Una protesta silenziosa: gli esponenti delle Agende rosse – il movimento creato da Salvatore Borsellino – che contestano il sindaco di Palermo, in via d’Amelio. Nel capoluogo siciliano i veleni e le polemiche dell’ultima campagna elettorale non si sono ancora dissolti. Anzi risaltano ancora di più nel giorno del trentesimo anniversario della strage di via d’Amelio: il 19 luglio del 1992 un’autobomba uccise il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina e Agostino Catalano. Trent’anni dopo l’omicidio di Borsellino è un caso ancora aperto. Sulla strage di via d’Amelio, infatti, sono molteplici i punti che rimangono oscuri. Solo pochi giorni fa la sentenza sul depistaggio ha decretato la prescrizione per due poliziotti imputati, assolvendo il terzo.
La richiesta delle agende rosse – E visto che dopo tre decadi su Borsellino le domande senza risposta sono ancora numerose, nei giorni scorsi Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, aveva chiesto “silenzio, silenzio alle passerelle, silenzio alla politica”. Un’accusa a politica e istituzioni, rei di essersi occupati in questi anni solo di cerimonie senza perseguire fino in fondo la ricerca della verità sulle stragi. Il fondatore del movimento Agende Rosse, che di solito organizza la manifestazione di ricordo in via d’Amelio, quest’anno ha spiegato che sul luogo della strage non ci sarà alcun evento ma solo una pedana dalla quale il silenzio verrà rotto solo dalle note di violoncello.
La presenza di Lagalla – Una richiesta esplicita che ha creato qualche polemica quando in via d’Amelio è arrivato Roberto Lagalla, neo sindaco di Palermo. “Non mi sento nè di criticare nè di dissociarmi dalle parole di Salvatore Borsellino. Nessuno di noi intende fare passerelle e credo che ognuno di noi debba rispondere quotidianamente con il proprio lavoro e il proprio impegno”, ha detto il primo cittadino arrivando in via d’Amelio. Al suo arrivo esponenti delle Agende rosse lo hanno contestato silenziosamente, circondando l’albero piantato sul luogo in cui è stato ucciso Borsellino, e alzando in aria le agende rosse: sono rimasti così fino a quando Lagalla non è andato via. “Abbiamo deciso di proteggere pacificamente l’albero della pace e la memoria delle persone che rappresenta quest’albero dalla passerella istituzionale di un sindaco che ha accettato di buon grado l’appoggio di due condannati per fatti di mafia come Cuffaro e Dell’Utri”, dice Angelo Garavaglia Fragetta, uno dei fondatori delle agende rosse. L’appoggio a Lagalla dell’ex governatore, condannato per favoreggiamento a Cosa nostra, e l’endorsement dell’ex senatore che ha scontato una pena per concorso esterno. In via d’Amelio è arrivato pure Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione: Non sto facendo una passerella. Sono venuto qua per i miei ragazzi. Col Centro studi Borsellino lavoriamo insieme tutto l’anno e tutto l’anno vuol dire 365 giorni non una passerella e via”. Una polemica subito smorzata anche grazie al magistrato Vittorio Teresi, presidente del centro studi Borsellino: “L’invito al ministro Bianchi è un atto di riconoscimento al grande contributo dato dal Ministero all’organizzazione del 19 luglio e alla vita del Centro Studi durante tutto l’anno”.
Il messaggio di Mattarella – Nella giornata del trentennale, un messaggio alla famiglia di Paolo Borsellino è stato inviato dal presidente della Repubblica. Sergio Mattarella spiega che il ricordo del giudice ucciso “impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente”. Il capo dello Stato ha poi rinnovato “ai suoi figli e ai familiari degli agenti caduti, i sentimenti di gratitudine e di vicinanza dell’intero Paese”. Tra le note istituzionali arrivate nel giorno dell’anniversario della strage, anche quella di Mario Draghi. “Nel celebrare il lavoro di Borsellino, il suo coraggio, il suo senso del dovere e dello Stato, dobbiamo continuare nella ricerca della verità sullo stragismo mafioso e intensificare il nostro impegno contro le mafie. È il modo migliore per commemorare chi ha perso la vita al servizio dell’Italia, per mostrare concreta vicinanza ai loro cari”, scrive il premier nella sua nota. “Nel ricordare oggi Paolo Borsellino, il suo straordinario esempio di uomo e di magistrato, il suo sacrificio torniamo a chiedere la verità piena sulla sua morte e sulla morte dei suoi agenti di scorta”, è il messaggio di Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci.
Grasso: “Non tutti hanno dato contributo alla verità” – A pochi giorni dalla sentenza sui poliziotti, però, a tenere banco è soprattutto il depistaggio. Giovanni Melillo, neo procuratore nazionale antimafia, ha chiesto pubblicamente scusa ai familiari del giudice e degli agenti uccisi in merito ai depistaggi. “A prescindere dalle responsabilità dei singoli, che si possono valutare soltanto nelle sedi istituzionali – dice Melillo intervistato dal Corriere della Sera – per la responsabilità della mia funzione non posso che chiedere pubblicamente scusa per tutte le omissioni e gli errori, ma anche per le superficialità e persino le vanità che hanno ostacolato la ricerca della verità sulla strage”. Secondo il capo della polizia, Lamberto Giannini, ci sono ancora possibilità di fare luce sul depistaggio: “Per esperienza posso dire che in passato si sono riscritte delle pagine, anche a distanza di tempo. Magari si trova un elemento nuovo. Ritengo che con il serio lavoro degli investigatori sia possibile Ancora ottenere risultati”. Secondo l’ex magistrato Piero Grasso, invece, “alcune verità sono conservate nella Memoria che non hanno mai dato il loro Contributo alla giustizia. Speriamo che, finché saranno vive, possano fare chiarezza in questa storia. Perché è una storia che non può finire così”.