o movimento sembra voler far suoi. Quindi ben venga la seppur tardiva presa di posizione di Conte rispetto al voto sul dl Aiuti.

Ora però non ci sono più alibi. Il Movimento ha perso molti, tanti pezzi, sicuramente in Parlamento e quasi certamente nell’elettorato. Ma probabilmente è più omogeneo. Il leader c’è ma deve dimostrare di essere in grado di esercitare il suo ruolo. Altrimenti, avanti un altro.

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