Stiamo vivendo una drammatica emergenza climatica e ecologica. Gli scienziati dell’IPCC (International Panel on Climate Change) dell’Onu, più di 1000 esperti internazionali, hanno sancito che la situazione è grave ma anche che agendo subito possiamo ancora ridurre danni altrimenti irreversibili. I cittadini sperimentano ogni giorno i drammatici effetti della crisi ecoclimatica: il Po in secca, la siccità che avanza e distrugge i raccolti, gli incendi incontrollati, l’aumento dei prezzi del cibo e la conseguente insicurezza alimentare, il crollo dei ghiacciai alpini con le sue drammatiche ripercussioni… E’ evidente che non abbiamo più tempo, si deve agire ora per ridurre drasticamente le emissioni di CO2 e portarle a zero entro pochi anni, pena la catastrofe sociale, ambientale, economica.

In questo contesto, il 14 luglio scorso, nel silenzio quasi totale degli organi di comunicazione, si è svolta una Conferenza Nazionale sul Clima organizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dal suo Centro Studi ItalyforClimate (I4C), con lo scopo di sensibilizzare la classe dirigente nazionale e i cittadini sulla necessità di accelerare il contrasto ai cambiamenti climatici e attuare una transizione ecologica nel Paese.

Considerate le premesse ci si sarebbe aspettati una Conferenza Nazionale sul clima appassionatamente partecipata da tutti gli scienziati, i parlamentari e gli amministratori locali cioè dalla classe dirigente del Paese.

Invece no. L’iniziativa della Fondazione Sviluppo Sostenibile ha evidenziato una volta in più l’assoluta latitanza del governo in carica, ora dimissionario, e della politica tutta.

L’obiettivo della Conferenza era di giungere a un patto bipartisan fra le forze politiche in campo per assumere alcuni impegni vincolanti sulla transizione ecologica.

A interventi sensati, ne sono seguiti troppi che oscillavano fra il negazionismo e la totale incompetenza scientifica. I giornalisti presenti, di caratura nazionale, si sono confrontati sul ruolo cruciale dei media in questo quadro, sul loro compito di trasferire ai cittadini informazioni corrette, complete, reali, scevre da fuorvianti e anacronistiche allusioni al conservatorismo, al mantenimento di uno status quo che, oggi, suggella solo l’agio delle élites mentre il mondo si sgretola sotto gli occhi del restante, famoso, 99% della popolazione.

Peccato che negazionismo e dilazione (temporale) si traducano in un fallimento per tutte e tutti. Eppure l’urgenza gridata dai fatti, dalla Terra, dal senno e dai dati scientifici non riesce ad arrivare alle orecchie della classe dirigente, in perfetto ascolto invece dei dettami del giogo lobbistico-economico-finanziario.

Dobbiamo e possiamo ridurre i consumi energetici di almeno il 20% entro il 2030. Le fonti rinnovabili costano ad oggi molto meno di carbone e gas e ben 3 volte meno del nucleare il che, per un Paese che non può permettersi follie economiche, è un aspetto non secondario.

Dobbiamo quindi accelerare l’installazione di impianti da fonti rinnovabili: oggi implementiamo solo 1 GW (1 milione di kW) ogni anno mentre sarebbe necessario installare 12 GW ogni anno per arrivare entro il 2030 a coprire con le rinnovabili l’84% dei consumi di energia elettrica e il 45% dell’energia complessiva. Per fugare dubbi sulla fattibilità dell’operazione, ricordiamo che è un membro di Confindustria come Elettricità Futura a dichiarare possibile e necessario questo obiettivo.

Dobbiamo inoltre continuare la riqualificazione del patrimonio edilizio perché il residenziale ha un impatto enorme sulle emissioni già solo considerando i consumi domestici (per riscaldamento/raffreddamento) e le dispersioni altissime generate dagli attuali obsoleti edifici.

Queste azioni congiunte porterebbero a ridurre le nostre emissioni del 65% entro il 2030, oltre a creare 500mila posti di lavoro e benefici economici per 350 miliardi di euro. L’obiettivo sullo sfondo deve continuare a essere emissioni zero perché solo così l’innalzamento di temperature si potrà arrestare.

È importante far comprendere che la transizione ecologica è anche e, forse soprattutto, uno strumento di giustizia sociale, in quanto capace di diminuire le disparità sociali.

La povertà energetica sarà un fattore chiave nei tempi a venire. Il costo dell’energia fossile ha già raggiunto livelli insopportabili per un’ampia platea di persone e per il nostro sistema produttivo: l’implementazione di energia rinnovabile può evitare il rischio “mercato” per un bene essenziale come l’energia oggi, con il fossile, totalmente invischiato nel gioco dei prezzi e della finanza.

Soprattutto dobbiamo entrare nell’ottica della parsimonia, della frugalità energetica e dei consumi. Il business as usual è sì uno degli scenari presi in analisi nel rapporto dell’IPCC ma solo per evidenziare il collasso climatico e sociale che implicherebbe. Urge una svolta. Dobbiamo ridurre e accorciare le filiere, di tutto, non solo del cibo. Sarebbe stolto pensare di sostituire l’attuale consumo energetico fossile con pari consumo energetico rinnovabile. Semplicemente non si può. Non ha senso, non avremmo capito il senso del messaggio inequivocabile che la Terra ci sta gridando: stop a consumi infiniti in un mondo finito.

Come Extinction Rebellion affermiamo con forza la necessità di questo cambio di rotta: è necessario che qualunque governo sarà decretato dalle urne, dichiari come suo primo provvedimento lo stato di Emergenza Climatica, esplicitando con chiarezza ai cittadini la gravità della situazione, la necessità di agire con determinazione e gli enormi benefici che una rapida azione può portare.

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