Dallo scissionista dei 5 stelle alla ministra che ha deciso di lasciare Forza Italia, fino al segretario del Pd e al leader di Azione: le reazioni funeree dei primi sostenitori del presidente del consiglio, dopo il voto del Senato
Dice Luigi Di Maio che quella di oggi è una “pagina nera per l’Italia. La politica ha fallito, davanti a un’emergenza la risposta è stata quella di non sapersi assumere la responsabilità di governare”. Ma se la politica ha fallito, non ha fallito per caso lo stesso Di Maio? O il ministro degli Esteri si considera un tecnico? “Si è giocato con il futuro degli italiani. Gli effetti di questa tragica scelta rimarranno nella storia“, insiste il titolare della Farnesina su twitter. E d’altra parte c’è da capirlo. Pur di stabilizzare il governo di Mario Draghi, Di Maio ha appena lasciato il Movimento 5 stelle per fondare il suo Insieme per il futuro. Una mossa che in realtà ha contribuito a sortire l’effetto opposto, visto che poche settimane dopo la scissione M5s, il governo Draghi è entrato in crisi: al Senato dicono sì la fiducia solo in 95, con M5s, Lega e Forza Italia che non votano e si sfilano dalla maggioranza.
Chi invece lascia il suo partito dopo il voto del Senato è Maria Stella Gelmini, ministra – probabilmente ancora per poco – agli Affari regionali. “Forza Italia ha definitivamente voltato le spalle agli italiani, alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini“, annuncia in una nota Gelmini, che da tempo manifesta sofferenza verso la gestione del partito, ma stavolta è rimasta scottata dalla scelta di Silvio Berlusconi di firmare, insieme alla Lega, una risoluzione (in qualità di centrodestra di governo) che chiedeva un Draghi bis ma alla guida di un esecutivo profondamente rinnovato e senza i Cinque stelle di Giuseppe Conte. In Forza Italia ha strappato pure il senatore Andrea Cangini (anche lui insofferente verso la linea del partito da mesi), annunciando di votare sì la fiducia a Draghi, in dissenso da Fi. “Non vedo un fatto politico nuovo, che giustifichi un cambio di voto da parte mia, ho votato la fiducia per 55 volte, la voterò anche la 56 esima”, ha detto in Aula.
Enrico Letta, leader del Pd, cioè il partito più draghiano di tutti, usa toni severissimi: alle elezioni, dice al Tg1, “gli italiani sceglieranno tra chi ha voluto affossare questa esperienza di governo e chi ha cercato genuinamente, al di là dei propri interessi di parte, di portarlo avanti”. E ancora: “Il Paese oggi guarda con sgomento alla decisione assurda e folle presa dal Parlamento”. Secondo il segretario dem quello di oggi è addirittura “un giorno triste e drammatico per l’Italia”. Toni più estremi quelli di Carlo Calenda, che su twitter scrive: “Sarà un caso, ma il governo più serio e atlantista della storia recente viene mandato a casa da tutti quelli che hanno sostenuto posizioni filoputiniane”. Poi il leader di Azione si scaglia contro chi non ha votato la fiducia a Draghi: “La fine indegna di una legislatura disastrosa. Cialtroni populisti hanno mandato a casa l’italiano più illustre. La prima cosa che diciamo è grazie Draghi. Combatteremo per portare avanti la sua agenda e il suo modo di fare politica”.
Prova a cavalcare Draghi in chiave elettorale pure Matteo Renzi, primo sponsor dell’ex presidente della Bce nel febbraio del 2021: “Oggi il populismo si è preso una parziale rivincita sulla politica, l’incompetenza ha sconfitto il talento e il merito. Oggi Salvini e Conte, in una riedizione del governo gialloverde, hanno nella sostanza fatto venire meno il voto di fiducia al governo. Oggi ha vinto Putin e ha perso l’Italia”, arriva a dire il leader d’Italia viva. Che nonostante il 2 percento accreditato al suo partito dai sondaggi, tenta di travestirsi di leader di una imprecisata “area Draghi”. “Questa area Draghi e il mondo dei riformisti c’è, c’è un pezzo di Paese che non si rassegna. Siamo in campagna elettorale, presumibilmente, ma a tutti voi dico di non rassegnarvi”.