La media unificata ha aperto la scuola a tutti, ma ora c’è bisogno di una nuova stagione di riforme
Quest’anno la scuola media unificata compie sessant’anni (legge 1869/62) e purtroppo li dimostra tutti, adesso si chiama scuola secondaria di primo grado ma nella sostanza è ancora quella. Fu una conquista epocale, figlia di una stagione importante nella storia dell’Italia e, come gran parte delle grandi riforme, è partita benissimo per trascinarsi fra improvvisazione, disinteresse, sottovalutazione e tagli alla spesa.
Tutto comincia con la Costituzione (1948), in particolare con l’art. 34: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita […].”. Il Parlamento italiano ci mise 14 anni per dare applicazione alla Costituzione, lo fece solo quando si insediò il primo governo di centrosinistra nel cui programma i socialisti avevano imposto come pregiudiziali proprio l’istituzione della media unica e la nazionalizzazione dell’energia. Per dire come la scuola avesse allora un altro peso nella politica delle sinistre rispetto alle scialbe fotocopie di oggi, che parlano di uguaglianza e di diritto allo studio convinte che scimmiottare i modelli americani (gli stessi che hanno aperto la strada ai Trump) sia fare quello.
Prima di allora il sistema di istruzione post scuola elementare prevedeva due trienni distinti: il primo, l’avviamento professionale – con due opzioni possibili, quella industriale e quella commerciale: era un percorso di avviamento/addestramento al lavoro con ulteriore sbocco nelle scuole di specializzazione professionale. Il secondo, la scuola media, era invece finalizzato alla preparazione alla frequenza ai licei. A 10 anni di età il giovane cittadino e la sua famiglia erano costretti a scegliere fra i due percorsi quello che avrebbe segnato la sua esistenza. In realtà la scelta era già nelle cose: l’avviamento professionale se la famiglia aveva la necessità che la prole andasse presto a lavorare contribuendo al mantenimento; la scuola media se decidevano di investire in un periodo di formazione più lungo e inevitabilmente più costoso per dare una prospettiva di ascesa sociale attraverso l’istruzione.
Non fu però solo una questione di “ascensore sociale” individuale, anzi questo aspetto allora restò decisamente in secondo piano rispetto all’affermazione del principio del diritto all’istruzione come presupposto per ridurre le diseguaglianze, verso la modernizzazione dell’Italia attraverso l’allargamento dei diritti, a cominciare da quelli di cittadinanza. Quelli che aprirono la strada alla crescita tumultuosa del sindacato e, più in generale, della stagione politica e sociale a cavallo fra gli anni ’60 e ’70. Gli stessi che permisero agli imprenditori di disporre di manodopera scolarizzata, capace di comprendere le consegne, di leggere un manuale di istruzione, di cambiare mansione e compito adeguandosi ai cambiamenti tecnologici e organizzativi della fabbrica.
E’ in quel decennio che maturano le spinte più forti a una scuola che divenne l’ossatura della società, forte e capace di sostenerla nel suo impetuoso sviluppo e nell’altrettanta vorticosa trasformazione: la riforma della scuola media farà da apripista per una diffusa sperimentazione educativa che coinvolgerà innanzitutto la scuola elementare con la nascita del tempo pieno, fucina di sperimentazione non solo di tecniche e metodologie educative, ma anche di relazioni scuola/territorio, di articolazioni orarie per sposare la funzione sociale della scuola con quella di presidio culturale ed educativo soprattutto nelle periferie operaie delle grandi città. Per questo è interessante e attuale il dibattito politico che si sviluppò allora in Parlamento e nel paese: da una parte la destra conservatrice che non accettava l’idea di una scuola per tutti con le materie “vere”, gratuita e obbligatoria per 8 anni; dall’altra il più grande partito della sinistra, che votò contro la legge perché manteneva il latino solamente nell’ultimo anno e non nell’intero triennio.
