Per tutti Gianna Tani era ed è “la signora dei casting”. Ha lasciato Mediaset nel 2007 dopo venticinque anni di lavoro e oltre duecentomila provini (sì, duecentomila provini!) ma la fama di talent scout di successo continua a precederla. Dal suo mitologico ufficio di Cologno Monzese sono passati tutti, da Amadeus ad Antonella Clerici, dalla Hunziker alla Ventura, passando per Mara Carfagna, Panariello, la Panicucci, la Canalis e Belén Rodriguez. A molti di loro un provino di pochi minuti ha cambiato la vita, per altri è stata la sterzata inaspettata verso il successo. “Ma sono stata solo una “traghettatrice”, ho saputo scorgere in pochi minuti un talento: l’ultima parola non era mai la mia”, minimizza lei dal Brasile, dove vive da qualche anno (anche se ora medita di trasferirsi in Portogallo), e da dove ha raccontato a FqMagazine alcuni lati inediti della sua vita, dagli apertivi con Montanelli all’incontro con Berlusconi, dai consigli di Walter Chiari alle risate con Corrado.
Sia sincera: l’etichetta di “la signora dei casting” le piaceva?
No, per nulla. Televisivamente nasco come produttrice nella tv locali e avrei voluto continuare a fare quello. Poi la vita ha scelto per me: cominciai per caso, quando Paolo Limiti mi chiese di fare i casting per M’ama o non m’ama, su Rete4. Da lì non mi sono più fermata.
In poco tempo la sua fama ha cominciato a precederla. Era più temuta o rispettata?
Temuta non credo, rispettata sì. Avevo fiuto, scaltrezza, buon occhio e questo ha creato l’allure. All’inizio fermavo la gente per strada e gli dicevo: “Venga a fare un provino”. Non avevamo nemmeno un ufficio ma in pochi anni il lavoro mi esplose tra le mani. Tanto che un giorno Silvio Berlusconi mi fermò e mi disse: “Mi piacciono le persone che sceglie, venga a lavorare a Canale 5”.
Il corteggiamento di Berlusconi funzionò?
No. Rete4 all’epoca era della Mondadori e io avevo un contratto di consulenza, ben remunerato. Alcuni dirigenti di Fininvest mi contattarono, non trovammo un accordo e restai dov’ero. Poi tornai dalle vacanze e scoprii che Berlusconi aveva acquistato il canale. Quando lo rividi mi disse: “Ha visto? Per averla con me ho dovuto comprare la rete”.
La sua vita prima della tv: per dieci anni lavorò alla Galleria d’arte Cortina in piazza Cavour, a Milano.
Al piano sopra c’era la libreria, in quello sotto la galleria di cui mi occupavo io. Entrai diciottenne e completamente digiuna di arte e mi ritrovai ad organizzare mostre e incontri. Mi adattai in fretta, avevo buone capacità relazionali e seppi sfruttare la fortuna di ritrovarmi ragazzina in mezzo a dei giganti.
Artisti, intellettuali, giornalisti: chi passava di lì?
C’era Mike Bongiorno, che era un discreto collezionista d’arte e frequentava molto la galleria. Maurizio Costanzo mi parlava del progetto del suo primo libro: poi arrivò la tv e la radio e quel progetto restò a lungo nel cassetto. E poi Indro Montanelli, che nel ’74 praticamente fondò Il giornale sulla mia scrivania. Mi prese in simpatia, mi voleva bene, mi portava a fare l’aperitivo. Quando nel ’77 le Br lo gambizzarono mi disse: ‘Gianna, è meglio se non andiamo più nemmeno a prendere un caffè assieme'”.
Altri incontri indimenticabili?
Quelli con Silvio Ceccato, Ruggero Orlando, Raymond Peynet, Henri Charrière, l’autore di Papillon, e poi l’immenso Dino Buzzati. Gli chiedevo: ‘Dino, è normale che i quadri di Bacon mi diano fastidio e al tempo stesso mi attraggano?’. Lui mi rispondeva: ‘Se un quadro ti suscita un’emozione, negativa o positiva che sia, vuol dire che è un bravo pittore’. Lo stesso vale quando fai un casting: ci dev’essere quel quid, quel dettaglio che ti colpisce subito. Il primo impatto è quello che conta.
Da scouting di successo, quali sono state le sue doti vincenti?
Il rispetto per le persone: ad ogni persona dedicavo lo stesso tempo, la stessa accuratezza. Ma sapevo anche essere fredda e distaccata: solo così riuscivo a concentrarmi, a intuire la potenzialità.
La sua scuola qual è stata?
Sono stata una spugna, ho assorbito da tutti. Con Andrea Giordana andavo dietro le quinte degli spettacoli teatrali e osservavo il suo sguardo. Idem con Walter Chiari, genio dell’imprevedibilità: stare con gli artisti, capirne la prontezza, la mia scuola è stata quella.
