A FqMagazine uno degli autori più amati del momento. Ha co-scritto brani di successo come “Malibu”, 7 volte dischi di platino. Ha iniziato a 9 anni a cantare, a 16 anni ha lasciato il canto per dedicarsi alla scrittura. Una scelta drastica, poi risultata vincente
Rkomi, Sangiovanni, Noemi, Gaia, Alfa, Annalisa, Margherita Vicario, Aka 7even, sono solo alcuni dei nomi della musica italiana con i quali l’autore Alessandro La Cava ha collaborato. Il golden boy degli autori italiani è stato incoronato – non a caso – da Spotify come “Radar Songwriters”. Un programma che ha l’obiettivo di aiutare e supportare gli autori emergenti. La prima autrice al mondo a farne parte è stata la svedese Natali Noor, seguita adesso da Alessandro. “Sin dal 2020 con il primo lancio di Radar, Spotify si è posta l’obiettivo di supportare gli artisti emergenti in tutte le fasi della loro carriera – ha spiegato a FqMagazine Melanie Parejo, Head of Music per il Sud Europa Spotify -. È ciò che è accaduto nel 2020, anno in cui la prima edizione di Radar aveva visto come protagonisti Blanco, Ariete, Rondo da Sosa (balzato recentemente alle cronache per aver dato un pugno ad un fan, ndr) e nel 2021 con Rhove, Epoque, Big Mama, per citarne alcuni”. Così Radar ha imboccato nuove strade come Radar Songwriters, insieme ad Alessandro La Cava. In Italia c’è un panorama di autori di talento davvero ampio e ricco di personalità diverse che hanno solo bisogno di essere scoperti e accompagnati”.
Nel 2022 Alessandro La Cava è stato in gara, come autore, al Festival di Sanremo 2022 con i brani “Farfalle” di Sangiovanni, “Insuperabile” di Rkomi, “Ti amo non lo so dire” di Noemi e “Virale” di Matteo Romano. Tra le canzoni di successo che La Cava ha co-scritto c’è “Malibu”, ad oggi 7 volte disco di platino. Ventidue anni, un passato da cantante, schivo, riservato, non ama parlare di sé alla stampa, preferisce lavorare sodo in studio. FqMagazine è riuscito a intercettarlo per capire chi si nasconde dietro tutti questi successi.
Sei il primo autore italiano di Spotify Radar Songwriters, te l’aspettavi?
Non ero a conoscenza del progetto, ma quando l’ho scoperto ero euforico all’idea e molto orgoglioso per questa iniziativa che dà risalto al ruolo del songwriters. Una cosa molto bella, mi fa piacere anche essere il primo italiano.
Hai partecipato a tre edizioni di Io Canto dai 9 ai 12 anni. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?
Per me ‘Io Canto’ è stato un capitolo molto importante della mia vita perché mi ha dato la possibilità, dalla tenera età, di avere un approccio professionale alla musica e mi ha dato un imprinting che mi è stato d’aiuto successivamente.
La svolta avviene con la vittoria del Premio Mogol a Io Canto. Come hai capito che avresti voluto fare l’autore?
Avevo 12 anni. Ho vinto il Premio Mogol, alla terza edizione di Io Canto, per il corso di interpretazione al CET (Centro Europeo di Toscolano). Avrei potuto andare solo al compimento dei 16 anni.
E cosa è successo?
Ho chiesto di spostarmi al corso di autore di testi. Avevo già capito che scrivere sarebbe stata la mia vita. A 12 anni avevo scritto la mia prima canzone da lì ho sempre coltivato il desiderio di creare qualcosa di originale e personale. Quando ne ho preso consapevolezza è stata rivelazione. Ero il più piccolo della classe. È stata una esperienza molto formativa.
Quando è arrivato il momento di abbandonare il canto per la scrittura?
Volevo entrare in empatia con l’ascoltatore. Una formula che mi stimola e mi diverte ancora oggi. Dopo aver fatto il musical ‘Tutti insieme appassionatamente’, ho tracciato una linea e ho cercato di analizzare dove potevo fare del bene e dove potevo essere ancora più a fuoco, concentrandomi in un’unica direzione. Avevo 16 anni.
Quando ti sei sentito pronto per il grande passo?
Inizialmente scrivevo per me stesso perché non avevo ancora maturità per scrivere per gli altri. Nel 2018 ho deciso di far cantare ad altri le idee che avevo in testa. Vedevo che su altri cantanti queste idee si realizzavano meglio. Così ho deciso di fare un passo indietro sulla mia carriera di cantante.