L’istituzione della media unica scatenò una vera e propria rincorsa alla scolarizzazione che si innestò sul bisogno di modernizzazione e di uguaglianza che soffiava nel paese: 640mila nuovi iscritti alla scuola media unica nell’anno scolastico 1963-64, piani di edilizia scolastica per fare fronte alle nuove esigenze, reclutamento degli insegnanti necessari a fare fronte alla domanda; proliferazione delle scuole serali per gli adulti e molto altro ancora, a testimonianza della vera e propria corsa all’istruzione che l’istituzione della media unica fu capace di scatenare. Il tasso di analfabetismo passò dal 12,90% del 1951 al 5,20% di vent’anni dopo, con una divaricazione sempre più forte fra il Centro-Nord e le aree urbane e il Sud rurale (che manteneva percentuali superiori al 20% anche per mancanza di offerta). Poi fu la volta delle “150 ore per il diritto allo studio” (1973), una conquista sindacale nella scia dello Statuto dei Diritti dei lavoratori (1970) che istituiva permessi retribuiti nella misura di 150 ore per ogni anno scolastico per i lavoratori che desideravano frequentare la scuola media o superiore.
Fu la Flm – un troppo breve e molto intenso esempio di unità sindacale che fa bene ai lavoratori – a inserire per prima nella sua piattaforma rivendicativa la dicitura “diritto allo studio”. Con questo realizzava la saldatura fra la condizione del singolo lavoratore, quella del miglioramento individuale e collettivo attraverso la frequenza a un corso di studi, e la mobilità sociale derivante, che rimescolava le carte di un mondo ancorato nelle sue strutture industriali alle logiche del “padrone del vapore” ottocentesco. Furono i corsi di scuola media – preserali e serali – a fare la parte del leone, licenziando intere generazioni di ex analfabeti cresciuti nei tumultuosi primi anni 70 a “pane e 150 ore”. L’innovazione didattica e metodologica arrancava, lasciata più alla buona volontà dei singoli che a una ricerca di contenuti e metodi adatti ad affrontare il tema dell’istruzione di massa.
Poi cominciò la stagione dei tagli (oltre 12 miliardi negli ultimi 20 anni), dei ritorni all’indietro, spacciati per “innovazione”. Dalla riforma Berlinguer a quella della Moratti – che ancora oggi obbliga i quattordicenni a scegliere materie e specializzazioni quando nel mondo si cerca di allontanare il più possibile questo momento per privilegiare contenuti universali e di competenza generali -, passando per gli infiniti esercizi di arroganza di una politica sempre più disinteressata alla sostanza dell’istruzione, occupata com’è a classificarsi in atlantisti, populisti e tutti gli -isti di questi nostri tempi bui, testimoniando quotidianamente la sua irrilevanza. Dalla scuola delle soft skills a quella, terminale, del Ministro Bianchi e dei migliori, una serie impressionante di iniziative improvvide che hanno smontato anche la media unica insieme alla sinistra progressista italiana, che di scuola si nutriva e nella scuola confidava per la costruzione di nuova cittadinanza, integrazione, cultura dei diritti e dei doveri, il tutto condito da un po’ più di eguaglianza.
Ci vuole una nuova stagione che, rilanciando e rimodellando la scuola, sappia farne nuovamente un motore di costruzione dei cittadini di domani, promuovendo l’apprendimento di ciò che serve per stare al mondo da protagonisti, e agevolando la formazione di capacità e attitudini che “scrollino” una società invecchiata e sclerotica. Per farlo ci vogliono idee e investimenti: per le prime serve una forza politica che metta al centro del suo programma la modernizzazione della società anche attraverso l’istruzione. Quanto agli investimenti, nel nostro Paese il lavoro dipendente è più tassato delle rendite finanziarie; servirebbe una forza politica capace di invertire il rapporto e trovare davvero le risorse necessarie a rimettere in movimento l’istruzione italiana.
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La Redazione
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.
