Due condanne per falso nel processo di appello bis nell’indagine sul pestaggio di Stefano Cucchi. I giudici di secondo grado di Roma hanno inflitto 3 anni e 6 mesi al maresciallo dei carabinieri Roberto Mandolini e 2 anni e 4 mesi al militare dell’Arma, Francesco Tedesco. Una sentenza che arriva a poche ore dalla prescrizione che scatta alla mezzanotte di oggi, 21 luglio.
I difensori potrebbero, ora, ricorrere in Cassazione. Se i giudici ammetteranno l’impugnazione scatterà la prescrizione ma in caso di mancata ammissione del ricorso gli effetti della prescrizione saranno nulli. “Giustizia è fatta fino in fondo – ha commentato Ilaria Cucchi – ci abbiamo dedicato tanti anni della nostra vita. Oggi è una giornata importantissima che dedico ai miei genitori che purtroppo non sono riusciti ad essere qui”.

Per il suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo, Mandolini è “responsabile esattamente come gli autori dell’omicidio di Stefano perché se avesse fatto il suo dovere e non avesse fatto quei falsi probabilmente il caso Cucchi non sarebbe mai esistito”. Per Tedesco, che con le sue dichiarazione aveva fatto riaprire il caso, il pg Roberto Cavallone aveva sollecitato l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. Per i due imputati la Cassazione aveva disposto un secondo processo d’appello il 4 aprile scorso, giorno in cui ha reso definitive le sentenze a 13 e 12 anni per militari dell’Arma, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale in quanto ritenuti gli autori materiali del pestaggio del geometra trentenne avvenuto il 15 ottobre del 2009 nella caserma Casilina dove era stato portato dopo il fermo effettuato durante un controllo in cui fu trovato in possesso di sostanze stupefacenti.

Cucchi venne picchiato, preso a calci e pugni. Mandolini e Tedesco erano accusati di avere falsamente attestato, nel verbale di arresto di Cucchi, la rinuncia da parte del giovane romano alla nomina del difensore di fiducia. Nelle motivazioni con cui gli “ermellini” hanno disposto un nuovo processo di appello si afferma che gli imputati avevano “soprattutto omesso di menzionare quanto realmente accaduto durante il tentativo fallito di effettuare i rilievi fotosegnaletici” a Cucchi e in particolare avevano taciuto sulla “partecipazione del Di Bernardo e del D’Alessandro alle operazioni di arresto”. Secondo i giudici di merito, Mandolini – che era il superiore di Tedesco -, “è stato l’autore materiale della condotta, mentre Tedesco, nella consapevolezza del contenuto mendace del verbale, lo ha fatto proprio accettando di sottoscrivere l’atto come richiestogli da suo superiore”. Per quanto riguarda il pestaggio la Suprema Corte afferma che si è trattato della “causa primigenia” di una serie di “fattori sopravvenuti”, tra i quali le “negligenti omissioni dei sanitari”, che ha causato la morte di Cucchi che morì dopo una settimana dall’arresto mentre era ricoverato all’ospedale ‘Pertini’.

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