L'attore: "Gli americani mi hanno dato la stella della Walk of Fame, la ritirerò a fine anno, è importante perché saranno due attori italiani ad averlo, uno è Rodolfo Valentino, l’altro sono io nel cinema parlato. L’ho avuta senza raccomandazioni, significa che gli piaccio"
Fu grazie al ruolo di Romeo, nell’opera di Shakespeare diretta Franco Zeffirelli e con la musica di Nino Rota, che il cinema a metà degli anni ’60 scoprì il talento di Giancarlo Giannini. E basterebbe anche una breve lista dei registi con cui ha lavorato – Scola, Wertmüller, Visconti, Coppola, Monicelli – per capirne l’importanza nella storia del cinema. Senza contare che è stato uno dei pochi attori italiani candidato all’Oscar (1977 per la sua interpretazione in Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmüller). E così è comprensibile la stoccata che l’interprete lancia al Festival di Venezia: “Gli americani mi hanno dato la stella della Walk of Fame, la ritirerò a fine anno, è importante perché saranno due attori italiani ad averlo, uno è Rodolfo Valentino, l’altro sono io nel cinema parlato. L’ho avuta senza raccomandazioni, significa che gli piaccio. A Venezia – ha detto l’attore ieri sera al pubblico del Fara Film Festival che gli ha riconosciuto il premio alla carriera – hanno dato premi a tutti, a me non hanno dato manco un gatto nero”, ha aggiunto ironico.
Il 1° agosto compirà 80 anni, una vita dedicata al cinema. “Ho fatto tanti film, ne salvo pochi”. E di recente ha concluso tre set: “Una serie italiana sul calcio dove interpreto un procuratore, un film dove interpreto un Papa, e uno con grandi attrici americane, Diane Keaton, Jane Fonda e Mary Steenburgen, che ho finito qualche giorno fa a Venezia”. Il titolo di quest’ultimo è Book Club 2: The Next Chapter e vede tra i protagonisti anche Andy Garcia. “A Lina Wertmuller devo tutto, un genio, una persona che scriveva sceneggiatura, si intendeva di regia, era stata aiuto regia di Fellini, aveva una fantasia pazzesca, conosceva gli attori, i ritmi, la musica. I film suoi mi hanno dato il successo. Poi – aggiunge – ho avuto anche altri maestri come al teatro Orazio Costa, ho lavorato con grandi registi da Coppola a Visconti a Monicelli, ho fatto un po’ di tutto e continuo a farlo”. Un mestiere che fa divertendosi, ma che sconsiglia ai giovani. “È un mestiere molto difficile, è cambiato molto negli anni. Al Centro Sperimentale, ai ragazzi e alle ragazze che venivano scelti, gli dicevo che bisogna avere grande amore per la fantasia”.