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Mariano Turigliatto
Docente, scrittore, pedagogista, coltivatore di speranza
Scuola - 16 Luglio 2022
La media unificata ha aperto la scuola a tutti, ma ora c’è bisogno di una nuova stagione di riforme
Quest’anno la scuola media unificata compie sessant’anni (legge 1869/62) e purtroppo li dimostra tutti, adesso si chiama scuola secondaria di primo grado ma nella sostanza è ancora quella. Fu una conquista epocale, figlia di una stagione importante nella storia dell’Italia e, come gran parte delle grandi riforme, è partita benissimo per trascinarsi fra improvvisazione, disinteresse, sottovalutazione e tagli alla spesa.
Tutto comincia con la Costituzione (1948), in particolare con l’art. 34: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita […].”. Il Parlamento italiano ci mise 14 anni per dare applicazione alla Costituzione, lo fece solo quando si insediò il primo governo di centrosinistra nel cui programma i socialisti avevano imposto come pregiudiziali proprio l’istituzione della media unica e la nazionalizzazione dell’energia. Per dire come la scuola avesse allora un altro peso nella politica delle sinistre rispetto alle scialbe fotocopie di oggi, che parlano di uguaglianza e di diritto allo studio convinte che scimmiottare i modelli americani (gli stessi che hanno aperto la strada ai Trump) sia fare quello.
Prima di allora il sistema di istruzione post scuola elementare prevedeva due trienni distinti: il primo, l’avviamento professionale – con due opzioni possibili, quella industriale e quella commerciale: era un percorso di avviamento/addestramento al lavoro con ulteriore sbocco nelle scuole di specializzazione professionale. Il secondo, la scuola media, era invece finalizzato alla preparazione alla frequenza ai licei. A 10 anni di età il giovane cittadino e la sua famiglia erano costretti a scegliere fra i due percorsi quello che avrebbe segnato la sua esistenza. In realtà la scelta era già nelle cose: l’avviamento professionale se la famiglia aveva la necessità che la prole andasse presto a lavorare contribuendo al mantenimento; la scuola media se decidevano di investire in un periodo di formazione più lungo e inevitabilmente più costoso per dare una prospettiva di ascesa sociale attraverso l’istruzione.
Non fu però solo una questione di “ascensore sociale” individuale, anzi questo aspetto allora restò decisamente in secondo piano rispetto all’affermazione del principio del diritto all’istruzione come presupposto per ridurre le diseguaglianze, verso la modernizzazione dell’Italia attraverso l’allargamento dei diritti, a cominciare da quelli di cittadinanza. Quelli che aprirono la strada alla crescita tumultuosa del sindacato e, più in generale, della stagione politica e sociale a cavallo fra gli anni ’60 e ’70. Gli stessi che permisero agli imprenditori di disporre di manodopera scolarizzata, capace di comprendere le consegne, di leggere un manuale di istruzione, di cambiare mansione e compito adeguandosi ai cambiamenti tecnologici e organizzativi della fabbrica.
E’ in quel decennio che maturano le spinte più forti a una scuola che divenne l’ossatura della società, forte e capace di sostenerla nel suo impetuoso sviluppo e nell’altrettanta vorticosa trasformazione: la riforma della scuola media farà da apripista per una diffusa sperimentazione educativa che coinvolgerà innanzitutto la scuola elementare con la nascita del tempo pieno, fucina di sperimentazione non solo di tecniche e metodologie educative, ma anche di relazioni scuola/territorio, di articolazioni orarie per sposare la funzione sociale della scuola con quella di presidio culturale ed educativo soprattutto nelle periferie operaie delle grandi città. Per questo è interessante e attuale il dibattito politico che si sviluppò allora in Parlamento e nel paese: da una parte la destra conservatrice che non accettava l’idea di una scuola per tutti con le materie “vere”, gratuita e obbligatoria per 8 anni; dall’altra il più grande partito della sinistra, che votò contro la legge perché manteneva il latino solamente nell’ultimo anno e non nell’intero triennio.
