Alle 16.58 del 19 luglio di trent’anni fa un boato scuote Palermo e l’Italia intera. In una via D’Amelio distrutta e trasformata in uno scenario guerra, perdono la vita sei persone. Il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche la prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e il capo scorta Agostino Catalano.

“Questi nomi stanno ormai cadendo nel dimenticatoio: durante gli anniversari si ricordano i giudici Falcone e Borsellino e, genericamente, quei ‘ragazzi della scorta’, quasi senza nome e cognome. Non possiamo dimenticare le loro figure e i loro esempi”. Lo dice al fattoquotidiano.it Roberta Canestro, nipote di Agostino Catalano e impegnata nel tenere viva la memoria dello zio e dei suoi colleghi. “Noi la giustizia non l’abbiamo avuta, non ci sono risposte ancora oggi, quindi almeno bisogna fare in modo che il loro sacrificio serva a qualcosa”, racconta Roberta che ha dato vita all’associazione “I parchi di Agostino” con l’obiettivo di recuperare delle zone degradate e degli angoli di città: luoghi dove sarà presente una targa (con dei codici Qr) per ricordare e raccontare la storia di Agostino e dei suoi colleghi.


“A noi interessa riuscire a coinvolgere tanti Comuni di tutta Italia per creare un grande parco diffuso che serva a raccontare la loro storia, perché è una vicenda che non riguarda solo i siciliani ma riguarda tutti noi”, spiega Roberta Canestro. Memoria che deve passare attraverso “il fare attivo”, coinvolgendo i ragazzi del quartiere e le scolaresche: “I valori della legalità e della giustizia si stanno affievolendo ed è necessario dare una lezione di educazione civica ai ragazzi tramite queste figure. I giovani devo essere consapevoli che nella vita si può scegliere, possono scegliere se seguire la strada del bene o quella del male. E per questo – aggiunge – è fondamentale che conoscano dei veri esempi di legalità”. Un altro obiettivo dell’associazione, infatti, è anche quello di istituire delle borse di studio, in memoria di Agostino Catalano, destinate agli studenti meritevoli meno abbienti, per fornire loro una speranza e la possibilità di un futuro migliore.


Agostino Catalano era il capo scorta di Borsellino: il 19 luglio, per la verità, doveva essere in ferie. Ma era stato richiamato in servizio perché mancava gente esperta al servizio Scorte. Quando è saltato in aria in via d’Amelio aveva soltanto 43 anni, ma era il poliziotto più anziano della scorta di Borsellino. “Li aveva compiuti da poco ed era il più anziano del gruppo, gli altri erano molto più giovani. Quando mi capita di parlare nei licei con i ragazzi a loro ricordo come quegli agenti erano poco più grandi di loro ma hanno fatto un’importante scelta di vita”, racconta la nipote. Agostino è entrato in polizia a 18 anni ma ha cambiato lavoro nel 1970. Otto anni dopo, però, a seguito del sequestro di Aldo Moro, spinto dal senso di giustizia e legalità, è tornato nuovamente a indossare la divisa e dal 1984 ha iniziato a svolgere servizio di scorta. Nel maggio del 1992 Agostino, è stato tra coloro che portarono sulla spalla il feretro dei colleghi morti con Giovanni Falcone a Capaci, con la consapevolezza che i mesi a venire avrebbero potuto essere gli ultimi della sua vita. “Mio zio è andato consapevolmente incontro alla morte, certamente non voleva morire ma lui e i suoi colleghi sapevano di correre questo rischio”, racconta Roberta Canestro: “E non si sono tirati indietro. Non è giusto che, alla fine, non si debba dare atto di questo e fare cadere le loro figure nel dimenticatoio. Il loro sacrificio non deve essere vano ma deve servire a qualcosa: soprattuto essere un esempio per i giovani”. Un sacrificio che l’associazione vuole raccontare ogni giorno, non solo il 19 luglio. È per questo motivo che “i Parchi di Agostino” oggi fa appello ai sindaci di tutta Italia per portare avanti insieme il progetto della memoria diffusa tramite il recupero di alcune aree delle città.

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