di Raffaele Garbellano
Una fiducia per acclamazione non si era mai vista. So che esiste la possibilità per l’elezione del Papa, ma non per la fiducia al governo. Peccato che in questo caso non si tratta di un Papa e purtroppo neanche di acclamazione popolare. Ho visto appelli e cortei tra il patetico e il tragicomico, invocanti il ritorno di Mario Draghi, raccontati dalla stampa come spontanei e popolari ma non ho visto gente comune per strada strapparsi le vesti.
Le riflessioni che mi vengono guardando queste scene sono tre:
1) L’incapacità del mondo partitico e dell’informazione di discutere di politica. Si continua a parlare di persone, di quant’è bravo Mario Draghi. Ma non si parla per niente dei temi che Giuseppe Conte ha posto: reddito minimo, soglia di dignità, politica energetica. Tutti profetizzano cose terribili se dovesse cadere il governo. Ma queste cose ci sono già. E nessuno è in grado di dire come il governo ha affrontato questi temi finora.
2) L’attrazione atavica italiana per l’uomo della provvidenza. Sarà per incapacità della classe dirigente, sarà per immaturità della nostra democrazia, ma puntualmente si manifesta il bisogno dell’uomo solo al comando. Sarebbe molto più auspicabile invece un governo politico forte (di destra o di sinistra) con una visione della società netta e un’opposizione altrettanto forte. Trovo regressiva l’abdicazione in favore dell’uomo forte di turno.
3) La voglia di restaurazione. In un clima da Congresso di Vienna, gli elementi di disturbo rispetto all’establishment sono continuamente additati come l’origine dei problemi. Anche quando non lo sono o quando sono ininfluenti ai fini della maggioranza. Una sorta di azione anticorpale del sistema che è in grado di espellere qualsiasi virus di disturbo.