Il costo del personale salirà e le normative ambientali sono e saranno più stringenti. L'aviazione civile è responsabile del 2,8% delle emissioni di Co2 a livello globale e l'Europa punta ad azzerarne l'impatto entro il 2050. L'industria aeronautica cerca risposte alle sollecitazioni del mercato
Il caos nel settore aereo a cui stiamo assistendo in queste settimane è dovuto, principalmente, al grave ritardo con cui compagnie e aeroporti stanno ricostituendo gli organici dopo averli , fortemente ridotti nelle fase più acute della pandemia nonostante i cospicui aiuti pubblici. Al di là dei motivi contingenti c’è però anche qualcosa di più: un ripensamento del modello industriale con la conclusione della stagione più aggressiva dei vettori low cost e dei biglietti venduti a pochi euro. Il costo del personale salirà e le normative ambientali sono e saranno più stringenti. L’aviazione civile è responsabile del 2,8% delle emissioni di Co2 a livello globale e l’Europa punta ad azzerarne l’impatto entro il 2050. Per farlo servono soldi, investimenti e innovazioni tecnologiche. Tra il 2010 e il 2019 l’efficienza degli aerei è migliorata in media dell’1,9% all’anno. Tuttavia nel decennio prevedente i progressi erano stati superiori, il 2,4% l’anno. Nel frattempo i voli sono aumentati, i passeggeri quasi raddoppiati rispetto al 2011, così le emissioni totali salite fino a superare il miliardo di tonnellate di Co2 nel 2019, ultimo anno prima del crollo dei viaggi dovuti alla pandemia.
Cosa ci annuncia il futuro dell’aviazione, vicino o lontano che sia? Voleremo su aerei simili a quelli attuali e semplicemente più efficienti oppure su velivoli completamente diversi? Giorgio Guglieri docente di ingegneria aerospaziale del politecnico di Torino ammette: “Al momento, una risposta esaustiva in termini di sostenibilità ancora non c’è” ma, sottolinea il docente, “l’industria si stia mostrando reattiva alle sollecitazioni e i passi avanti in termini di riduzione dei consumi sono stati significativi”. “Dobbiamo approcciare la questione identificando tre scadenze di breve, medio e lungo termine”, spiega a Ilfattoquotidiano.it il professor Giuseppe Sala che insegna ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano dove dirige anche il master in Fondamenti del trasporto aereo. “Nell’immediato le compagnie pensano alla ri motorizzazione delle flotte. Gli aerei hanno un ciclo vitale lungo e i motori spesso non sono quelli di ultima generazione con consumi ridotti”. Da subito c’è anche l’utilizzo del combustibile Saf (Sustainable aviation fuel), ottenuto da riciclo e con emissioni molto inferiori al carburante tradizionale. “Non è però un’opzione risolutiva, sottolinea Sala, perché il Saf costa molto e può essere aggiunto al normale kerosene solo fino ad una quota del 10%“.
Nel medio termine, che significa nei prossimi 3 – 5 anni, dovrebbero iniziare a diffondersi i velivoli elettrici. Non sostituiranno gli apparecchi a cui siamo abituati (al momento servirebbero batterie troppo pesanti). Ci saranno però piccoli aeromobili da 4-5 posti, ad ala rotante, pilotabili anche da remoto e che abbattono consumi e inquinamento acustico. Un’evoluzione con forti impatti anche sul trasporto merci, come sottolinea il professor Giorgio Guglieri: “Droni capaci di trasportare carichi da 3/400 kilogrammi inizieranno a fare concorrenza ai furgoni, con un impatto molto significativo in termini di emissioni di Co2″, spiega . L’elettrico troverà spazio per ora nei trasporti aerei di breve raggio, nella mobilità urbana, in quella che viene definita advanced air mobility.
Nel lungo periodo si ragiona sulla possibilità di utilizzare l’idrogeno al posto dei carburanti attualmente in uso. Il gruppo Airbus si è posto la scadenza del 2035 ma la sfida non è semplice. “L’idrogeno ha un potere calorifico 3 volte più basso del kerosene e dev’essere trasportato liquido a meno 200 gradi centigradi oppure a 700 bar di pressione”, spiega il professor Sala. “Inoltre, rimarca Guglieri, per ora l’idrogeno è prodotto soprattutto utilizzando idrocarburi come petrolio e gas, quindi non si fa altro che spostare il punto in cui le emissioni di gas serra si originano”. In generale si va verso aerei non troppo grandi, al massimo da 100, 200 passeggeri. Una tendenza che comporta anche un ripensamento delle infrastrutture aeroportuali. Allo studio, nota Guglieri, c’è anche la possibilità di utilizzare un solo pilota invece che i due attuali. Soluzione che garantirebbe risparmi di costi per le compagnie. Naturalmente, spiega il docente, per rendere percorribile questa opzione bisogna avere l’assoluta certezza che in caso di necessità l’aereo possa essere fatto atterrare anche senza qualcuno che lo governi. Tecnicamente non qualcosa di impossibile. Per guidare il settore nella transizione, l Unione europea ha adottato il programma Clean aviation (Aviazioni pulita), strutturato, appunto, su obiettivi di breve, medio e lungo termine. Il programma fa parte del più ampio piano di Bruxelles per raggiungere la neutralità climatica (differenza nulla tra emissioni prodotte e Co2 catturata) entro il 2050.