di Federica Pistono*
Khaled Khalifa, uno degli scrittori siriani più conosciuti nel mondo, si è sempre distinto per il coraggio con cui si è apertamente opposto al regime di Bashar al-Asad, sfidando i rigori della censura e scuotendo in profondità le coscienze siriane. Al contrario di altri autori che, per salvaguardare la propria sicurezza, hanno utilizzato accorgimenti ed espedienti letterari ambientando le proprie storie in un altro luogo o in altro tempo, nei suoi romanzi Khalifa ha spesso rievocato i drammatici scontri che hanno lacerato il Paese, dopo la presa del potere nel 1970 da parte di Hafez al-Asad, al quale è succeduto, nel 2000, il figlio Bashar. Quella di Khalifa può definirsi una narrativa contro l’oblio, volta a indagare le spaccature e le sofferenze che la dittatura e la guerra hanno prodotto nel tessuto sociale siriano.
L’opera, ambientata ad Aleppo, ripercorre la vicenda di un’antica e prestigiosa famiglia di rinomati mercanti di tappeti preziosi. I protagonisti assistono all’inesorabile declino della città, teatro della rivolta e della repressione, e alla lenta ma inevitabile rovina della famiglia.
La vicenda, ancora ambientata ad Aleppo, offre lo spunto allo scrittore per descrivere vividamente l’esistenza di una famiglia e di un popolo in un contesto autocratico, per mostrare come la tirannia sia paragonabile a una malattia mortale che intacca la società, dissolvendone i sogni, disintegrandone il tessuto sociale, disperdendo i legami familiari, spingendo l’individuo, privato della libertà, a desiderare la morte, l’autodistruzione.
Nel romanzo, il cui tono oscilla tra l’umorismo nero e il cinismo, la morte è dappertutto, e la salma del padre non è l’unica cosa che si decompone davanti agli occhi sbigottiti dei figli, ma a sgretolarsi è un intero Paese, il cui popolo è intrappolato tra il fragore delle bombe e il lutto per i morti.
Il romanzo ripercorre la storia della città nella prima metà del ventesimo secolo, attraverso le vicende degli abitanti di quel tempo, mostrando sullo sfondo le profonde trasformazioni sociali, politiche e religiose di Aleppo. Hannah, protagonista e voce narrante dell’opera, non rievoca soltanto guerre e carestie, inondazioni e terremoti, ma ricostruisce un passato intessuto non solo di catastrofi, ma anche di storie d’amore e di amicizia. Un romanzo avvincente, da uno scrittore che ha scelto di restare in Siria, testimone della sua epoca.
* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba