Crea mal di pancia e dolori addominali. Ma anche gonfiore, diarrea o stitichezza. Parliamo della sindrome dell’intestino irritabile (IBS, l’acronimo inglese), definizione più completa della precedente “sindrome del colon irritabile”. Siamo di fronte a un problema che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita e che colpisce circa il 10% della popolazione, soprattutto donne, prevalentemente nella fascia di età tra i 20 e i 50 anni. Sulle cause si sono formulate alcune ipotesi. Si va dalle alterazioni della motilità intestinale (passaggio del cibo nell’intestino troppo veloce o troppo lento), a una sensibilità eccessiva dei nervi presenti nell’intestino. Potrebbero influire anche lo stress e le alterazioni della flora batterica intestinale. Le uniche cure sono da ricercare in cambiamenti soprattutto nella dieta per aiutare a controllarne i sintomi. E proprio su questo versante, uno studio clinico pilota ha individuato in una dieta con alimenti a base di un nuovo grano di origine spagnola e coltivato in Puglia, il “Tritordeum”, uno strumento efficace nella cura dei sintomi della sindrome dell’intestino irritabile. Lo studio è stato svolto dall’Unità di ricerca sui disturbi funzionali gastrointestinali dell’Irccs S. De Bellis di Castellana Grotte (Bari), coordinata dal dottor Francesco Russo. Come sottolineato dall’Irccs, “Si ritiene essenziale una dieta povera di grano in quanto alcune componenti, come il glutine e i fruttani, sono responsabili della sintomatologia. Il Tritordeum, che non è un organismo geneticamente modificato, ha la caratteristica unica di avere una composizione proteica del glutine diversa da quella del grano, con meno fruttani e meno carboidrati e un più alto contenuto in proteine, fibre dietetiche e antiossidanti”.
I ricercatori hanno quindi selezionato con appositi questionari un gruppo di pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile e hanno indagato gli effetti di una dieta di 12 settimane con pane, pasta e prodotti da forno a base di Tritordeum in sostituzione di altri cereali sul profilo dei sintomi gastrointestinali. “I risultati di questa alimentazione, senza l’utilizzo di alcun farmaco o integratore”, spiega Russo, “sono stati una significativa riduzione della sintomatologia, un miglioramento complessivo della barriera gastrointestinale come dimostrato dalla diminuzione dell’infiammazione della mucosa intestinale e dalla correzione dello squilibrio della flora batterica in senso fermentativo”. È allora necessario arrivare a questo tipo di cerale, il Tritordeum, per affrontare la sindrome dell’intestino irritabile? “L’intestino è un organo unitario e sistemico”, ci risponde il professor Pier Luigi Rossi, medico specialista in Scienza dell’alimentazione e docente all’università degli Studi di Siena. “È come se fosse un antico hardware su cui si vuole inserire un moderno software, il cibo consumato oggi prevalentemente, che non rispetta il funzionamento di questo organo. Quindi, per affrontare la sindrome dell’intestino irritabile bisogna agire su tutta la dieta nel suo complesso, e non necessariamente ricorrere a uno specifico alimento o cereale”.
Professor Rossi, di cosa ha bisogno il nostro intestino?
“Di un’alimentazione vegetale, a base di cereali integrali, legumi, frutta e verdura, ma anche semi oleosi, o alghe per i vegan; chi non segue una dieta vegetariana, deve orientarsi verso le proteine magre, come pesce e carne bianca; mentre le proteine grasse che assimiliamo dalla carne rossa o latticini provenienti da allevamenti intensivi altera, per esempio, il rapporto degli acidi grassi. Ricordiamo che il cibo che noi mangiamo percorre tutto il tratto intestinale, lasciando tracce di sé.
Che cosa accade più precisamente?
Il monostrato epiteliale di cui è composto l’intestino cambia ogni 3-5 giorni, ciò significa che se mangiamo male danneggiamo i villi intestinali presenti nel tenue, presposti alla digestione e assorbimento. Il cibo che non viene assorbito prosegue nel suo cammino depositandosi nel colon dove si trova il microbiota, e da questo si producono varie patologie, come questa sindrome. Il microbiota è un organo che la natura ha dato alla persona per utilizzare la fibra, di cui si nutre e da cui ricava acidi grassi e amminoacidi, come succede con gli animali erbivori che producono carne e latte. Il loro microbiota mangia la fibra dell’erba così trasformata.
Quindi se noi ci alimentiamo in modo scorretto…
“I batteri che formano il microbiota mangiano ciò che mangiamo noi, e in quel caso lavorano contro di noi, producendo molecole aggressive. Per affrontare sindromi come quella dell’intestino irritabile occorre quindi modificare non un solo alimento, come evidenzia la ricerca, ma l’intera nostra dieta”.
In ogni caso, se dobbiamo considerare i cereali, quali sono un vero “toccasana”?
“La sperimentazione da cui siamo partiti, considera che dovremmo avere un’alimentazione più povera di grano, visto che alcune sue componenti – come il glutine e i fruttani – sono responsabili della sintomatologia. A questo punto, possiamo orientarci verso alcuni cerali senza glutine, come il grano saraceno, mais, riso integrale. E anziché mangiare solo la pasta, mangiamo una manciata di cereali in chicchi, piuttosto che le farine. Per esempio, se noi mettiamo in acqua semi di orzo (che comunque contiene glutine) questi germogliano, dimostrando che siamo di fronte a un alimento vivo, cosa che non succede con la farina che è un cibo ‘morto’. I cereali in chicchi sono molto più nutrienti della farina e contengono meno carboidrati, dandoci, a parità di porzioni, un maggior senso di sazietà. E se questi cereali li combiniamo con i legumi, assumiamo tutta la catena degli amminoacidi di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo però ricordare ancora alcune cose fondamentali sull’intestino emerse negli ultimi anni”.
Ce le indichi.
“L’intestino è un organo che non può essere trattato separatamente dallo stomaco o nei suoi specifici tratti – colon, tenue, ecc. – ma come un insieme. Nell’intestino vengono prodotti più di 40 ormoni e una decina di neurotrasmettitori. Esistono poi tutte le terminazioni nervose che partono dal nervo vago. L’intestino, rispetto al cervello, si trova in una reciprocità bi-direzionale, significa che non solo il cervello condiziona la pancia, ma anche il contrario. Pensi che circa il 90 per cento di serotonina è prodotta dal monostrato epiteliale. Questo vuol dire che un’errata alimentazione può farci sentire giù di corda e depressi. Ma preferisco sottolineare che da una dieta sana possiamo ricavare un senso di benessere e buonumore”.