Nel giro di pochi giorni, è stato colpito ancora il mandamento mafioso del centro città, dove è stato ucciso un presunto boss. I carabinieri contestano agli indagati l'associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti. Le indagini hanno scongiurato nuove violenze e tensioni, tra cui il tentativo di punire i responsabili dell’omicidio di Emanuele Burgio, ucciso nell'aprile del 2021. E la punizione del boss Di Giovanni nei confronti del figlio, reo di aver lasciato la moglie
Un nuovo blitz contro Porta Nuova, lo storico clan di Cosa nostra è scattato nella notte tra il 15 e il 16 luglio a Palermo. Il 6 luglio erano state fermate 18 persone, pochi giorni dopo l’omicidio del presunto boss Giuseppe Incontrera; stanotte sono stati arrestati altre 12 indagati. I carabinieri contestano agli indagati l’associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti. Le indagini hanno scongiurato nuove violenze e tensioni, tra cui il tentativo di punire i responsabili dell’omicidio di Emanuele Burgio, ucciso ad aprile nei pressi dello storico mercato della Vucciria.
L’operazione – L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Giovanni Antoci, Gaspare Spedale e Luisa Bettiol, ha svelato la riorganizzazione di uno dei clan storici più pericolosi di Cosa nostra. I boss palermitani sono tornati a investire nel traffico di droga, che gestiscono in tutta la filiera: dall’approvvigionamento all’ingrosso, allo spaccio al minuto sul territorio. Le intercettazioni hanno svelato che il mandamento di Porta Nuova gestiva direttamente sei piazze di spaccio localizzate nei mercati storici del Capo, della Vucciria, di Ballarò, ma anche nel quartiere della Zisa, fra via dei Cipressi, piazza Ingastone e via Regina Bianca. Tra i 12 arrestati, di cui quattro in carcere e otto ai domiciliari, c’è anche la moglie del boss Incotrera, Maria Carmelina Massa. Secondo le intercettazioni era la cassiera del clan per gli affari di droga: è finita ai domiciliari.
Venti di guerra – Dall’indagine emerge come ci sia il rischio di una guerra tra i clan mafiosi palermitani. Omicidi, come quello di Giuseppe Incontrera, ucciso lo scorso 30 giugno a Palermo in pieno giorno, e timori di vendette imminenti hanno spinto gli investigatori ad agire in fretta. In due settimane i carabinieri hanno tirato le fila di un’indagine che andava avanti da un anno e aveva già delineato i nuovi vertici del mandamento mafioso di Porta Nuova, uno dei più importanti a Palermo. E così, dopo il blitz dei giorni scorsi, stanotte, altri 12 esponenti della “famiglia” , “leader” nelle estorsioni e nello spaccio di droga, sono stati arrestati. In carcere, tra gli altri, è finito Filippo Burgio, uomo d’onore che avrebbe dovuto lasciare la cella proprio oggi.
La vendetta bloccata – I carabinieri gli hanno notificato all’alba un nuovo ordine di cattura e il boss è rimasto nel penitenziario di Voghera dove aveva appena finito di scontare la pena. Burgio è il padre di Emanuele, ucciso all’interno del mercato storico della Vucciria il 31 maggio del 2021 a colpi di pistola. I carabinieri hanno scoperto che il detenueto era intenzionato, una volta tornato in Sicilia, a vendicare il figlio. Per il delitto sono sotto processo Matteo Romano, che avrebbe fatto fuoco contro la vittima; Giovan Battista Romano, che gli avrebbe passato l’arma, e il padre Domenico, che avrebbe inseguito la vittima mentre cercava di fuggire. “Perché non hanno ucciso me, perché se la sono presi con mio figlio. Non ho pace. Me l’hanno ammazzato come un cane, me l’hanno ammazzato questi figli di p…”., diceva in cella il boss non sapendo di essere intercettato.
Il pestaggio – Tra gli arrestati di oggi c’è anche Maria Carmelina Massa, moglie del capomafia Incontrera ammazzato il 30 giugno. Avrebbe aiutato il marito a gestire i traffici di droga e la cassa del mandamento. Secondo gli inquirenti, i componenti del clan non si limitavano a gestire gli affari, ma si occupavano di dirimere tutte le questioni delle “famiglie” comprese quelle legate ai furti e ai tradimenti. Dalla indagini è emerso che il figlio del boss Antonino Di Giovanni fu pestato a sangue dal padre perchè aveva lasciato la compagna, figlia di Giuseppe Incontrera. Un tradimento che andava punito in modo esemplare con una spedizione punitiva organizzata da Di Giovanni contro il proprio rampollo. Un pestaggio eseguito davanti al padre della ragazza abbandonata che, non sapendo di essere intercettato, lo racconta così: “Il sangue sgriddava (schizzava) da tutte le parti. Hulk era, la macchina stava girando sottosopra ed io ero fermo e fermo sono rimasto”.