Adesso è ufficiale: i parlamentari M5s al secondo mandato non potranno candidarsi nelle liste pentastellate alle elezioni di settembre. Ad annunciarlo, dopo settimane di riflessioni e uno scontro sotterraneo con Beppe Grillo, è stato il leader del Movimento Giuseppe Conte. Tra gli esclusi ci sono nomi “pesanti” con ruoli di primo piano nelle ultime due legislature: in primis il presidente della Camera Roberto Fico, punto riferimento dell'”ala sinistra” grillina, eletto nel 2013 e salito allo scranno più alto di Montecitorio nel 2018. Con lui “scadono” anche il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia, l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, l’ex ministra della Sanità Giulia Grillo, l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, l’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, l’ex Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e l’ex capo politico reggente (nonché primo capogruppo al Senato della storia del M5s) Vito Crimi.
Nella lista dei non ricandidabili, inoltre, ci sono le ex presidenti della Commissione Giustizia della Camera Giulia Sarti e Francesca Businarolo e l’attuale presidente della commissione Affari sociali Marialucia Lorefice. Ma anche il deputato Stefano Buffagni, ex viceministro allo Sviluppo economico, che è alla prima legislatura a Roma ma ne ha alle spalle un’altra in Consiglio regionale della Lombardia, che non rientra (a differenza di quelle in Consiglio comunale) nel salvacondotto del “mandato zero” voluto dall’ex capo politico Luigi Di Maio.
I nomi “popolari” spendibili alle elezioni, ora, si contano sulle dita di una mano. Accanto a Conte, il parlamentare più noto tra quelli al primo mandato è forse il senatore Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico nel governo giallorosso e dell’Agricoltura nell’esecutivo Draghi. Il vero asso nella manica del presidente, però, potrebbero essere le ex sindache di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino: per entrambe non conta il primo mandato da consigliere comunali, mentre la condanna a un anno e mezzo della Appendino per i fatti di piazza San Carlo non impedisce la ricandidatura, derivando da un reato colposo. E non tramonta la suggestione di un ritorno in campo di Alessandro Di Battista: “Nei prossimi giorni finirò il mio lavoro, tornerò in Italia e vedrò che succede”, ha detto nei giorni scorsi l’ex deputato simbolo dell’ala “movimentista”.
Poi ci sono i cinque vicepresidenti scelti da Conte in base al nuovo statuto, quasi tutti in grado di ricandidarsi. L’unica al secondo mandato, infatti, è la senatrice Paola Taverna (che oggi ha dato l’addio al Parlamento con un lungo post su Facebook) mentre Riccardo Ricciardi, Mario Turco e Michele Gubitosa sono alla prima esperienza. La viceministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde, invece, ha davanti a sé addirittura tutti e due i mandati: non è mai stata deputata né senatrice e nel 2019 si era candidata al Parlamento di Bruxelles non venendo eletta.
Infine, il caso particolare di Virginia Raggi, l’ex prima cittadina di Roma, che in teoria è al secondo mandato escluso il mandato zero (è stata rieletta consigliera comunale dopo l’esperienza da sindaca) ma potrebbe sperare in un’interpretazione favorevole basata sul cosiddetto “lodo Cancelleri”, cioè la deroga concessa nel 2019 dall’allora capo politico Luigi Di Maio a Giancarlo Cancelleri, consigliere regionale siciliano, per “trasferirsi” a Roma in corso di mandato come sottosegretario alle Infrastrutture nel Governo Conte II. Secondo l’avvocato Lorenzo Borrè (il legale degli attivisti “ribelli” che hanno fatto annullare lo Statuto lo scorso febbraio) il precedente non farebbe però giurisprudenza: Cancelleri, spiega infatti, “ha lasciato per un mandato non elettivo, è stato nominato”, mentre Raggi dovrebbe in ipotesi candidarsi per un’altra carica elettiva.