“Per sviluppare un farmaco, tuttavia, dovevamo capire come funziona esattamente questa proteina e dimostrarne l’efficacia in modelli animali”, sottolinea Giorgio Ramadori, ricercatore associato
La terapia insulinica, che ha celebrato il suo 100° anniversario nel 2021, ha salvato la vita a milioni di persone affette da diabete di tipo 1 o da forme gravi di diabete di tipo 2. Ma l’insulina non è esente da pericoli: è difficile da dosare e, a lungo termine, può portare anche a gravi problemi metabolici e cardiovascolari. Gli scienziati dell’Università di Ginevra (Unige) stanno lavorando da diversi anni su una terapia alternativa basata sulla proteina S100A9. Ora hanno fornito la prova di principio che questa proteina può migliorare significativamente il metabolismo in caso di carenza di insulina. Inoltre, decifrando i meccanismi biologici sottostanti, hanno scoperto un effetto antinfiammatorio precedentemente sconosciuto che potrebbe rivelarsi fondamentale, non solo per il diabete. Questi risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Communications.
Già nel 2019, il team guidato da Roberto Coppari, professore nel dipartimento di Fisiologia e Metabolismo Cellulare e coordinatore del Centro Diabete della facoltà di Medicina dell’Unige, ha identificato una proteina chiamata S100A9 che regola la glicemia, i lipidi e i chetoni, senza gli effetti collaterali dell’insulina. “Per sviluppare un farmaco, tuttavia, dovevamo capire come funziona esattamente questa proteina e dimostrarne l’efficacia in modelli animali”, sottolinea Giorgio Ramadori, ricercatore associato nel laboratorio del professor Coppari e autore principale di questo studio. Inizialmente, i ricercatori hanno indagato sulla modalità d’azione di S100A9 nei topi diabetici. “Abbiamo scoperto che questa proteina agisce nel fegato”, afferma Gloria Ursino, prima autrice dello studio. Inoltre, questa proteina attiva il recettore TLR4, che si trova sulla membrana di alcune cellule, ma non sugli epatociti, che sono le principali cellule funzionali del fegato. “Si tratta di un’ottima notizia dal punto di vista farmacologico: significa che S100A9 non ha bisogno di entrare nelle cellule epatiche per agire e consente una modalità di somministrazione per iniezione semplice”, prosegue.
Gli esperti spiegano il meccanismo di funzionamento della proteina contro il diabete. Nelle persone diabetiche, la carenza di insulina può causare un improvviso aumento dei chetoni e l’acidificazione del sangue, un meccanismo chiamato chetoacidosi diabetica. Si tratta di un’emergenza pericolosa per la vita che colpisce ogni anno il 2-4% delle persone con diabete di tipo 1. “L’attivazione di TLR4 nel fegato controlla la produzione di chetoni”, spiega Gloria Ursino. “Ma questo processo di attivazione non innesca l’infiammazione, mentre TLR4 è solitamente pro-infiammatorio. Il dialogo S100A9-TLR4 sembra quindi agire come un farmaco antinfiammatorio del tutto inaspettato”, sottolineano i ricercatori. In un secondo momento, gli scienziati hanno completato i loro risultati esaminando il sangue di persone diabetiche che arrivavano al pronto soccorso con una grave carenza di insulina. Dalle analisi, si rileva un lieve ma insufficiente aumento naturale di S100A9. “Pertanto, si prevede che la somministrazione aggiuntiva di S100A9 migliorerà questo meccanismo di compensazione”, spiega Giorgio Ramadori. Sebbene l’idea di una combinazione di farmaci sia già stata esplorata, la ricerca precedente si è concentrata su farmaci che aumentano la sensibilità all’insulina. “Ma questo porta solo agli stessi risultati con dosi più basse. Gli effetti collaterali della terapia insulinica rimangono gli stessi”, spiega Roberto Coppari. “Qui proponiamo una strategia radicalmente diversa con un farmaco che funziona indipendentemente dall’insulina e che non può né innescare l’ipoglicemia né interrompere il metabolismo dei grassi”. Il prossimo passo sarà testare inizialmente il farmaco insieme a basse dosi di insulina, ma i ricercatori non escludono la possibilità di somministrare la sola proteina S100A9 in futuro, in condizioni specifiche. Per sviluppare ulteriormente questa terapia altamente innovativa, Roberto Coppari e Giorgio Ramadori hanno creato una start-up, Diatheris, supportata da UNITEC, l’ufficio per il trasferimento tecnologico dell’UNIGE, e FONGIT, la principale fondazione a sostegno dell’imprenditoria tecnologica di Ginevra.
Lella Simone