Ti sei pentito, ti manca cantare?
So che molti non riescono, ma il passo indietro l’ho fatto senza tentennamenti. Essere un autore mi fa stare molto sereno, vivo solo di musica 24 ore su 24 e mi diverto. Incontro tanti artisti, propongo loro tante cose. Ormai è il mio pane quotidiano.
Qual è l’obiettivo di una buona canzone pop?
Comunicare a più gente possibile, al 98% della popolazione.
Quando una canzone ha successo?
Quando una bellissima melodia e armonia ti colpiscono al primo ascolto. Se queste sono potenti, il testo inizialmente viene in secondo piano. La scintilla, al primo ascolto, si concentra sui primi 30 secondi di un brano. Anzi ti dico di più, nei primi 15 secondi.
Per questo “Fai rumore”, “Zitti e buoni” e “Brividi” hanno vinto Sanremo?
Sanremo è un contesto totalmente diverso.
In che senso?
Hai una platea enorme, davanti alla quale puoi proporre il brano anche 4 volte. Non è scontato, è una cosa molto importante. Un ascolto ripetuto più volte più aiutare al pubblico ad entrare in empatia con la canzone.
I tuoi testi nascono dai tuoi tormenti interiori o sei un ottimo ascoltatore delle storie degli altri?
Mi ritengo un ottimo ascoltatore, mi interfaccio sempre con gli altri, con chi ascolta canzoni, loro sono la verità. Per un buon testo sono importanti entrambe le dimensioni, sia quella privata che non. Se un autore è molto sereno e ha una vita, non dico perfetta, ma soddisfacente perché segue le proprie passioni, allora questa energia si riversa anche nel lavoro che fa.
La società influenza la scrittura di un autore?
Dipende dalle fasi. Ci sono stati momenti in cui sicuramente la società ha influenzato la scrittura di alcuni autori che hanno anche aggiunto degli elementi di background personale. A questi cicli si sono alternati momenti in cui la leggerezza della comunicazione è stata messa al centro.
Come sta accadendo in questo momento? “La dolce vita” di Fedez e altre canzoni si riallacciano al mondo degli Anni 60, non a caso?
Indiscutibilmente siamo in un momento in cui il pubblico ha bisogno di leggerezza e di sognare. È sotto gli occhi di tutti. In tre minuti una canzone può rallegrare un momento, strappare una risata di un amico, ci permette di sfogarci, cantando a squarciagola. Per questo, brani come ‘La dolce vita’, fanno breccia nel cuore delle persone. Noi italiani quando arriva l’estate e soprattuto ad agosto abbiamo l’abitudine di “staccare” da tutto il resto. Un obiettivo primario per cercare di vivere più serenamente possibile e poi affrontare inverno.
C’è ancora un artista con cui vorresti collaborare?
So che è strano dirlo, ma ho lavorato esattamente con gli artisti con cui sognavo di collaborare. Sono felice di aver incontrato persone con le quali lasciare un segno, scrivere, comunicare attimi di vita delle persone. Suscitare in loro qualcosa e far scoccare la scintilla.
Com’è nata “Malibu”?
Per gioco. È un brano in cui non c’era nessuna sovrastruttura né pensiero. Sangiovanni ed io volevamo divertirci con una canzone e così è stato.
Della tua arte hai fatto il tuo guadagno. Ti sei tolto qualche sfizio personale?
(Ride, ndr) Non sono molto attaccato al denaro. Provengo da una famiglia umile che ha messo al centro altri valori. Se c’è una cosa che voglio sicuramente fare col guadagno è cercare di vivere sereno. Non chiedo altro.
A Sanremo 2022 eri presente con 4 brani. Punti al bis nel 2023?
Ci stiamo lavorando su. Ci sono tante canzoni da scrivere e mille work in progress. Non ho ancora certezze. Sono sicuro però che Amadeus continuerà ad alimentare il bel cambiamento musicale a cui abbiamo assistito in questi anni.
Sei romanista?
Sì.
Come hai vissuto il divorzio tra Totti e Ilary Blasi?
Per me erano una coppia formidabile come lo sono stati Angelina Jolie e Brad Pitt! È un pezzo di immaginario che si è rotto, un pezzo di infanzia che se n’è andato via. Avranno fatto la scelta più giusta, non possiamo giudicare né sindacare nulla.