Il nuovo ministro dell’Ambiente australiano Tanya Plibersek, lo ha definito “scioccante”. Lo scorso martedì è stato pubblicato il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2021, un’analisi condotta ogni cinque anni dal governo laburista australiano e che ha fatto una fotografia della situazione ambientale del Paese. Quello del 2021 era stato ricevuto dal precedente governo di coalizione ma non era stato pubblicato, in vista della tornata elettorale del 2022, perché avrebbe potuto gettare ombre sull’operato dell’esecutivo. Una sorta di insabbiamento, insomma. Il rapporto in effetti è impietoso e parla di più di 100 specie di mammiferi dichiarate estinte, oltre a otto specie di farfalle. Una delle cause principali di questo fenomeno è la distruzione dell’habitat naturale. Quasi la metà del Paese, infatti, è utilizzata per il pascolo di ovini e bovini e circa 6,1 milioni di ettari di foresta sono stati cancellati dal 1990 a oggi anche per questo motivo. A causa della deforestazione, l’Australia ha registrato la terza più grande riserva di carbonio organico nel suolo, dietro solo a Cina e Stati Uniti. Molti dei cambiamenti peggiori si sono verificati negli ultimi cinque anni. 202 specie animali e vegetali sono state dichiarate minacciate, mentre attualmente in Australia sono presenti più specie vegetali straniere che autoctone. Anche per quanto riguarda le specie per le quali è prevista un’assistenza specifica sono stati registrati scarsi miglioramenti e si prevede che la situazione peggiorerà. I numerosi incendi che hanno devastato il Paese, inoltre, hanno ucciso e fatto fuggire centinaia di animali.
Anche il cambiamento climatico ci ha messo del suo. L’acidificazione degli oceani, fenomeno che consiste nell’aumento dell’acidità delle acque dovuto all’assorbimento di anidride carbonica – la cui presenza si sta intensificando a causa delle sempre maggiori emissioni di Co2 prodotte dalle attività degli esseri umani – sta raggiungendo livelli mai avuti. La minaccia più grande è alla Grande barriera corallina, che ha subito uno sbiancamento massiccio dal 2017 ad oggi. Dati sconcertanti anche per l’innalzamento del livello del mare, che minaccia il Parco nazionale di Kakadu, dichiarato nel 1981 patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Il rapporto presta particolare attenzione anche al rischio che corre il patrimonio indigeno, a causa di interventi estremi sul territorio e degli effetti del cambiamento climatico. Il rapporto, che per la prima volta include una redattrice indigena, Terri Janke, ha rilevato, infatti, che il patrimonio indigeno continua a essere distrutto. Basti pensare alla Gola di Juukan, complesso di grotte scavate nella roccia sacre agli aborigeni che sono state completamente distrutte nel 2020 dal gigante minerario Rio Tinto per estrarre minerale di ferro per il quale l’amministratore delegato, Chris Salisbury ha chiesto scusa. Questi dati che hanno suscitato grande scalpore in tutto il Paese, hanno rafforzato la tendenza ambientalista degli elettori australiani, mentre gli stessi programmi elettorali dei politici hanno posto all’apice delle priorità la questione dei cambiamenti climatici. Come riportato da Al Jazeera, un numero record di candidati dei Verdi, infatti, è stato eletto nelle ultime elezioni sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato.