Ivan Bakanov, amico di lunga data del premier ucraino, perde il posto per "mancato svolgimento dei compiti di servizio". Con un altro decreto, inoltre, Zelensky ha rimosso Iryna Venediktova dalla carica di procuratore generale e ha affidato le funzioni di procuratore al vice procuratore generale Oleksiy Symonenko. Da Bruxelles arriva l'accordo su una nuova tranche di aiuti: 500 milioni per Kiev
“Ho deciso di rimuovere il procuratore generale dal suo incarico e il capo del Servizio di sicurezza dell’Ucraina dalle sue funzioni”. Lo fa sapere il premier ucraino Volodymyr Zelensky secondo quanto riporta Ukrinform. Si riferisce a Ivan Bakanov. L’alto agente di sicurezza perde il posto in conformità con “l’articolo 47 dello statuto disciplinare delle forze armate ucraine”, che parla di “mancato svolgimento dei compiti di servizio, che hanno portato a vittime umane o altre gravi conseguenze, o creato una minaccia. Da tempo si sospettava che si sarebbe arrivati a questo punto: “Ad oggi, sono stati registrati 651 procedimenti penali riguardanti alto tradimento e attività di collaborazione di dipendenti di procure, e altri organi”, ha affermato in serata in un discorso video Zelensky, precisando che “in 198 procedimenti penali, le persone interessate sono state accusate”. In particolare, più di 60 dipendenti della Procura e del servizio di sicurezza Sbu sono rimasti nel territorio occupato e stanno lavorando contro il nostro Paese, ha osservato Zelensky. “Una tale serie di crimini contro le fondamenta della sicurezza nazionale del Paese e i collegamenti che sono stati scoperti tra i dipendenti delle agenzie di sicurezza dell’Ucraina e i servizi speciali della Russia sollevano questioni molto serie per i leader interessati. Ognuna di queste domande vedrà una risposta adeguata”, ha concluso il presidente. Con un altro decreto Zelensky ha rimosso Iryna Venediktova dalla carica di procuratore generale e ha affidato le funzioni di procuratore al vice procuratore generale Oleksiy Symonenko. I sospetti del premier sono iniziati mesi fa, a inizio marzo, quando i russi sono riusciti a prendere la città di Kherson, in Ucraina meridionale. Un colpo che Mosca non avrebbe potuto mettere a segno se il ponte che si trova sul fiume che nasce dall’altopiano del Valdaj, nella Russia Occidentale, fosse stato fatto saltare in aria. Cosa che non è successa, nonostante gli ordini dello stesso Zelensky. Fra i nomi ritenuti responsabili di questa scelta compare proprio lo stesso Baknov, capo dello Sbu e amico di lunga data del leader ucraino, di cui in passato ha gestito anche la campagna elettorale.
Si riaccende nel frattempo il riflettore sul rapporto fra Mosca e l’Iran: stando a quanto riferito dal Cremlino i due Paesi potrebbero siglare un accordo di partnership. Una stretta al loro legame era stato sottolineato già nei giorni scorsi dalla Casa Bianca, secondo la quale Teheran è disponibile a fornire centinaia di droni alla Russia per permetterle di proseguire l’invasione. “Il nostro ministro degli Esteri, Lavrov, era a Teheran un mese fa. Ha parlato con il suo omologo. Abbiamo consegnato il testo di questo accordo globale all’Iran a metà giugno”, ha detto il portavoce del Cremlino Peskov in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa russa Interfax. “Ci auguriamo che, dopo aver apportato e concordato alcuni aggiustamenti, tenendo conto dell’opinione della parte iraniana, potremo essere pronti per firmarlo abbastanza presto, nel prossimo futuro”, ha detto ancora Peskov. Ha parlato anche Vladimir Putin, nel corso del Consiglio per lo sviluppo strategico: ha sottolineato che Mosca supererà i “colossali” problemi tecnologici causati dalle sanzioni: “Questa è una grande sfida per il nostro Paese. Rendendoci conto della colossale quantità di difficoltà che stiamo affrontando, cercheremo nuove soluzioni in modo energico”. E ha dichiarato che il Paese sta affrontando un blocco “quasi totale” dell’accesso alle tecnologie occidentali. “La Russia è stata bersaglio di pesanti sanzioni occidentali e molte aziende straniere si sono ritirate dal Paese in risposta all’assalto militare all’Ucraina. Citando una “sfida enorme”, ha invitato a fare buon uso delle tecnologie russe esistenti e a sviluppare “nuove imprese nazionali innovative”. Dopo l’offensiva in Ucraina, infatti, i giganti della tecnologia (Microsoft, Apple, Google, Adobe, Cisco) hanno lasciato la Russia o sospeso almeno una parte delle loro operazioni, lasciando i consumatori, le imprese, le amministrazioni e gli utenti russi senza un’alternativa. Anche i fornitori occidentali hanno smesso di fornire assistenza tecnica ai loro clienti russi. Questo vale per beni come i telefoni e i computer Apple, i sistemi di telecomunicazione Cisco, i mercati delle applicazioni mobili e i sistemi operativi come Windows. “La Russia non può svilupparsi isolata dal resto del mondo“, ha detto Putin, ripreso dall’agenzia di stampa statale russa Tass. “E non lo faremo. È impossibile nel mondo di oggi emettere un decreto ed erigere un enorme recinto. È semplicemente impossibile”. E a proposito di tecnologia: un tribunale russo ha giudicato colpevole Google LLC di un reato amministrativo, per aver ripetutamente mancato di limitare l’accesso a materiale contenente informazioni bandite in Russia e ha quindi imposto alla società una multa pari al 10% delle entrate annuali per Google in Russia. Lo riferisce Interfax. La somma è di circa 21,7 miliardi di rubli, calcolata a circa 360 milioni di dollari.
