Prima un discorso in diretta Facebook, trasmesso intorno alle 21 di sabato 16 luglio, con le condizioni per restare nel governo Draghi. Poi una assemblea congiunta, durata ormai quasi due giorni, per riuscire ad ascoltare tutte le posizioni dei parlamentari e cercare di tenere compatto il gruppo. Nel weekend che precede quella che si prospetta come la settimana decisiva per l’esecutivo, gli occhi sono puntati sulle mosse di Giuseppe Conte. Perché se, come detto dalle varie forze in campo, senza il M5s non è possibile un’altra maggioranza, decisivo è capire come si muoveranno l’ex premier e il suo partito.
L’intervento di ieri sera è stato molto netto: senza “risposte concrete” sui nove punti proposti dai 5 stelle, loro resteranno fuori dal governo. E al massimo potranno offrire un appoggio esterno, da valutare sulla base dei singoli provvedimenti. Conte quindi, l’ha messo in chiaro, non intende fare passi indietro ed è lui ad aspettarsi una mossa da Draghi. Nel frattempo cerca di gestire i movimenti interni: una quota di “governisti” spinge perché non si arrivi alla rottura e sia garantita la fiducia (sono circa una ventina, compresi i ministri M5s). Ma, stando alle ricostruzioni del dibattito iniziato sabato sera e proseguito domenica (l’assemblea interrotta dopo pranzo è stata riaggiornata a dopo le 18), la linea Conte prevale e unisce la maggioranza. Insomma, perché si vada avanti servono delle “risposte concrete” da Draghi. Chi invece ha invocato una tregua è il ministro Federico D’Incà: responsabile dei Rapporti con il Parlamento, già ieri si era detto preoccupato per tutti i decreti e le riforme a rischio con la crisi. Ora spinge perché si riapra il dialogo.
Chi è favore della linea dura di Conte – L’assemblea è riservata agli eletti, ma sono molte le indiscrezioni consegnate dai diretti interessati ai giornalisti. Perché sia deputati che senatori hanno interesse a far sapere, in questo momento, da che parte stanno. E, alla fine della seconda tranche di assemblea, appare che la maggioranza si è detta a favore della linea dura. “Questa crisi è stata cercata e voluta da chi”, ha detto la deputata Daniela Torto, “ha messo in discussione e provato a smantellare le misure più importanti promosse dal Movimento 5 stelle”. Un “tentativo palese di indebolire Giuseppe Conte, di distruggere il M5s”. Per il collega Luigi Gallo “noi vogliamo dare risposte, mentre Draghi fugge”. La senatrice Beatrice Guidolin ha sottoscritto quanto fatto finora: “Non cambierei una virgola. Andiamo avanti così avendo come unico obbiettivo il bene dei cittadini”. E così anche la collega Giulia Lupo: “La linea ‘dentro o fuori’ è inventata dai media, noi siamo per la coerenza e la linearità da cui siamo partiti. Attendere le risposte su proposte di soluzione dei problemi in modo concreto”. Molto più duro il senatore Gabriele Lanzi: “Se qualcuno ha ancora dei dubbi e non vuole seguire la linea non si faccia scrupolo e vada dove lo porta il cuore. Serve lealtà non fedeltà”. Per la deputata Vittoria Baldino poi, “la fiducia incondizionata al governo è un suicidio politico clamoroso. M5s è l’unico argine alla deriva a-politica e unico contenitore di istanze sociali altrimenti senza rappresentanza”. Mentre per il senatore Gianmauro Dell’Olio, “ora è fondamentale che Draghi e Conte si incontrino per trovare il punto di incontro, e se Draghi non volesse incontrare Conte o volesse offrire ‘noccioline’, non credo che sia opportuno per noi proseguire con questa esperienza di governo”. In totale, tra ieri e oggi, sono stati almeno 30 gli eletti che hanno preso la parola per sostenere l’ex presidente del Consiglio. Tra questi: Daniela Torto, Giuseppe Buompane, Marco Bella, Francesco Silvestri, Angela Salafia, Sebastiano Cubeddu, Teresa Manzo, Giovanni Currò, Filippo Scerra, Manuel Tuzi, Arnaldo Lomuti, Marco Pellegrini, Tiziana Ciprini.
I governisti – Anche se in minoranza, la spinta dei governisti si è fatta sentire per tutto il weekend. Intanto perché a rappresentarli ci sono i tre ministri M5s. Il più attivo su questo fronte è appunto D’Incà. Già ieri, ad assemblea ancora in corso, aveva diffuso un dossier con le misure che rischiano di saltare in caso di crisi di governo. Oggi ha preso direttamente la parola e invocato una tregua tra Conte e Draghi, per non mettere in difficoltà l’esecuzione delle riforme collegate al Pnrr e i progetti collegati, questo “per il bene del Paese”. D’Incà ha fatto anche riferimento alle difficoltà che ci sarebbero nel campo progressista in caso di voto anticipato. Ma non è il solo a lavorare perché si arrivi a una mediazione. “Votare la fiducia alla Camera ma non al Senato è stato un fallo di reazione, dopo aver subìto provocazioni a testa bassa senza fiatare siamo scoppiati in una reazione isterica e schizofrenica”, ha detto il deputato Gabriele Lorenzoni. “Stiamo fornendo un assist clamoroso a Draghi per lasciare il governo e addossarci le responsabilità dello tsunami economico che sta per arrivare”. Per la deputata Federica Dieni, vicepresidente del Copasir, il problema è anche la tempistica di Conte: “La decisione di andare al voto era già stata presa. Ora fare una riunione dopo un video e un ultimatum non serve”. Tra i governisti anche l’ex ministra Giulia Grillo: “Fare opposizione non darà risposte a chi oggi si lamenta, per dare risposte si deve stare nel governo. Tuttavia stare all’opposizione è legittimo e serve a non sentirsi complici di scelte politiche che non si condividono”. La parlamentare ha però aggiunto che, ad ogni modo, si atterrà alle indicazioni del leader pentastellato. Ha cercato una mediazione anche l’ex sottosegretario Riccardo Fraccaro: “Dobbiamo usare ogni mostra grammo di sudore per far sì che si risolvano i problemi che abbiamo posto. Se rilanciamo sempre appare invece che cerchiamo un pretesto. Se poi Draghi come negli ultimi mesi non apre a soluzioni, allora sì, usciamo a testa alta. Lo diciamo chiaro che vogliamo uscire”. E la deputata Rosalba Cimini ha annunciato che, “se sarà necessario”, mercoledì “voterò la fiducia mettendoci come sempre la faccia. Perché sono convinta che sia più utile votare la fiducia alla responsabilità piuttosto che fare un insensato salto nel buio”. Molto duro anche l’intervento della deputata Azzurra Cancelleri: “Come stiamo comunicando con Draghi oggi, con la diretta Facebook di ieri? L’atto responsabilità ci è stato chiesto un anno fa e oggi è ancora più importante dare sostegno al governo”. In mattinata aveva parlato anche uno storico esponente M5s, il consigliere comunale a Bologna Massimo Bugani: “Per il M5s”, ha detto a Repubblica, “andare all’opposizione, vale a dire far cadere il governo” e “significa tornare soli contro tutti, a ululare alla luna“.