di William Beccaro
Se l’Italia fosse un paese normale non avremmo paura delle elezioni, anticipate o no che fossero, perché saremmo sicuri che, male che vada, Giorgia Meloni non andrebbe mai al governo. Saremmo certi, insomma, che nessuno ne accetterebbe i voti: piuttosto che mischiarsi a lei e al suo partito di post missini, di post repubblichini, di post e neo quella feccia là, chiunque rinuncerebbe a ogni ambizione di potere.
In Francia, per esempio, va così: Marine Le Pen può andare al governo solo se prende la maggioranza assoluta tutta da sola. E non interessa a nessuno che si dichiari o non dichiari fascista, così come è esercizio ontologico dirlo della “nostra” Giorgia nazionale. Solo gli incauti Cappuccetti Rossi dan credito al lupo che si dice non più feroce.
Ma l’Italia paese tanto normale non lo è. Silvio Berlusconi è riuscito a fondare un partito, chiamarlo Popolo delle Libertà e contemporaneamente dire: “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino”.
Matteo Salvini, oltre a glissare ogni qual volta gli si chieda se sia o meno antifascista, ha collezionato nel suo entourage figure del calibro di Claudio Durigon e via così cantando… cantando “faccetta nera”, s’intende. E dire che c’è stato un tempo che Umberto Bossi, per esprimere il suo massimo disprezzo nei confronti di Roberto Formigoni, definiva l’ex “celeste” di Lombardia: “figlio di un fucilatore fascista”.
Se fossimo in un paese normale, noi patria e culla del fascismo, saremmo costituzionalmente antifascisti. Tutti saprebbero che i voti a Fratelli d’Italia, come erano quelli al Movimento Sociale, equivalgono a preferenze perse: sarebbero derubricati a quelli che un tempo si chiamavano “voti di protesta”. Invece alle prossime elezioni, che vinca o no il centro destra, Giorgia Meloni dominerà quello schieramento e Forza Italia e Lega, che tutto ciò hanno sdoganato, ne saranno più che gregari ubbidienti camerati.
Pare che si voterà a ottobre: cento anni tondi tondi dopo la marcia su Roma. La nostra capitale potrebbe ritrovarsi a patire quel medesimo marciume. Questa è la posta in gioco, questa la partita, a ognuno scegliere da che parte stare: al di là di un certo irresistibile e sinistro fascino del frazionismo, gli schieramenti sono due e due soltanto.
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Politica - 22 Luglio 2022
Se l’Italia fosse un paese normale Giorgia Meloni non andrebbe mai al governo
di William Beccaro
Se l’Italia fosse un paese normale non avremmo paura delle elezioni, anticipate o no che fossero, perché saremmo sicuri che, male che vada, Giorgia Meloni non andrebbe mai al governo. Saremmo certi, insomma, che nessuno ne accetterebbe i voti: piuttosto che mischiarsi a lei e al suo partito di post missini, di post repubblichini, di post e neo quella feccia là, chiunque rinuncerebbe a ogni ambizione di potere.
In Francia, per esempio, va così: Marine Le Pen può andare al governo solo se prende la maggioranza assoluta tutta da sola. E non interessa a nessuno che si dichiari o non dichiari fascista, così come è esercizio ontologico dirlo della “nostra” Giorgia nazionale. Solo gli incauti Cappuccetti Rossi dan credito al lupo che si dice non più feroce.
Ma l’Italia paese tanto normale non lo è. Silvio Berlusconi è riuscito a fondare un partito, chiamarlo Popolo delle Libertà e contemporaneamente dire: “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino”.
Matteo Salvini, oltre a glissare ogni qual volta gli si chieda se sia o meno antifascista, ha collezionato nel suo entourage figure del calibro di Claudio Durigon e via così cantando… cantando “faccetta nera”, s’intende. E dire che c’è stato un tempo che Umberto Bossi, per esprimere il suo massimo disprezzo nei confronti di Roberto Formigoni, definiva l’ex “celeste” di Lombardia: “figlio di un fucilatore fascista”.
