A passo di marcia, che magari non sarà emozionante come quello degli sprinter ma è sempre stato il più congeniale per l’Italia, l’atletica azzurra è tornata anche nell’èlite mondiale, dopo quella olimpica. Il trionfo iridato di Massimo Stano nella 35 km ha chiuso nel migliore dei modi i Mondiali 2022 di atletica leggera a Eugene, anzi li ha anche trasformati. Il suo oro, sommato al bronzo di Elena Vallortigara nel salto in alto, rendono più che positiva un’edizione che rischiava di essere amara per l’atletica italiana. La conferma di cui tutto il movimento aveva bisogno.
È stato un Mondiale particolare, quello dell’Italia. Dopo la sbornia dorata di Tokyo 2021 c’era il pericolo di ritornare con i piedi per terra e nell’impatto schiantarsi di delusione. In parte, è anche successo. La grande attesa tradita da Marcell Jacobs, che ha disputato le batterie ritirandosi prima della semifinale, per non andare incontro a ricadute o forse semplicemente a una brutta figura praticamente certa date le condizioni, aveva già scatenato i primi malumori. Dopo il quarto posto di Gianmarco Tamberi nel salto in alto e il tonfo piuttosto clamoroso della 4×100 eravamo già pronti alla bocciatura. Erano loro i volti simbolo di quella straordinaria parentesi che è stata l’ultima Olimpiade. Per un motivo o per l’altro, non sono arrivati negli Stati Uniti nelle condizioni ideali e non sono riusciti a riconfermarsi. E al netto delle illazioni ingiustificate sull’eclissi post-olimpica di Jacobs, passare dai 5 ori di Tokyo alle zero medaglie di Eugene era un rischio che sembrava diventare sempre più concreto col passare delle gare, e avrebbe avuto un pesante contraccolpo.
Ecco perché l’oro conquistato da Massimo Stano, che già di per sé pesa tanto, ha un valore inestimabile. L’Italia è tornata sul gradino più alto del podio iridato a quasi due decenni di distanza dall’ultima volta (Giuseppe Gibilisco nel salto con l’asta nel 2003). Ha interrotto un digiuno lunghissimo che durava da 19 anni e 9 edizioni. Lo ha fatto con il meno mediatico e meno atteso degli eroi di Tokyo, che però a differenza degli altri si è presentato in forma all’appuntamento, con le gambe e soprattutto la testa leggeri. “Volevo dimostrare che a Tokyo non ho vinto per caso”, ha detto dopo il traguardo. Ci è riuscito. E anche se certamente non lo era, è sembrata una frecciata ad alcuni colleghi di nazionale più famosi. Ancora prima di lui, poi, a smuovere il medagliere ci aveva pensato il bronzo di Elena Vallortigara, che dopo essere esplosa nel 2018 è tornata a saltare oltre i 2 metri nel giorno più importante, dando un senso a una carriera che rischiava di rimanere un po’ incompiuta, e confermando il valore della scuola italiana in questa disciplina, dove gli azzurri sono sempre competitivi.
Inutile nascondersi: l’oro di Stano fa tutta la differenza del mondo. Senza la marcia, che ancora una volta si è confermata il porto più sicuro per la nostra atletica (non a caso in questa disciplina abbiamo conquistato il 50% di tutti gli ori iridati della storia, 6 su 12), oggi probabilmente si parlerebbe di bilancio fallimentare. Invece il suo trionfo ci regala la felicità che serve per apprezzare una spedizione comunque positiva, da parte di un movimento tendenzialmente in crescita. Al netto delle delusioni dei nomi più attesi, ci sono state diverse prestazioni incoraggianti, come gli ottimi quarti posti di Sara Fantini (martello) e Andrea Dallavalle (triplo), da sommare a dieci finali. L’11esima posizione nella classifica a squadre è il miglior risultato dal ’99.
E poi ci sono ovviamente le due medaglie, che in una stessa edizione mancavano dal 2013 e rappresentano un ottimo bottino per una nazione come l’Italia in un panorama globale e sfidante come quello dell’atletica leggera. Con la possibilità concreta di recuperare Jacobs e Tamberi (che magari non saranno più campioni olimpici, ma hanno tutto per competere ancora da alto livello), aspettando i giovani Furlani e Iapichino, le prospettive sono rosee. Le Olimpiadi di Tokyo 2021 vanno ricordate per sempre ma anche archiviate al più presto: sono un momento irripetibile per la storia del nostro sport e in quanto tale non possono costituire un termine di paragone attendibile. Ai Mondiali 2022 l’Italia doveva solo tornare alla normalità. Se è questa, ben venga.