Nel frattempo qualcosa si muove sul fronte diplomatico, la ministra degli Esteri britannica Liz Truss si è detta pronta a incontrare il presidente russo Vladimir Putin in occasione del G20. Rispondendo a una domanda circa la sua disponibilità a sedersi accanto al presidente russo durante il vertice, la candidata alla premiership britannica ha risposto che avrebbe “chiamato fuori Putin” perché “è importante che il mondo libero affronti la Russia”. Nel corso di un dibattito televisivo insieme agli altri candidati a succedere a Boris Johnson, Truss si è anche detta “pronta ad affrontare Sergei Lavrov”, il ministro degli Esteri russo, oltre che a “parlare direttamente con Putin”. L’intelligence del Regno Unito fornisce inoltre il proprio rapporto odierno sul conflitto: emerge che Mosca sta utilizzando gli uomini della compagnia militare privata Wagner per rafforzare le linee del fronte in Ucraina. “La Russia ha utilizzato la compagnia militare privata Wagner per rafforzare le sue forze in prima linea e per mitigare la carenza di uomini e le vittime”, si legge nel testo diffuso dal ministero della Difesa di Londra. “Wagner ha quasi certamente svolto un ruolo centrale nei recenti combattimenti, tra cui la cattura di Popasna e Lysyschansk. Questo combattimento ha inflitto pesanti perdite al gruppo” militare privato, ha aggiunto l’intelligence.
Inoltre, secondo Londra la “Wagner sta abbassando gli standard di reclutamento, assumendo detenuti e individui precedentemente inseriti nella lista nera”, sottolineando che “per le nuove reclute è prevista una formazione molto limitata”. Arriva un commento anche dalla Cina, che (dice) non è coinvolta nella crisi ucraina ma non resterà a guardare. Parola del ministro degli Esteri cinese Wang Yi: in un colloquio telefonico con il capo della diplomazia ungherese Peter Szijjarto ha chiarito che Pechino non è ”indifferente” rispetto al conflitto scatenato il 24 febbraio dalla Russia. “La Cina non è parte della crisi ucraina, ma non saremo spettatori indifferenti e, inoltre, non aggiungeremo benzina sul fuoco. Siamo sempre stati irremovibili e coerenti nell’incoraggiare la pace e i negoziati”, ha spiegato il ministro degli Esteri di Pechino. Da Bruxelles, l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue Josep Borrell è tornato sull’emergenza alimentare causata dallo stop al grano: “Ho la speranza che questa settimana sarà possibile raggiungere un accordo per sbloccare il porto di Odessa e gli altri porti ucraini” per le esportazioni di cereali ucraini. “La vita oltre di decine di migliaia di persone dipende da questo accordo, quindi non è un gioco diplomatico, è una questione di vita e di morte per molti esseri umani”. Il Consiglio ha raggiunto l’accordo su una nuova tranche – da 500 milioni di euro – di aiuti all’esercito ucraino nell’ambito del fondo European Peace Facility “L’Europa continua ad impegnarsi per la pace e la difesa dei nostri valori. Accolgo con favore l’accordo politico sulla quinta tranche a favore dell’Ucraina nell’ambito dell’European Peace Facility. Il sostegno dell’Ue alle Forze armate ucraine ammonta ora a 2,5 miliardi di euro. L’Europa è al fianco dell’Ucraina”, scrive in un tweet il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel.
È stata rilasciata inoltre dopo poche ore di detenzione la giornalista russa Marina Ovsiannikova, divenuta famosa per aver esibito in televisione durante un telegiornale un cartello contro la guerra in Ucraina e arrestata ieri per aver protestato di nuovo contro l’invasione. “Va tutto bene”, ha dichiarato la giornalista su Facebook durante la notte. “Ormai ho capito che è meglio uscire di casa con il mio passaporto e una borsa. L’avvocato della giornalista – Dmitri Zakhvatov, che perse il lavoro dopo l’exploit televisivo – ha confermato il rilascio, aggiungendo che il fermo era dovuto al sospetto che stesse screditando le forze armate russe. Zakhvatov ha precisato che la sua cliente è stata arrestata mentre protestava davanti a un tribunale di Mosca, prendendo la parola contro la detenzione dell’oppositore Ilya Yashin, in carcere per aver condannato la guerra in Ukraina. Yashin è stato arrestato grazie alla recente legge-bavaglio che prevede pene fino a 15 anni di carcere per chi getta discredito sulle forze armate russe e proibisce di chiamare la “operazione militare speciale” in Ucraina – secondo la definizione del Cremlino – “guerra” o “invasione”.
Finora, ha spiegato l’avvocato Zakhvatov, non risulta esserci un’inchiesta penale nei confronti della giornalista. Ma il suo arresto davanti al tribunale è arrivato qualche giorno dopo che aveva protestato da sola nei pressi del Cremlino con un cartello che criticava l’intervento in Ucraina voluto da Vladimir Putin. Non si ferma il fuoco sul campo: sei persone sono morte oggi, 18 luglio, in un bombardamento russo di un palazzo di due piani a Toretsk, nella regione del Donetsk, nell’Ucraina orientale. Lo ha riferito il Servizio per l’emergenza statale ucraino sulla propria pagina Facebook, precisando che i soccorritori hanno trovato sul posto i cadaveri di cinque persone e ne hanno tratte in salvo due. La sesta vittima è deceduta più tardi in ospedale.