L’istituzione della media unica scatenò una vera e propria rincorsa alla scolarizzazione che si innestò sul bisogno di modernizzazione e di uguaglianza che soffiava nel paese: 640mila nuovi iscritti alla scuola media unica nell’anno scolastico 1963-64, piani di edilizia scolastica per fare fronte alle nuove esigenze, reclutamento degli insegnanti necessari a fare fronte alla domanda; proliferazione delle scuole serali per gli adulti e molto altro ancora, a testimonianza della vera e propria corsa all’istruzione che l’istituzione della media unica fu capace di scatenare. Il tasso di analfabetismo passò dal 12,90% del 1951 al 5,20% di vent’anni dopo, con una divaricazione sempre più forte fra il Centro-Nord e le aree urbane e il Sud rurale (che manteneva percentuali superiori al 20% anche per mancanza di offerta). Poi fu la volta delle “150 ore per il diritto allo studio” (1973), una conquista sindacale nella scia dello Statuto dei Diritti dei lavoratori (1970) che istituiva permessi retribuiti nella misura di 150 ore per ogni anno scolastico per i lavoratori che desideravano frequentare la scuola media o superiore.
Fu la Flm – un troppo breve e molto intenso esempio di unità sindacale che fa bene ai lavoratori – a inserire per prima nella sua piattaforma rivendicativa la dicitura “diritto allo studio”. Con questo realizzava la saldatura fra la condizione del singolo lavoratore, quella del miglioramento individuale e collettivo attraverso la frequenza a un corso di studi, e la mobilità sociale derivante, che rimescolava le carte di un mondo ancorato nelle sue strutture industriali alle logiche del “padrone del vapore” ottocentesco. Furono i corsi di scuola media – preserali e serali – a fare la parte del leone, licenziando intere generazioni di ex analfabeti cresciuti nei tumultuosi primi anni 70 a “pane e 150 ore”. L’innovazione didattica e metodologica arrancava, lasciata più alla buona volontà dei singoli che a una ricerca di contenuti e metodi adatti ad affrontare il tema dell’istruzione di massa.
Poi cominciò la stagione dei tagli (oltre 12 miliardi negli ultimi 20 anni), dei ritorni all’indietro, spacciati per “innovazione”. Dalla riforma Berlinguer a quella della Moratti – che ancora oggi obbliga i quattordicenni a scegliere materie e specializzazioni quando nel mondo si cerca di allontanare il più possibile questo momento per privilegiare contenuti universali e di competenza generali -, passando per gli infiniti esercizi di arroganza di una politica sempre più disinteressata alla sostanza dell’istruzione, occupata com’è a classificarsi in atlantisti, populisti e tutti gli -isti di questi nostri tempi bui, testimoniando quotidianamente la sua irrilevanza. Dalla scuola delle soft skills a quella, terminale, del Ministro Bianchi e dei migliori, una serie impressionante di iniziative improvvide che hanno smontato anche la media unica insieme alla sinistra progressista italiana, che di scuola si nutriva e nella scuola confidava per la costruzione di nuova cittadinanza, integrazione, cultura dei diritti e dei doveri, il tutto condito da un po’ più di eguaglianza.
Ci vuole una nuova stagione che, rilanciando e rimodellando la scuola, sappia farne nuovamente un motore di costruzione dei cittadini di domani, promuovendo l’apprendimento di ciò che serve per stare al mondo da protagonisti, e agevolando la formazione di capacità e attitudini che “scrollino” una società invecchiata e sclerotica. Per farlo ci vogliono idee e investimenti: per le prime serve una forza politica che metta al centro del suo programma la modernizzazione della società anche attraverso l’istruzione. Quanto agli investimenti, nel nostro Paese il lavoro dipendente è più tassato delle rendite finanziarie; servirebbe una forza politica capace di invertire il rapporto e trovare davvero le risorse necessarie a rimettere in movimento l’istruzione italiana.
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Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.