La decisione della Bce dopo il Consiglio direttivo di oggi. "Vogliamo portare l'inflazione, nel medio periodo, al 2%. L'economia dell'Eurozona sta peggiorando a causa della guerra", ha dichiarato Christine Lagarde. E a chi le ha chiesto se lo strumento anti-spread sia necessario per l'Italia, ha risposto: "È attivabile da tutti i Paesi"
La Banca centrale europea ha alzato i tassi d’interesse di mezzo punto. È il primo rialzo dal luglio del 2011. Il tasso principale sale a 0,50%, il tasso sui depositi a zero e il tasso sui prestiti marginali a 0,75%. La decisione è arrivata dopo la riunione del Consiglio direttivo. Per gli analisti la Bce avrebbe potuto alzare i tassi, con buone probabilità, dello 0,25%, per poi intervenire con un nuovo aumento a settembre (non è escluso che tra due mesi ci sia un nuovo intervento). Invece, a fronte di un quadro economico preoccupante, con un’inflazione che si avvicina pericolosamente alla doppia cifra, l’Eurotower ha optato per una stretta monetaria più decisa. Da Francoforte c’è anche la notizia dell’adozione del piano anti-spread.
Per Christine Lagarde, l’aumento di 50 punti base dei tassi d’interesse si è reso necessario per via “delle nuove stime sui rischi d’inflazione” (che resterà alta oltre il 2022 anche a causa “del deprezzamento” del tasso di cambio dell’euro) e al contempo “è consentito grazie all’ulteriore supporto assicurato alla trasmissione della politica monetaria dal Tpi“, il nuovo scudo anti-spread. “L’attività economica è in rallentamento“, ha aggiunto la presidente della Bce in conferenza stampa. “L’aggressione della Russia all’Ucraina ha impattato la crescita e il potere di acquisto. Continuiamo a dovere affrontare costi più elevati e perturbazioni nella filiera economica e nella supply chain. Questo va a rannuvolare le prospettive per la seconda metà del 2022 e oltre”.
Il varo del Tpi “è stato approvato all’unanimità” ha detto Lagarde. Che poi ha risposto alle ripetute domande, in conferenza stampa, se sia possibile destinarlo, in modo specifico – considerata la caduta del governo – all’Italia in caso di un aumento delle pressioni di mercato: “Tutti i titoli dei Paesi membri possono essere acquistati, ma la decisione sarà presa sulla base delle valutazioni” del Consiglio. In sostanza, la presidente della Bce ha evitato qualsiasi riferimento al nostro Paese.
LO SCUDO ANTI-SPREAD – Lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, che prende il nome di Transmission Protection Instrument, (Tpi), servirà per assicurare che “l’orientamento di politica monetaria sia trasmesso in modo ordinato in tutti i Paesi dell’area dell’euro” ed “è un presupposto affinché la Bce possa adempiere il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi“. Il Consiglio direttivo della Bce – si legge in un nota di Francoforte – “ha ritenuto necessaria l’istituzione del Tpi al fine di sostenere l’efficace trasmissione della politica monetaria” mentre va avanti la normalizzazione dei tasi d’interesse. Il Tpi, in pratica, servirebbe per “contrastare ingiustificate, disordinate dinamiche di mercato“. In questo senso, si legge sempre nel documento, la portata degli acquisti “dipenderà dalla gravità dei rischi per la trasmissione della politica monetaria” e “gli acquisti non sono soggetti a restrizioni ex ante”. In particolare, ha spiegato Lagarde, l’attivazione dello scudo a favore di un Paese si baserà su quattro criteri: “il rispetto dei criteri di bilancio indicati dall’Ue, l’assenza di gravi squilibri macroeconomici, la sostenibilità del debito, l’adozione di politiche solide e sostenibili nel rispetto degli impegni presi con il Recovery e con le raccomandazioni specifiche della Commissione europea”. La Bce, in ogni caso, ha voluto precisare che “la flessibilità nel reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic emergency purchase programme, Pepp) rimane la prima linea di difesa al fine di contrastare i rischi per il meccanismo di trasmissione connessi alla pandemia”.
GLI EFFETTI PER CITTADINI E IMPRESE – L’aumento dei tassi della Banca centrale, com’è noto, influenza il livello generale dei tassi d’interesse. Quindi il livello generale del costo del denaro. Il motivo è che se le banche dell’Eurozona pagheranno un costo maggiore per prendere in prestito denaro dalla Bce, alla fine anche i prestiti e i finanziamenti a tasso variabile, cioè i mutui, a imprese e cittadini saranno più costosi. Il parametro di riferimento per i mutui a tasso variabile è l’Euribor che, come gli altri tassi di interesse interbancari, è molto sensibile alla variazione del tasso Bce. Inoltre gli incrementi per cittadini e imprese potrebbero essere maggiori in alcuni Paesi, come l’Italia, se la Bce non eviterà il ritorno della frammentazione del mercato europeo già vista negli anni scorsi. Un segnale in tal senso, come si è visto, è già arrivato dall’aumento dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi che misura, seppure in maniera approssimativa, il livello di rischio del Paese. Se per un mutuo il parametro di riferimento non è lo spread, ma l’Euribor, tuttavia uno spread maggiore indebolisce le banche, che sono così più prudenti a erogare i prestiti o li concedono a tassi maggiori.