Le responsabilità della politica italiana e i soldi investiti da Cosa nostra al nord. C’è anche questo dei dispacci inviati a Washington dai diplomatici americani in Italia, subito dopo la strage di via d’Amelio. I documenti sono stati declassificati dopo 30 anni. Quelle carte di trent’anni fa vengono alla luce per la prima volta nel libro di Andrea Spiri “The End 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli Archivi segreti americani“, edito da Baldini & Castoldi.
Dai dispacci emerge come Borsellino fosse considerato dalla diplomazia Usa come il “nuovo simbolo della speranza“: la strage di via D’Amelio, dunque, rappresentava un colpo alla credibilità dell’Italia, il fallimento di una politica incapace di sconfiggere Cosa nostra. Spiri, che è un docente di Storia dei partiti politici, riporta i messaggi firmati dall’ambasciatore Peter Secchia e quelli del console Richard Mann. È proprio Mann a chiedersi con un tono pungente: “Dove sono finiti i decreti antimafia varati dal governo Andreotti all’inizio di giugno?”. Il diplomatico poi descrive l’atmosfera pesante di Palermo, il malessere dei poliziotti del reparto scorte e la rabbia degli agenti che prende di mira “alti funzionari dello Stato” fatti oggetto di un lancio di monetine all’uscita dalla prefettura. Non manca un riferimento a un’opinione pubblica “stanca dell’influenza mafiosa che pesa sul futuro” e alla caduta di credibilità del governo e del sistema politico che “la gente valuta nel loro fallimento” anche se si fa strada “l’idea che i siciliani stessi aiutino la mafia a perpetuarsi”. Agli occhi della diplomazia americana si pone quindi un “quadro desolante” dominato dalla pervasività delle infiltrazioni tanto che si mette in discussione “l’effettiva volontà dei politici di combattere il crimine organizzato”.
Il fatto positivo per gli americani è che si coglie nel Paese un “nuovo sussulto della gente contro la mafia, simile a quello che negli anni Settanta ha preceduto il grande sforzo del governo – coronato da successo – contro le Brigate Rosse“. Altro segnale positivo viene dal fatto che la recrudescenza dell’offensiva mafiosa “non viene più valutata come un normale aspetto del vivere civile”. La mafia è diventata un corpo sociale estraneo, una “cosa a parte”, una “piovra” da eliminare per consentire al Paese di andare avanti. Lo sguardo americano si sofferma poi sulla penetrazione della mafia nei mercati e sul riciclaggio dei profitti mafiosi al Nord. “È quello che stanno rivelando i magistrati di Mani pulite. Antonio Di Pietro, che su questo versante si è portato avanti, rivela di avere ricevuto notizia, dopo l’arresto di un politico di piccolo calibro, di un attentato preparato contro di lui e contro Borsellino nel periodo tra il 16 e il 26 luglio”. Ma la diplomazia Usa è scettica. “Di Pietro – si legge nella relazione del console Semler – mi è sembrato alquanto tranquillo per essere un uomo che figura al secondo posto nella lista delle persone da uccidere”. La diplomazia Usa non crede insomma che la mafia possa arrivare a tanto per l’arresto di un politico di seconda fila.