La crisi di governo ha mostrato l’arroganza di Draghi e, nel contempo, la forza della sua proposta politica: i due schieramenti principali che si candidano alle elezioni, che litigheranno ogni giorno con toni apocalittici, sono infatti – al di là dei distinguo – totalmente interni al pensiero unico impersonato da Draghi.
Meloni e Letta sono completamente concordi sul coinvolgimento dell’Italia nella guerra in corso, sulla scelta di continuare a fornire armi e di far entrare l’Ucraina nella Nato, dimostrandosi così guerrafondai subalterni agli Usa.
Letta e Meloni sono completamente concordi sulle politiche liberiste di pareggio di bilancio – che hanno tutti e due voluto in Costituzione – e che dal prossimo anno porterà l’Italia a nuove manovre lacrime e sangue.
Meloni e Letta si sono opposti strenuamente al reddito di cittadinanza che è l’unica cosa buona fatta in questi anni sotto la spinta del Movimento 5 stelle.
Letta e Meloni sono completamente concordi nell’osteggiare ogni tassa sulle grandi ricchezze e più in generale ad attuare politiche di redistribuzione del reddito.
Potrei proseguire per lunghe pagine ma la premiata ditta Meloni e Letta, che si combatterà fino all’ultima goccia di sangue degli italiani per spartirsi il maggior numero possibile di seggi nel prossimo Parlamento, condivide sui nodi di fondo della collocazione geopolitica e delle politiche economiche lo stesso impianto Natoliberista.
Contro questo bipolarismo drammaticamente spostato a destra, in cui tutte le cose negative che si possono imputare a i due poli sono vere ma risulta difficile vederne di positive, occorre costruire uno spazio politico che permetta alla maggioranza degli italiani di scegliere quell’alternativa di cui c’è tanto bisogno.
E’ infatti evidente che il bipolarismo non contiene la possibilità dell’alternativa allo stato di cose presente ma solo un’alternanza, sempre più spostata a destra, tra i diversi clan che concorrono per la vittoria.
Costruire una alternativa significa quindi rompere questo bipolarismo Natoliberista in cui si può solo passare dalla padella alla brace.
Abbiamo nelle scorse settimane lanciato il progetto si Unione Popolare proprio per dar voce a questo bisogno politico. Nei prossimi giorni, nonostante il periodo certo non facile, saremo impegnati in un processo di assemblee territoriali per discutere del progetto, dei programmi, del coinvolgimento dei soggetti sociali interessati, dei possibili candidati, dell’organizzazione della raccolta delle firme necessarie – non poche – alla presentazione delle liste. Unione Popolare raccoglierà le firme e si presenterà alle elezioni.
A partire da questa scelta di chiara alternativa avanziamo a tutte le forze che non si riconoscono nel draghismo imperante la proposta di costruire insieme uno schieramento contro la guerra e contro le diseguaglianze. Lo avanziamo in primo luogo al Movimento 5 stelle che ha misurato fino in fondo in questi giorni la compatta durezza dei diktat draghiani. Il partito dei banchieri non è interessato ad un consenso critico o ad un dissenso collaborativo ma vuole l’obbedienza, vuole la tua anima: o di qua o di là.
Alla fine il Movimento 5 stelle è fuori dal campo di Draghi. Pur nelle mille contraddizioni in cui questo è avvenuto si tratta di un fatto politico positivo, che apre la strada ad una possibilità inedita: il rapporto tra la sinistra antiliberista e il M5s in una direzione in cui il populismo si intrecci con la sinistra e viceversa.
Il Movimento 5 stelle ha infatti dinnanzi a sé due possibilità. O rimane a metà del guado, antisistema a parole ma tutto proteso alla costruzione di una qualunque alleanza, fuori del centro sinistra più per il veto di Letta che non per autonoma decisione. Oppure prova a costruire una nuova strada che valorizzi il sogno di cambiamento che aveva sollevato alle sue origini, superando quegli errori ed ambiguità che lo hanno portato a frustrare molte delle speranze di cui era depositario. M5s è cioè nella condizione di scegliere se fare la forza di complemento interna ai giochi politici del palazzo, utile come carta di ricambio quando se ne presenti la necessità, oppure se partecipare alla costruzione di una coalizione che metta al centro il no alla guerra, la difesa degli interessi popolari, la lotta al cambio climatico.
Il paese ha bisogno di una alternativa e in questi anni questa non c’è stata: la costruzione di un terzo polo, compiutamente alternativo ai Natoliberisti è la vera posta in gioco delle prossime elezioni politiche. Occorre lavorarci per costruirlo il più ampio e unitario possibile, sul piano sociale, culturale e politico. I vertici dello stato hanno scelto i tempi delle elezioni in modo da ostacolare questa costruzione. Noi, in questo caldo agosto, reso ancora più afoso dal disastroso cambio climatico, lavoriamo per produrre quella convergenza che serve al cambiamento del paese. Perché di questo c’è bisogno, non dell’allargamento del teatrino della politica.