Centinaia di persone hanno partecipato a Ragusa alla manifestazione organizzata dal sindaco Usb per chiedere di far luce sulla scomparsa del 37enne Dauda Diane, giunto qualche anno fa in Italia dalla Costa D’Avorio. L’uomo viveva ad Acate, nel Ragusano, ed era impiegato in nero in un cementificio del quale aveva lamentato pubblicamente le difficili condizioni lavorative. L’ultima traccia è in un video girato nel cantiere sabato 2 luglio, poche ore dopo la scomparsa. “Qui si muore” dice nel filmato. Da quel momento di lui non si hanno più notizie. Secondo il datore di lavoro, sentito da Meridionews, l’uomo doveva solo occuparsi delle pulizie e ha lasciato il cantiere dopo circa un’ora e mezza di lavoro. Eppure nel video ha un martello pneumatico. Da giorni ormai i sindacati hanno lanciato l’allarme. “Noi riteniamo che sia l’ennesimo lavoratore scomparso, chiediamo alla prefettura e alla forze dell’ordine di impegnarsi in questa ricerca”, afferma Michele Mililli del sindacato Usb. “Le istituzioni italiane, a tutti i livelli, devono dare risposte sulla sorte di un lavoratore e padre di famiglia scomparso misteriosamente nel nulla dopo aver denunciato, per altro, difficili e ignobili condizioni di lavoro – dice Simona Suriano, deputata del gruppo ManifestA -. Ho chiesto ufficialmente un incontro al prefetto di Ragusa e sto predisponendo un’interrogazione parlamentare per chiedere anche ai ministri competenti lumi sulla vicenda. Non possiamo ignorare quella che sembra essere una tragedia sul lavoro e che fa, purtroppo, presagire il peggio”. Nella ricerca sono impegnati polizia e carabinieri, vigili del fuoco e protezione civile, i quali finora non hanno ricevuto nessuna segnalazione utile. Il 22 luglio Diane sarebbe dovuto salire su un aereo per andare a visitare la sua famiglia in Costa d’Avorio ma il biglietto, già comprato, è rimasto intonso nella sua abitazione. Così come il passaporto, i documenti e tutti i suoi effetti personali. La provincia di Ragusa è una delle zone a più alta presenza di lavoratori migranti, spesso impiegati come braccianti o nei cantieri e vittime di sfruttamento e caporalato