Due operatori sociosanitari e un educatore ai domiciliari con l’accusa di maltrattamenti nei confronti di ragazzi disabili in un centro specializzato nell’assistenza delle persone fragili. I carabinieri del Reparto territoriale di Corigliano-Rossano hanno eseguito l’ordinanza del gip di Castrovillari nei confronti dei tre dipendenti di una onlus con sede nell’area urbana di Rossano (Cosenza). I tre, per l’accusa, sono responsabili di reiterati atti di vessazione e di violenza sia fisica che psicologica nei confronti di ragazzi diversamente abili seguiti in un centro diurno creando, spiegano gli inquirenti, un clima di “terrore e crudeltà” all’interno della onlus. Al termine delle indagini, i pm di Castrovillari hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di “maltrattamenti contro familiari e conviventi”.

Stando all’impianto accusatorio, dall’autunno 2021 all’aprile scorso nel centro diurno gestito dalla onlus sarebbero stati sette i ragazzi disabili vittime di reiterati atti di vessazione e di violenza sia fisica che psicologica. In sostanza, il clima di terrore e crudeltà è stato dimostrato dagli inquirenti attraverso alcune riprese audio-video che, assieme agli appostamenti dei carabinieri, hanno consentito alla Procura di dimostrare davanti al gip “i plurimi comportamenti vessatori, mortificanti, violenti e degradanti posti in essere nei confronti degli ospiti disabili della struttura”. Ragazzi con particolare fragilità psichica che dovevano essere tutelati e che, invece, secondo una nota diffusa dagli inquirenti, sono stati gestiti con un “sistematico riscorso all’intimidazione ed alla violenza per mantenere il controllo della struttura”. E quindi: minacce, aggressioni vere e proprie, nonché la famigerata “terapia del dolore”, utilizzata in particolare “su una delle vittime, – si legge in un comunicato del procuratore Alessandro D’Alessio – non solo per scopi educativi ma per sfogare, da parte di uno degli arrestati, i propri istinti sadici”.

Per i magistrati, le condotte maltrattanti poste in essere dagli indagati sono da considerarsi tutt’altro che episodiche. Piuttosto avrebbero costituito “un modus agendi” che gli indagati hanno reiterato in numerose occasioni. Durante le indagini, infatti, secondo i carabinieri si è evidenziata la drammaticità delle condizioni delle persone particolarmente fragili, ritenute, nelle valutazioni incidentali sin qui compiute, vittime innocenti di un sistema che il giudice per le indagini preliminari ha definito “piegato agli istinti personali e sadici di uno degli indagati”.

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