Quante volte la piccola Diana, 18 mesi, morta di stenti in un appartamento di Milano, era rimasta sola nel suo lettino da campeggio? “Almeno nel fine settimana di fine giugno e nei tre di luglio” ha confessato Alessia Pifferi, la madre accusata del suo omicidio. Risposta data al giudice per le indagini preliminari, che ha convalidato il fermo ed emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere ritenendo la donna pericolosa e “capace di atrocità”.
Nessuno sapeva che questa 37enne “capace di mistificazioni” abbandonava la figlia, nessuno poteva sapere. Né il compagno a cui aveva detto che la bimba era con la sorella, né alla madre – a cui aveva mandato una foto da una limousine – a cui diceva che stava con lei. Bugie anche alle amiche. Un comportamento che fa scrivere al gip, come riporta La Repubblica, “abbatte qualsiasi realistica possibilità che qualcuno possa sospettare cosa stia accadendo“.
La 37enne non era in cura psichiatrica e non era segnalata ai servizi sociali: l’unica anomalia era quella gravidanza tenuta nascosta fino al giorno della nascita della piccola, quando lei ha partorito sul water di casa dell’uomo di Leffe (Bergamo) a cui lei non voleva assolutamente rinunciare. Tanto da non chiedere all’uomo di passare da casa quando i due erano stati a Milano insieme. “Volevo un futuro con il mio compagno” la motivazione della donna a chi l’ha interrogata e pur sapendo che Diana – lasciata con un biberon e con dell’acqua, poteva non sopravvivere come era già accaduto in quei giorni di era stata lasciata sola.