Cinque film italiani in Concorso, le serie di Lars Von Trier e Nicholas Winding Refn, la Marylin Monroe di Ana de Armas, il film scandalo con Harry Styles, il postumo Kim Ki-duk, il documentario che inneggia al nucleare di Oliver Stone, e l’ultimo clandestino Jafar Panahi. Di Venezia 79 si può dire tutto fuorché manchi di materiale cinematografico per tutti i palati. Festival ricco e ci ficchiamo partendo dai cinque italiani in Concorso che sono: Il signore delle formiche, il film di Gianni Amelio sul caso Braibanti con Luigi LoCascio ed Elio Germano; Bones and all, il nuovo titolo, pare molto cannibale, tutto girato nel midwest di Luca Guadagnino con la giovane Taylor Russell, Timothée Chalamet e Mark Rylance; il ritorno di Emanuele Crialese con L’immensità e una Penelope Cruz in bianco e nero in coppia scoppiata nella Roma anni 70; Chiara di Susanna Nicchiarelli sulla santa “offuscata” da San Francesco, qui interpretata dalla Lenù, Margherita Mazzucco; infine Monica di Andrea Pallaoro, altro film italiano girato negli Stati Uniti con protagonista una transessuale.
Paolo Virzì e il suo Siccità, già pronto da un po’, ha invece preferito stazionare con il suo cast all star (Pandolfi, Orlando, Mastandrea, Bellucci), Fuori Concorso. Difficile capire da questa distanza se è l’anno del Leone italiano. Diamo tempo al tempo (si parte il 31 agosto). Di concorrenti all’oro sulla carta ce ne sono parecchi. A partire da uno dei tanti titoli Netflix che stavolta apre Venezia, con White Noise di Noah Baumbach. Intanto il ritorno di Darren Aronofsky che con The Whale scongela un eremita obeso che risponde al nome di Brendan Fraser. Anche Blonde (altra produzione Netflix), diretto dal talentuoso Andrew Dominik, biopic su Marilyn Monroe rischia di diventare la stella papabile grazie anche ad una Ana de Armas vista in foto, bionda e occhieggiante dolore e bellezza. Hugh Jackman fa passerella al Lido interpretando The son di Florian Zeller (quello di The father e dell’Oscar ad Anthony Hopkins qui di nuovo in scena) assieme a Laura Dern e Vanessa Kirby. Ad arricchire la line-up del quel pop d’essai che fa tanto Venezia (e Oscar) torna il regista londinese Martin McDonagh (l’acclamato autore di Tre manifesti a Ebbing, Missouri) in una piece beckettiana ambientata in Irlanda intitolata The banshees of Inisherin; ma anche il regista premio Oscar Alejandro Gonzalez Iñarritu con una produzione e una storia messicana, Bardo, epica commedia nostalgica sulla crisi esistenziale di un giornalista.
Tanto il materiale proveniente dall’area anglosassone (ci torniamo tra poco con i Fuori Concorso), ma anche tanto cinema francese (cinque titoli come gli italiani) tra cui si segnala un furioso Athena, diretto dal figlio di Costa Gavras, Romain, su una banlieue di una grande città in fiamme e il dramma intimo Saint Omer di Alice Diop, sorta di sorpresa modello Leone d’oro 2021, La scelta di Anne. Ci sarà, sempre in Concorso, un’intrigante Cate Blanchett direttrice d’orchestra che intreccia relazioni sessuali con ogni sezione degli orchestrali in Tar di Todd Field (ve lo ricordate il pianista di Eyes Wide Shut?), e un film argentino, Argentina 1985, con la star Roberto Darin, storico pubblico ministero che inchiodò in tribunale la dittatura militare di Videla.
Dicevamo di Jafar Panahi, il regista iraniano ora in carcere, in attesa di processo, a Venezia in Concorso con No bears: uno dei 4 film girati clandestinamente da Panahi, formalmente ai domiciliari da anni ma a cui è stato permesso di muoversi con quella “tolleranza ipocrita che il regime iraniano consente” (Alberto Barbera dixit). Per chi non è sazio dei 21 titoli in Concorso ecco anche qualche Fuori Concorso da tenersi saldi ai braccioli. Iniziamo da Don’t worry Darling il film che promette scandalo di corpi e di sesso, sulla falsariga del Truman Show, diretto dall’attrice Olivia Wilde con protagonista nientemeno che il suo nuovo boyfriend, il giovane celeberrimo cantante Harry Styles.
Volete un western a Venezia? Ecco Dead for a dollar, classicissimo titolo di genere del redivivo Walter Hill che porta sul red carpet William Dafoe e Christoph Waltz. Poi ci sono anche The hanging sun, film di chiusura prodotto da Sky, con Alessandro Borghi e l’horror Pearl di Ti West prequel dell’horror vietatissimo in questi giorni nelle sale italiane, X: a sexy horror story. Per la categoria vecchi leoni non mancano Paul Schrader con Master Gardener (recitano due big come Joel Edgerton e Sigourney Weaver) e il documentario controverso Nuclear di Oliver Stone, dove uno dei più provocatori e spettacolari registi viventi ci spiega perché è più salutare tornare al nucleare (Barbera nel presentarlo sostiene che ci sono testi “difficilmente smentibii”).
Non manca comunque lo sguardo sull’Ucraina con The Kiev Trial di Sergei Loznitsa, seguito del precedente Babi Yar. Contesto dove veniva ricostruito il massacro degli ebrei ucraini da parte dei nazisti. È dalle parti del cult che infine Venezia 79 compie un carpiato memorabile. Intanto c’è Call of god, il film postumo di Kim Ki-duk, girato in Estonia, dove il regista misteriosamente morì di Covid, e assemblato al montaggio con le sue indicazioni già previste prima della morte. E ancora: Fuori Concorso ci sono due serie, ben cinque episodi l‘una: la prima è quella di Nicholas Winding Refn, Copenaghen Cowboy (sarà su Netflix); la seconda è, udite udite, The Kingdom – Exodus di Lars Von Trier. Inutile dire che si rimetterà in moto il camper, il contestato danese potrà giungere lentamente perfino sulla passerella del Lido. Tra gli ospiti attesi, peraltro, e chiudiamo, c’è nientemeno che Chris Rock, protagonista dell’Oscargate e vittima dello schiaffo di Will Smith, in tour in Europa proprio a inizio settembre, al Lido protagonista di un cortometraggio di Sally Potter, assieme a Javier Bardem (con cui forse non avrà scherzato), Look at me. Barbera dice: “Possibile che Chris possa passare”. Sarebbe un colpaccio ben oltre il grande schermo. Un altro a cui Venezia ci ha abituato negli ultimi anni.