E’ stato a lungo una sorta di “garante” del rapporto tra Pd e M5s, un tutore della tenuta dell’alleanza e dei rapporti con Giuseppe Conte. Oggi anche Dario Franceschini certifica la rottura con i 5 Stelle: “Questo strappo rende impossibile ogni alleanza” dice al Corriere della Sera. “Io rivendico – sottolinea il ministro della Cultura – quello che abbiamo fatto in questi anni. Non solo perché l’alleanza con loro e la nascita del governo nel 2019 hanno impedito che Salvini prendesse in mano il Paese – e non oso immaginare che sarebbe successo con la pandemia, la crisi economica e la guerra in Ucraina – ma anche perché sapevamo che quel percorso avrebbe aiutato l’evoluzione dei 5 Stelle. E un’evoluzione c’è stata. Come dimostra l’esperienza di governo con il M5s e come testimonia la strada intrapresa da alcuni di loro, a cominciare da Di Maio, e il travaglio dei ministri e di tanti deputati che avrebbero votato la fiducia. Purtroppo questo percorso è stato interrotto drasticamente da Conte, e me ne dispiace”. Sul perché Conte abbia agito così Franceschini risponde che “le sue ragioni sono difficili da capire“. “E faccio fatica – continua il dirigente del Pd – a immaginare come un movimento nato come anti-sistema, che poi si è trovato a governare il Paese per 5 anni con tre maggioranze diverse, improvvisamente possa tornare a essere un movimento anti-sistema. Non ci può credere nessuno e gli italiani non seguiranno questo zig-zag politico”. “La rottura sulla fiducia al governo rende impossibile l’alleanza”, spiega e dall’altra parte anche Lega e Forza Italia di avere agito “per un calcolo elettorale”, non votando la fiducia a Draghi.
Le prossime elezioni, secondo il ministro uscente, saranno “una sfida tra chi ha difeso Draghi e chi invece ha buttato tutto a mare”. “Da una parte gli europeisti e i riformisti“, spiega Franceschini, “dall’altra parte i sovranisti, gli antieuropeisti, il centrodestra senza più centro, perché – aggiunge – il partito di Berlusconi è evaporato”. Draghi non sarà coinvolto nel progetto: “Non lo tireremo per la giacchetta”, assicura. Ciò che immagina Franceschini è un “rassemblement elettorale” fatto di tutti coloro che volevano proseguire l’esperienza di governo. “Tra chi lo ha difeso ci sono forze e personalità diverse”, rileva. Un obiettivo ambizioso, dunque, ma “possiamo farlo perché abbiamo un partito unito attorno al segretario. Non è capitato molte volte nella storia del Pd”, spiega.