Lasciata la galleria, a 30 anni approdò a TeleRadioMilano2, una tv locale di proprietà del Pci.
Ricominciai da zero e sostanzialmente iniziai a fare la pr. Il primo banco di prova fu una trasmissione dedicata all’arte: allestivo un set, chiamavo gli ospiti, annunciavo le mostre. All’inizio non rientravo nemmeno delle spese.
La svolta?
Le mie doti di organizzatrice mi precedevano. Così diverse reti locali del nord Italia iniziarono a chiedermi di mettere su degli show, altri di abbozzare dei palinsesti. Nel 1980 proposti a Corrado di fare la Corrida in TV per Telesanterno: mi rispose che non era adatta a diventare una trasmissione televisiva. Sappiamo com’è finita. Intuii anche la potenzialità di fare network tra reti locali, cosa che Berlusconi realizzò da lì a pochi anni in grande stile.
A proposito: Berlusconi lo sapeva che veniva da una reta del Partito Comunista?
(ride) Non credo. A dire il vero forse nemmeno io lo sapevo. Con lui c’è sempre stata un’intesa creativa, molto dialogo e mai uno scontro.
Sono leggendari i primi anni di Fininvest, con il Cavaliere onnipresente e pronto a dare ordini e suggerimenti su ogni dettaglio.
Più che leggenda è verità. Sono stati anni di creatività e dinamismo oggi inimmaginabili. Berlusconi era capace di chiamare per dirmi: ‘Gianna, non mi piacciono quelle due persone sedute in prima fila, le sposti in seconda’. Era attento a tutto.
Le imponeva anche personaggi e soubrette?
Un giorno mi ferma un dirigente dell’allora Fininvest: ‘Devi fare un provino a questa tizia, la richiesta arriva dai piani alti’. Berlusconi poi mi chiama per un programma e io gli dico: ‘Ho sentito quella persona per organizzare il provino’. Lui mi stoppa e mi dice: ‘Gianna, se davvero dovessi spingere una persona, la chiamerei direttamente io’. I segnalati non passavano di certo dall’ufficio casting e infatti negli ultimi anni in azienda mi capitava spesso di accendere la tv e dire ad alta voce: ‘Ma io quella non l’ho mai vista’.
Quando nel ’94 Berlusconi annunciò la discesa in campo, lei cosa gli disse?
Quando me ne parlò, gli consigliai di non farlo. In mezzo a tanti yes men, come in tutte le aziende, io con lui mi sentivo libera di esprimermi. Tanto che già all’epoca dell’acquisto del Milan gli dissi: ‘Stai trascurando la tv’. Ma si era innamorato della politica in maniera viscerale, buttandosi a capofitto. Mi dispiaceva che lasciasse l’azienda in un momento di grande crescita. A differenza di oggi, in cui Mediaset mi sembra una tv in stallo.
Tornado a lei, il primo a spingerla a fare casting fu Paolo Limiti.
‘Il buon gusto non ti manca, sei schietta e anche troppo diretta: vieni a darmi una mano’. Lo seguii a M’ama non m’ama, dove tra i produttori c’era un giovane Marco Bassetti (oggi capo di Banijay, ndr), e lì ho imparato tutto. Era sempre interessante ascoltare Paolo, scoprire gli aneddoti dei suoi incontri coi grandi dello spettacolo. Non era mai banale e avrebbe avuto ancora molte cose da raccontare in tv.
Lei creò da zero l’ufficio casting Mediaset. Perché il suo fu un metodo vincente?
Quando intuirono le mie capacità, il mio telefono squillava continuamente. ‘Ho bisogno di una valletta, me la trovi?’. ‘Mi serve una modella con queste caratteristiche, ne ha una a disposizione?’. Così iniziai ad archiviare i provini e a catalogarli, in un’epoca in cui non c’erano ancora i sistemi informatici: con fogli di carta, polaroid e molta logica, creai un archivio con migliaia di nomi.
Ne faccia alcuni.
Da me sono passati quasi tutti, da Amadeus ad Antonella Clerici, da Francesca Dellera a Mara Carfagna. E ancora Federica Panicucci, Alessandro Borghese, Giorgio Panariello e credo anche Selvaggia Lucarelli, per un game show. Scelsi persino l’attuale direttore di Canale 5, Giancarlo Scheri, che prendemmo assieme ad altri bei ragazzi come “valletti” in un’edizione di Miss Italia. E ovviamente Hunziker, che mi fu presentata da Marco Predolin.
Com’era la giovane Michelle?
Già estroversa, ironica, sciolta. La misi a fare Miss Buona domenica e non passò la selezione, poi la proposi a Striscia per una figurazione speciale, che fece, e cominciò l’ascesa: credevo molto in lei, così come credevo in Simona Ventura, che si presentò con una determinazione unica. Durante il suo primo provino c’ero io dietro la camera a fare le riprese.
