di Andrea Taffi
Proviamo a far finta di essere in un Paese normale con una classe politica normale. C’è stata una crisi di governo estiva: il premier (anche lui, nella nostra finzione, normale) viene sfiduciato non di fatto, ma sul serio. Basta, finito lì. Di crisi di governo nel nostro Paese normale, ce ne sono state tante (estive, autunnali e invernali). La democrazia prevede le elezioni: andremo a votare e poi si vedrà.
Nel frattempo politici normali faranno una normale (e pure noiosa) campagna elettorale. Alla fine ci sarà un nuovo governo e una nuova opposizione. Ma adesso usciamo dalla finzione, calmiamoci nella realtà. Il premier Draghi ottiene la fiducia dei parlamentari votanti e la silenziosa sfiducia sia di quelli che in Senato non hanno votato, ma sono rimasti ai loro posti sia di quelli che, invece, sono rumorosamente usciti dall’aula. In aula, poi, si sono consumati dei veri e propri drammi politici, come quello della ministra Gelmini, che, dopo anni di fedele militanza, lascia in lacrime Forza Italia.
Ma il meglio (peggio) arriva dopo il voto. La triade pro Draghi (Letta, Calenda, Di Maio) si scatena a suon di Twitter al vetriolo. A leggerli, senza saper nulla di quello che è successo, sembra ci sia stato un golpe di ostrogoti calati in Italia dalle steppe del nord. Una serie di simpatici aggettivi (“cialtroni” e “popolusti” all’indirizzo dei pistoleros di Draghi); uno stracciarsi di vesti per la pagina più “nera” e “vergognosa” della politica italiana; un calar di mannaia sulla classe politica e parlamentare della quale loro stessi fanno parte. Insomma, Draghi non solo non doveva, ma non poteva essere fiduciato/sfiduciato, e in quel modo, poi, roba da terzo mondo politico.
Sarà anche così, sarà che tutto è avvenuto a dispetto dei santi con annessa blasfemia politico-istituzionale; sarà pure che in Europa adesso non solo non ci ascolteranno più, ma nemmeno ci chiameranno a partecipare ai vertici, eppure a me sembra che tutto sia un po’ troppo sopra le righe, anormale appunto.
Draghi, pur bravo e autorevole, è stato un premier del tutto normale, a dispetto di tutti coloro che per un motivo o per l’altro, lo hanno considerato un santo, un condottiero irrinunciabile, un insostituibile premier, una sorta di immensa foglia di fico che ha reso l’Italia un Paese di caratura internazionale.
Ho il dubbio che tutta questa beatificazione di Draghi, che ha trasformato la sfiducia in una sorta di sacrilegio, sia un banale teatrino per nascondere una paura vera, un problema serio: la destra al potere. E allora la triade Letta, Calenda, Di Maio (e ci metto anche Renzi) farebbe meglio (secondo me) a fronteggiare quel pericolo, quella prossima realtà. Lascino stare i santi e si occupino dei fanti. Perché non c’è soltanto la Meloni premier a inquietare: vedere vice premier Silvio Berlusconi è (per me) peggio, ben peggio di tutto, anche della lesa Draghinità.