Animal Equality pubblica il 22 luglio anche in Italia la video-inchiesta realizzata sotto copertura: dietro le immagini di violenza, anche il contesto in cui avviene l’allevamento intensivo in Brasile: la deforestazione e l’abuso di animali, ambiente e comunità locali. E Brasilia sta pensando a una legge per aumentare le esportazioni, già forti: l'Italia è il primo importatore europeo
Animali picchiati, maltrattati e scuoiati vivi in tre macelli brasiliani, che violano le norme sul benessere animale e quelle igienico-sanitarie del Paese. Ed è anche da questi luoghi che arriva la carne che si mangia in Italia, primo importatore europeo di carne bovina fresca e surgelata proveniente dal Brasile, con un quantitativo che va dalle 25mila alle 30mila tonnellate. Animal Equality pubblica oggi 22 luglio anche in Italia la video-inchiesta realizzata sotto copertura e condotta nei tre macelli brasiliani certificati a livello municipale e statale. Le immagini raccolte dal team investigativo dell’organizzazione sono accompagnate dalla voce narrante del conduttore televisivo Matteo Viviani. Dietro le immagini di violenza, anche il contesto in cui avviene l’allevamento intensivo in Brasile: la deforestazione e l’abuso di animali, ambiente e comunità locali. “Questa indagine e tutte le inchieste precedenti condotte in Amazzonia, Pantanal e Cerrado da Animal Equality dimostrano che le crudeltà e le violazioni in Brasile nell’industria della carne sono sistematiche e proliferano incontrollate, anche a fronte di strutture certificate” racconta Alice Trombetta, direttrice esecutiva di Animal Equality in Italia, secondo cui “ad oggi il Brasile non è un partner affidabile”.
Le immagini shock – La video-inchiesta cattura le immagini di operatori che percuotono gli animali, li legano e li trascinano per le zampe o che, non stordiscono totalmente gli animali attraverso scosse elettriche e li macellano quando sono ancora coscienti. “L’inizio del processo di scuoiatura, che consiste nella rimozione della pelle e delle ossa dell’animale – racconta Animal Equality – e il taglio delle zampe avvengono senza la conferma della morte degli animali. Tutte pratiche estremamente dolorose che avvengono con ricorrenza nei macelli a causa del numero insufficiente di controlli, nonostante le strutture investigate risultino certificate”. Nel frattempo, nonostante le numerose inchieste e denunce da parte di diverse organizzazioni per la protezione animale e ambientale, il Governo brasiliano continua nella sua politica di favorire l’industria degli allevamenti e dei macelli industriali.
La legge che potrebbe far aumentare le esportazioni – A luglio 2021, infatti, era stata presentata e approvata dal Congresso una nuova proposta di legge, con l’obiettivo di aumentare le esportazioni di carne senza investire maggiori risorse nei controlli in macelli e allevamenti. Tuttavia, a distanza di un anno, il progetto di legge deve essere ancora votato dal Senato. Le organizzazioni per la protezione degli animali sono riuscite, infatti, a ottenere il rinvio del voto sul progetto di legge e una nuova audizione pubblica per far sentire anche la voce della società civile brasiliana. Per la specialista in benessere animale, Carla Molento, coordinatrice del Centro di benessere animale dell’Università federale del Paraná, i controlli sono essenziali per garantire il benessere degli animali e anche per garantire la sicurezza sanitaria della carne. “Malattie come la toxoplasmosi o la teniasi-cisticercosi e agenti patogeni come la salmonella – spiega – sono solo alcuni degli esempi di zoonosi che possono essere trasmesse alla popolazione se le norme sanitarie non vengono seguite correttamente”.
Il legame con la deforestazione – All’industria della carne in Brasile è inoltre connessa gran parte della deforestazione del territorio. Secondo una ricerca di MapBiomas, in Brasile – il più grande esportatore di carne bovina al mondo – gli allevamenti intensivi e i macelli industriali sono responsabili di oltre l’80% della deforestazione e anche degli incendi appiccati dagli allevatori di bestiame. L’Italia, secondo le stime di Etifor, spin-off dell’Università di Padova, ha indotto in media una deforestazione associata al consumo di carne compresa fra i 5.900 e gli 11.153 ettari all’anno. “Ad oggi – denuncia Animal Equality – il 70% della carne per la produzione di bresaola IGP utilizza materia prima proveniente dal Sud America” e “una delle principali aziende italiane di produzione di bresaola, la Rigamonti, è direttamente collegata alla multinazionale della carne JBS, accusata di produrre su terreni disboscati illegalmente”. A settembre 2021 Animal Equality ha lanciato un’altra inchiesta realizzata in Brasile (dopo quella in Amazzonia), nello stato del Mato Grosso per indagare sugli incendi nelle foreste del Pantanal e nella savana del Cerrado, raccogliendo interviste e testimonianze di chi si batte contro la deforestazione. Il reportage rivela che gli allevatori appiccano illegalmente incendi per ricavare terreni da destinare all’allevamento di bovini da carne e per piantagioni di soia, la maggior parte della quale viene esportata per essere utilizzata come mangime per gli animali negli allevamenti di tutto il mondo.