A raccontarne i dettagli, nel corso di un webinar, Domenico Gaudioso, esperto del Gruppo intergovernativo sul Cambiamento climatico (IPCC) e autore dello studio insieme all’ufficio italiano del Greenhouse Gas Management Institute
L’Italia è al primo posto tra i Paesi con i maggiori costi sanitari derivanti dall’uso del gas naturale negli impianti termoelettrici: si parla di 2,17 miliardi di euro su 8,7 miliardi di euro sborsati dai 27 Stati Ue più il Regno Unito. Ma il gas naturale, sempre più protagonista del dibattito sulle strategie di transizione energetica e di decarbonizzazione, è prevalentemente costituito da metano, un potentissimo gas serra. Un legame evidenziato nel report ‘Le emissioni di metano in Italia’, commissionato dal Wwf Italia al Greenhouse Gas Management Institute. A raccontarne i dettagli, nel corso di un webinar, Domenico Gaudioso, esperto del Gruppo intergovernativo sul Cambiamento climatico (IPCC) e autore dello studio insieme all’ufficio italiano del Greenhouse Gas Management Institute.
Le emissioni del metano in Italia – Secondo le stime dell’Ispra, nel 2019, le emissioni di metano dell’Italia sono state pari a circa 1700 migliaia di tonnellate, il 12,9% in meno del valore registrato nel 1990: i settori che forniscono il contributo più rilevante sono l’agricoltura con il 44,2%, la gestione dei rifiuti con il 37,9% e l’energia con il 17,9%, di cui la maggior parte è rappresentato dalle ‘emissioni fuggitive’. “Tra il 2000 e il 2019 l’Italia – spiega Gaudioso – è stata, tra i Paesi europei, il quarto per riduzione delle emissioni di CO2, ma per le emissioni di metano le azioni sono state molto meno efficaci e nella graduatoria risulta solo 18esima”. Il problema, però, è quanto avverrà in futuro. “Siamo molto preoccupati in questo momento rispetto al gas” spiega Maria Grazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf. Che aggiunge: “Prevediamo nei vari decreti contratti per i rigassificatori fino al 2043, questo è un modo di prevedere il nostro futuro energetico molto discordante con gli impegni che abbiamo preso”.
I rischi legati al metano – Secondo gas-serra di origine antropica, il più abbondante dopo l’anidride carbonica, il metano rappresenta circa il 20% delle emissioni globali. Le sue concentrazioni atmosferiche sono aumentate del 47% dall’epoca preindustriale ad oggi e raggiungono attualmente i livelli più elevati degli ultimi 800mila anni. D’altro canto, se il consumo di gas naturale rappresenta oggi circa un quarto della produzione mondiale di elettricità, le previsioni di crescita o diminuzione del suo utilizzo sono imprevedibili per i prossimi anni. “Sebbene il metano sia molto meno abbondante nell’atmosfera rispetto alla CO2 – ricorda lo studio – assorbe però la radiazione infrarossa termica in modo molto più efficiente e, di conseguenza, ha un potenziale di riscaldamento globale circa 80 volte più forte per unità di massa della CO2 su una scala temporale di 20 anni e circa 30 volte più potente su una scala temporale di 100 anni. “Il metano contribuisce anche alla produzione di ozono troposferico – spiega il report – un inquinante che danneggia la salute umana, la produzione di cibo e gli ecosistemi, con conseguenze particolarmente significative per il nostro Paese sia in termini di pressione ospedaliera che di perdite totali e relative di alcuni raccolti”. Ma nel solo 2019, nell’area oggetto dello studio, quindi in 28 Paesi, sono dipesi dall’uso di energia prodotta da gas 2.864 morti premature, oltre 15mila casi di impatti respiratori sugli adulti e sui bambini, oltre 4.100 ricoveri ospedalieri e più di 5 milioni di giorni lavorativi perduti a causa di malattie.
Le riduzioni avrebbero un effetto più rapido rispetto a quelle della CO2 – Ma se il metano è un gas-serra più potente dell’anidride carbonica, è pur vero che ha vita media in atmosfera più breve. Dunque, sottolinea il report, il raggiungimento di riduzioni significative avrebbe un effetto rapido ed efficace sul potenziale di riscaldamento atmosferico. “La riduzione delle emissioni di metano è uno dei modi migliori per limitare il riscaldamento del clima” spiega il climatologo del Consiglio Nazionale delle Ricerche Sandro Fuzzi, ricordando che “il tempo della permanenza nell’atmosfera del metano è di circa 12 anni rispetto a diversi secoli per quanto riguarda la CO2”. Queste considerazioni sono alla base del Global Methane Pledge, sostenuto da più di 100 Paesi, tra cui l’Italia, che prevede un impegno a ridurre le emissioni di metano in particolare a livello globale di almeno il 30% rispetto ai livelli del 2020 entro il 2030. Anche il rapporto internazionale dell’IPCC di quest’anno conferma che per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C, dobbiamo eliminare circa un terzo delle attuali emissioni di metano entro il 2030 e circa il 45% entro il 2040. “In attesa dell’approvazione ufficiale del regolamento europeo sul reporting delle emissioni di metano di origine energetica – è l’appello del Wwf – sarebbe auspicabile che il Ministero della Transizione Ecologica provvedesse a colmare il vuoto normativo, anticipando gli obblighi per le aziende e incaricando un organismo tecnico di fornire gli indirizzi tecnici per la messa a punto dei sistemi di monitoraggio. Ma soprattutto – aggiunge l’associazione – è urgente anche in Italia la preparazione di una Strategia per il metano, allineata a quella europea e integrata con il Piano Nazionale Energia e Clima, attualmente in fase di revisione per garantirne l’allineamento con i nuovi obiettivi europei al 2030 e al 2050”.