Lei provinò tutte le letterine di Passaparola, compresa Silvia Toffanin.
Silvia era una ragazza carina, molto timida ma con un bel modo di porsi. Si vedeva che non era una di quelle disposte a sgomitare pur di farcela. Nel gruppo finale c’era anche Caterina Balivo, poi mi chiamò il produttore e mi disse: ‘Devi dirle di togliere il neo che ha sul collo’. Per me fu imbarazzante chiederlo, perché non lo consideravo un difetto: lei rifiutò ma ebbe altre opportunità favorevoli.
Ha lavorato con tutti i più grandi: Corrado, Mike Bongiorno, Vianello, la Carrà e Baudo.
Corrado lo sgridavo perché rideva durante i provini della Corrida: “Non può fare così, la prego”. Ci davamo del lei, come con Vianello, che mi stuzzicava: “La smetta di propormi quelle che gli altri non vogliono”. Con Baudo e la Carrà invece ci davamo del tu e con entrambi entrai subito in grande sintonia. Parliamo di personaggi carismatici, professionisti immensi cui non era facile tenere testa.
È vero che in totale ha realizzato oltre 200mila provini?
È una stima veritiera. Solo con Veline ne abbiamo fatti migliaia, anche solo di pochi minuti. Per La sai l’ultima anche cinquanta al giorno chiedendo tre quattro barzellette alla volta: mi ricordo bene di Enrico Brignano, di Sergio Friscia mentre con Stefano Masciarelli, che aveva una società di vigilanza nei nostri studi, dovetti insistere per fargli un provino. Lo stesso mi capitò con Gaia De Laurentiis: Gregorio Paolini mi chiese “un buon primo piano” ma lei si rifiutava di ascoltarmi perché voleva fare teatro. ‘Gaia fidati’, le dissi stremata. Lei si fidò della mia intuizione e Target fu un successo.
Altre intuizioni?
Sul lungo periodo direi che ci ho preso sia su Marco Liorni che su Massimiliano Ossini, che oggi hanno finalmente ciò che meritano. La Rai ha capito di dover spazio a personaggi nuovi, Mediaset invece non li ha coltivati e oggi ha pochi volti freschi da far crescere. Questo mi spiace molto.
Il provino indimenticabile?
Mentre gli facevo delle domande, un tizio cominciò a corteggiarmi, prima in maniera soft poi mi guardò e mi disse: ‘Mi piacciono molto le signore più grandi di me’.
Come ne uscì?
Diventai di ghiaccio e gli dissi: ‘Qual è prossimo viaggio che vuole fare?’. Lo avrei mandato a quel paese. Il provino con me andò male ma lui è comunque diventato un personaggio molto molto famoso di cui ovviamente farò mai il nome.
Nel 2007 lasciò Mediaset. Si è scritto e fantasticato molto su questa scelta: perché lo fece?
Semplicemente perché non avevo più stimoli, non c’era più creatività e lasciai. Ogni produzione esterna aveva il suo casting e il mio ufficio, per com’era impostato, non aveva più senso: le persone ormai arrivavano nei programmi tramite i reality oppure le decisioni mi passavano sopra la testa da altri dirigenti. Quando andai via, dissi a Berlusconi: ‘Mi spiace ma voglio essere libera e indipendente’. Non era un problema economico, ma di ruolo: capii che era finito il mio momento in Mediaset.
E cosa accadde?
Aprii una web tv che ho avuto per cinque anni, ho scritto per Cairo editore il manuale Come nasce una star, ho fatto la giurata di Vuoi ballare con me con Lorella Cuccarini, su Sky, la giuria tecnica per alcuni anni a Miss Italia e altre cose. Ma non ho mai pensato di fare il grande salto dall’altra parte della telecamera.
Chi ha preso il suo posto negli anni?
Nessuno. So che oggi il mio vecchio ufficio si occupa di figuranti e un po’ mi dispiace: all’epoca i talenti li scovavamo praticamente a chilometro zero.
Lei è stata una donna di potere?
No, assolutamente, no. Il mio unico potere era quello di promuovere, bocciare, selezionare, proporre, mettere in connessione mondi: ma l’ultima parola per l’inserimento in uno show non era mai mia.
Si dice che “la riconoscenza è il sentimento della vigilia”. I talenti che ha scoperto sono stati riconoscenti con lei?
Non ne ho mai sentito la necessità, sono sincera. A distanza di anni con molti artisti è rimasto l’affetto, con pochissimi amicizia. Sono stata solo una “traghettatrice”, ho saputo in pochi minuti scorgere un talento e in qualche caso forse un mio sì ha cambiato la vita a qualcuno di loro: mi basta sapere questo, la riconoscenza non m’interessa.