Metteteci il Covid che ha fatto chiudere i portoni agli hotel – alcuni per qualche mese, altri per sempre. Metteteci poi che, durante lo srotolarsi della pandemia, solo alcuni albergatori hanno deciso di investire in lavori di ristrutturazioni rimandati per anni. Metteteci anche che dopo i licenziamenti seguiti alle chiusure non si siano registrati pari reintegri di personale, anche per via di questa strana sensibilità dei giovani d’oggi di chiedere stipendi adeguati all’impegno lavorativo profuso. E metteteci alla fine che, persino in un paese come l’Italia, custode di alcuni tra i migliori hotel del mondo e dei più elevati standard di accoglienza, qualche albergatore semplicemente se ne freghi del cliente. Anche in un hotel a cinque stelle.
Tutto vero: trascorro una notte – una sola per fortuna – in un hotel pentastellato di Livorno che mi accoglie all’interno di una camera in condizioni quasi pietose. In ordine sparso: il water ha la fascetta di garantita sanificazione, peccato per quelle due macchioline marroni all’interno. Il pavimento è costellato di briciole, sotto il tavolino e ai piedi del letto. Gli asciugamani, sfilacciati ai bordi, sono trapuntati da un paio di capelli lunghi e ricci. Il letto è stato fatto alla buona, con i lembi della coperta mal riposti sotto il materasso, una sciatteria imperdonabile per un hotel di questo lignaggio.
Torno alla reception, mi lamento, chiedo di cambiare stanza. “Mi spiace, l’hotel è al completo”. La governante mi assicura comunque che la mia camera sarà pulita nuovamente. Quando ci rientro dopo pranzo qualcosa, poco, è cambiato. In giro c’è meno polvere, briciole e capelli, ma lo stucco – quello incerto delle pareti e il mio – non migliora, anzi.
La stanza tutta – non solo la mia, a giudicare dai commenti dei colleghi – avrebbe bisogno di una ripassata da cima a fondo. Il doccione, già in fase di risparmio idrico grazie al calcare sedimentato sugli ugelli, troneggia su un piatto doccia di assi scricchiolanti che ha lo stesso aspetto trascurato delle mensole per il sapone. Lo specchietto bifacciale accanto al lavabo ballonzola malamente. Nella zona living la situazione è altrettanto approssimativa. Di fronte alla tv – messa di sghimbescio rispetto al letto, così che sia giustamente risulti difficile guardarla da sdraiati, fanno capolino due poltroncine lise e tristi. I mobili – né d’epoca, né moderni, tutti animati da quell’inconfondibile spirito cheap che fa tanto riviera romagnola – sono sbeccati, senza identità, solo un complemento d’arredo scelto per mera utilità, un peccato mortale per un cinque stelle collocato in un palazzo storico. Sopra le finestre svolazzano cavi, sotto la vasca idromassaggio stazionano residui che sembrano essere precipitati lì durante la crisi mondiale del 2008.
Ora: può succedere che un hotel non corrisponda alle aspettative di un ospite. La questione è: com’è possibile che un cinque stelle offra una stanza ridotta in questo modo? Sicuramente qualcosa non funziona nella gestione della struttura, i proprietari e la direzione dovrebbero prenderne atto e trarne le conclusioni. Qualcos’altro non è al suo posto anche nelle recensioni su Tripadvisor, molte delle quali entusiastiche. Qualcosa, infine – ed è su questo punto che vorrei dire un paio di cose – non torna sul sistema nazionale di assegnazione delle stelle.
Per farla breve: il principale riferimento normativo in materia è un decreto del 2008 dedicato alla “Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell’ambito dell’armonizzazione della classificazione alberghiera”, che inquadrava gli standard richiesti per ogni categoria, dalla stella singola alle cinque stelle lusso. Per l’ottenimento delle cinque stelle si prevedeva, ad esempio, che la struttura vantasse requisiti minimi tra cui un portiere notturno, il servizio di ricevimento 24 ore su 24 e in almeno tre lingue, un servizio di trasporto bagagli e una dimensione minima delle stanze.
Attenzione però: questa norma è stata applicata, così prevedeva la legge, solo dagli alberghi aperti o ristrutturati dal 2009 in poi. Non solo: il decreto permetteva agli alberghi collocati in edifici dai “valori storico-culturali”- ad esempio quelli eretti nei centri storici – di non doversi sottoporre ai lavori necessari per adeguarsi ai nuovi standard, conservando la propria classificazione. Risultato: in Italia ci sono decine, centinaia di hotel che vivono di rendita. Il mantenimento delle stelle dovrebbe invece – proprio come accade con i riconoscimenti assegnati dalla guida Michelin, che possono essere persi se non si mantengono gli standard imposti – richiedere investimenti costanti da parte dell’albergatore.
Va poi specificato che, dal 2009 in poi, la procedura prevede comunque che ogni albergatore si attribuisca le stelle che valuta siano appropriate alla sua struttura. In teoria, sarebbero le istituzioni regionali e locali a dover effettuare i controlli. Nella pratica, a detta della stessa Federalberghi, vige la regola del “silenzio assenso”. In sostanza gli hotel si auto-qualificano, poi le regioni delegano le attività ispettive ai comuni o alle province, che esaminano la documentazione presentata ed effettuano eventuali sopralluoghi a campione o a seguito di reclami.
Ecco, allora: questo post vale come reclamo. Qualcuno vada a visitare le stanze di questo cinque stelle di Livorno e decida il da farsi.