Se fossimo in un paese normale, noi patria e culla del fascismo, saremmo costituzionalmente antifascisti. Tutti saprebbero che i voti a Fratelli d’Italia, come erano quelli al Movimento Sociale, equivalgono a preferenze perse: sarebbero derubricati a quelli che un tempo si chiamavano “voti di protesta”. Invece alle prossime elezioni, che vinca o no il centro destra, Giorgia Meloni dominerà quello schieramento e Forza Italia e Lega, che tutto ciò hanno sdoganato, ne saranno più che gregari ubbidienti camerati.
Pare che si voterà a ottobre: cento anni tondi tondi dopo la marcia su Roma. La nostra capitale potrebbe ritrovarsi a patire quel medesimo marciume. Questa è la posta in gioco, questa la partita, a ognuno scegliere da che parte stare: al di là di un certo irresistibile e sinistro fascino del frazionismo, gli schieramenti sono due e due soltanto.
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Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Al referendum sul Jobs act voterò sì, ma non abbiamo chiesto abiure a nessuno rispetto al passato". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Io candidata premier? C'è tempo, intanto costruiamo la coalizione e il progetto condiviso per l'Italia". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Sembra che parliamo di cose astratte o di fantasie ma le alleanze le abbiamo già fatte e abbiamo vinto due elezioni in Regioni in cui governava la destra, costruendo una coalizione attorno a un programma di cose concrete". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita, a proposito del centrosinistra.
"Sento anche io questo ritornello dell'opposizione che manca, ma non tiriamoci più sfiga di quella che c'è. Lavoriamo per unire le opposizioni su cose concrete. In Parlamento sono più le cose che votiamo insieme di quelle che su cui dividiamo", ha spiegato la leader del Pd.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Io continuo a insistere, sono testardamente unitaria, ce lo chiede la gente. Rispetto il dibattito di questi giorni, l'aspetto positivo è che siamo tutti d'accordo sul fatto che non può andare come l'altra volta. Ma prima degli accori tattici ho una ambizione più alta, unire su una prospettiva comune l'Italia che vuole mandare a casa la destra". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita sul dibattito innescato dalle parole di Dario Franceschini.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "L'attacco giudiziario è un altro modo di Giorgia Meloni di spostare l'attenzione dall'economia che è ferma, dalla produzione industriale che cala da 20 mesi, dai salari che calano. Cosa sale, mentre la Meloni cerca di farci parlare d'altro? Le accise, le liste d'attesa, le bollette". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita parlando del caso Almasri.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Una vergogna, dichiaravano guerra ai trafficanti in tutto il globo terracqueo, hanno fatto il rimpatrio più veloce della storia d'Italia. Meloni deve riferire in aula, si fa vedere solo suo social. La devono smettere di scappare, devono spiegare". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita sul caso Almasri.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Stupiscono le critiche superficiali alle dichiarazioni dell’onorevole Giovanni Donzelli. Le polemiche che imperversano non aiutano la coalizione anche se capisco sono frutto della passione e la gratitudine verso il grande leader che è stato Berlusconi". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, coordinatore della Direzione nazionale di Fratelli d'Italia.
"Le dichiarazioni di Donzelli invece sono un'analisi elettorale, perché la figura di Berlusconi non è in discussione per nessuno di noi in Fdi; molti hanno militato nel Pdl e molti provengono da Forza Italia. Egli ha conquistato un posto nella storia, è stato il leader della coalizione e ognuno di noi è riconoscente alla sua opera e alla sua azione", ha continuato Cirielli.
"Donzelli ha fatto solo un esame quantitativo. Prima della discesa in campo di Berlusconi nelle comunali del 1993 di Napoli e Roma, il MSI aveva raccolto oltre il 30%; con la discesa in campo di Forza Italia nel 1994 - pochi mesi dopo - il Msi scese al 13.5% -precisa Cirielli-. Se questa è storia, è altrettanto un fatto storico che grazie a Berlusconi nacque la Destra di Governo. La coalizione che seppe mettere in campo e che solo lui poteva creare ancora oggi, con la guida di Giorgia Meloni, è protagonista. Di questo gli saremo grati per sempre".